Nelle intercettazioni sul prete pedofilo spunta il nome di Delpini
da Il Giornale
15/12/2017
Nelle intercettazioni sul prete pedofilo
spunta il nome di Delpini
L’arcivescovo di Milano e quello di Brescia Tremolada avrebbero taciuto gli abusi
Luca Fazzo
È una brutta storia di abusi sessuali, una delle tante che purtroppo hanno per protagonista un prete: questa avviene a Rozzano, alle porte di Milano, nel 2011, e viene alla luce molto tempo dopo.
Ma nel processo in corso al sacerdote accusato di violenza sessuale, fa irruzione una novità che getta una luce ancora più pesante sull’intera vicenda. Nelle carte acquisite dal tribunale nel corso dell’ultima udienza compaiono i nomi di due uomini che siedono a livelli altissimi nella Chiesa: sono Mario Del Pini e Pierantonio Tremolada, arcivescovi di Milano e di Brescia. Entrambi sapevano, entrambi hanno taciuto, entrambi hanno permesso che il prete pedofilo restasse a contatto con i bambini: prima a Legnano, poi come cappellano di un ospedale milanese. Una violazione palese delle direttive emanate dal Vaticano per fronteggiare l’emergenza dei reati sessuali nelle parrocchie. Eppure proprio papa Bergoglio ha designato Del Pini alla nuova carica, pochi mesi fa.
La violenza avviene nella abitazione privata del giovane sacerdote, che chiede e ottiene alla famiglia di un ragazzino di ospitarlo al termine di una giornata di studio e di preghiera. E il prete se lo porta a letto. Lo tocca, lo abbraccia. L’indomani, a scuola, è cos’ scioccato che gli insegnanti chiamano la famiglia. I genitori raccolgono le sconvolgenti ammissioni del figlio: sono bravi cattolici, invece che dai carabinieri vanno dal parroco. E qui inizia il loro lungo scontro con il muro di gomma della Curia milanese.
Siamo a ridosso di Natale, l’episodio avviene il 22 dicembre. Due giorni dopo nella parrocchia di Rozzano si precipita Del Pini,allora arcivescovo vicario di Milano, il vice del cardinale Angelo Scola, inviato d’urgenza a gestire l’emergenza. E’ lui a raccogliere le prime ammissioni del prete, che conferma di avere invitato il ragazzino a dormire nel suo stesso letto, e di averlo abbracciato solo per evitare che cadesse. Il prete viene spostato d’urgenza, e alla famiglia viene garantito che verrà avviato un percorso di recupero e di cura, lontano dai contatti con altre potenziali vittime. Ma nei mesi successivi la famiglia scopre che il pedofilo è stato solo spostato in un’altra parrocchia, addirittura come responsabile della pastorale giovanile: A quel punto, indignati, si rivolgono direttamente al cardinale Scola. Il quale prima cerca di dare la colpa di tutto al suo predecessore, Dionigi Tettamanzi; poi manda a incontrare la famiglia i suoi collaboratori più fidati: prima Tremolada, poi Del Pini. La famiglia registra entrambi gli incontri. E sono queste registrazioni che finiscono agli atti del processo.
Emerge che Tremolada difende apertamente il prete, io on posso dire che don Mauro è un pedofilo lo dovremmo aiutare, sicuramente, ma da qui a dire che sicuramente così e che dobbiamo toglierlo da ogni contatto con le persone, ecco qui c’è quello spazio di valutazione di cui noi ci assumiamo la responsabilità. Il prelato, insomma, rivendica il buon diritto della Curia di lasciare il prete in condizioni di nuocere. La famiglia, ovviamente, è insoddisfatta, insiste. E tre mesi dopo, a settembre 2012, ottiene di incontrare anche Mario Del Pini. Anche questo incontro viene registrato. Si scopre che Del Pini rivendica a se stesso la decisione di mandare don Mauro nella parrocchia di Legnano. Davanti alle proteste dei familiari, dice di essere stato male informato. Ma anche dopo l’incontro non denuncia il pedofilo né alla Chiesa né alla magistratura italiana.
Nei giorni scorsi, la famiglia della vittima ha ritirato la costituzione di parte civile dietro il versamento di centomila euro. Non si sa chi li abbia versati.
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da Rete L’Abuso
MILANO – PROCESSO DON MAURO GALLI
Dicembre 14, 2017
Si è svolta ieri, 12 dicembre 2017, a Milano l’udienza del Processo penale che vede imputato don Mauro Galli, accusato di aver abusato di un ragazzino che, all’epoca dei fatti, aveva 15 anni e frequentava l’oratorio.
