Omelie 2019 di don Giorgio: QUINTA DI AVVENTO

15 dicembre 2019: QUINTA DI AVVENTO
Mi 5,1; Ml 3,1-5a.6-7b; Gal 3,23-28; Gv 1,6-8.15-18
Una doverosa premessa
In genere i brani della Messa vengono riproposti dalla Liturgia perché i cristiani, che partecipano all’Eucaristia, siano illuminati interiormente da una Sorgente di Luce, e a loro volta, i cristiani riflettano, o, come suggerisce lo stesso verbo ri-flettere, rinviino i riflessi della Luce sul mondo o, più specificatamente, sul proprio ambiente di vita.
Queste parole possono sembrare tanto suggestive quanto generiche, pomposamente generiche, se non si ha l’audacia di prenderle sul serio.
Noi preti, purtroppo, abbiamo il brutto vizio di ripetere pappagallescamente frasi già dette e a effetto di pelle, senza che ci lasciamo prima confrontarci con loro. Dovrebbe succedere, come quando ammiriamo in un piccolo lago pulito i riflessi del sole, o lo specchiarsi di uno squarcio della Natura. La stessa coscienza si sente tirata in causa, perché avviene come un misterioso richiamo del Divino.
Confrontarci, dunque, significa metterci davanti allo specchio riflettente lo Spirito, e dare spazio al nostro spirito per dialogare con il Divino.
Inutile girarci attorno alle parole, tanto più (in peggio) se queste sono vuote, o sterili, che passano sopra la nostra testa.
C’era una volta, quando – senza fare nomi – andava di moda fare gruppo, essere gruppo, fare parte di un gruppo, e ci si annullava come singolo: essere figlio di un leaderismo carismatico impigriva fino a subire le influenze del gruppo o, meglio, l’autoritarismo del capo o dei capi. È successo, e succede tuttora coi Movimenti ecclesiali, il cui intento, tenuto subdolamente nascosto, era ed è mortificare la personalità o la libertà del singolo.
Credo che parlare di Dio come l’Assoluto o l’Uno eterno, in cui converge ogni realtà creata, non significhi parlare di un Dio che omologa ogni singolarità dell’essere umano.
C’è una grossa differenza tra l’individuo e il singolo, ma non tra il singolo e il Mistero dell’Uno divino.
L’individuo rimanda a qualcosa di a se stante, di chiuso, richiama l’egoismo, per cui l’individuo si blocca davanti