Sono stati sentiti in aula i familiari della presunta vittima che, su richiesta del Giudice Ambrogio Moccia, hanno dichiarato di aver rinunciato alla costituzione di parte civile nei confronti di don Mauro, della Diocesi di Milano e della Parrocchia di Rozzano, perché hanno accolto la proposta di accordo a loro presentata ancora prima dell’inizio del dibattimento.
Nonostante la Diocesi e la Parrocchia avessero dichiarato tramite una nota ufficiale anche da noi riportata in un precedente articolo, di non sentirsi responsabili in quanto sostenevano di aver agito con scrupolo e coscienza, di fatto apprendiamo nel processo che è stato proposto ed accettato un risarcimento.
Nel corso dell’udienza è stata valutata positivamente, dal Collegio Giudicante, l’ammissione di prove audio e trascrizioni delle stesse, presentate dal PM Lucia Minutella, relative ad incontri tra i familiari della presunta vittima e membri della Diocesi di Milano: Mons. Mario Delpini e Mons. Pierantonio Tremolada.
Tale documentazione proverebbe in modo inconfutabile che entrambi, già dal 2012, erano a conoscenza del presunto abuso.
All’epoca di tali incontri mons. Pierantonio Tremolada (recentemente promosso Vescovo di Brescia) era Collaboratore per la Formazione permanente del Clero e Responsabile dell’Istituto Sacerdotale Maria Immacolata (ISMI: si occupa dei presbiteri del primo quinquennio di ordinazione); mentre mons. Mario Delpini (recentemente promosso Arcivescovo di Milano) era vicario di zona della Parrocchia in cui si sarebbero svolti i fatti e successivamente promosso Vicario Generale della Diocesi di Milano.
Si apprende che entrambi i monsignori erano stati informati subito, nel dicembre 2011, dal Parroco Don Carlo Mantegazza e dal coadiutore Don Alberto Rivolta e, nonostante questa informazione, non solo non ha preso avvio nessuna indagine canonica, come invece sarebbe previsto dal documento specifico emanato dalla Cei, ma addirittura il sacerdote era stato prontamente spostato in un’altra Parrocchia a occuparsi ancora di pastorale giovanile: Legnano. Dalla documentazione acquisita si apprende che tale decisione era stata presa da Mons. Mario Delpini, come da lui stesso affermato.
Mons. Tremolada aveva più volte affermato che la scelta della destinazione di don Mauro Galli ancora con i minori era stata ben ponderata e oculata (scrupolosa e coscienziosa ndr), basata sul fatto che don Mauro era stato ascoltato direttamente da Mons. Delpini pochi giorni dopo l’accaduto e al quale don Mauro aveva per altro confessato di aver portato nel suo letto il minore, avevano pertanto predisposto un “accompagnamento” del sacerdote su più fronti: un colloquio settimanale con il padre spirituale, alcuni incontri con uno psicologo, un affidamento al Decano di Legnano al quale sarebbe stata spiegata la problematica del sacerdote.
Queste “garanzie” avrebbero dunque permesso all’attuale Arcivescovo di Milano Mario Delpini (allora vicario generale) di predisporre la nuova destinazione del sacerdote, dopo questo scrupoloso percorso di accompagnamento di ben 24 giorni dal presunto abuso, in meno di un mese ancora in una situazione di contatto con i minori, responsabile della pastorale giovanile però non più di due oratori ma di ben quattro oratori.
Analizzeremo bene tutta la copiosa documentazione prodotta dalla procura acquisendo l’intero fascicolo e continueremo a seguire con attenzione le successive udienze, dando già da ora appuntamento al prossimo 8 Marzo 2018 presso la quinta sezione penale del tribunale di Milano dove verranno ascoltati altri testimoni.
La redazione
Si scrive Chiesa e si legge Mafia? Mi sembra di capire che l’omertà sia una prerogativa dei vertici del clero cattolico, anche di fronte a comportamenti che dovrebbero essere comunque sanzionati perché scellerati e “sconvenienti” anche quando vengono messi in atto da laici o non credenti. Capisco che, data la delicatezza della materia, avvenimenti del genere abbiano bisogno di riscontri, indagini e approfondimenti e non si debbano assumere provvedimenti solo sulla base del sospetto, ma se non altro un minimo prudenza consiglierebbe un allontanamento, almeno temporaneo, da situazioni ed incarichi in cui gli abusi (o presunti tali) potrebbero essere reiterati, anche senza arrivare alla sospensione dal servizio. Evidentemente, però, l’apparato ecclesistico, tetragono e sordo, fa blocco di fronte al mondo e alle autorità civili, per difendere il “buon nome” della chiesa istituzione che non deve essere assolutamente infangato, senza rendersi conto che il muro di reticenza e di collusione omertosa è già crollato, perché gli eposodi di cronaca nera in cui è coinvolta la chiesa sono sempre più numerosi.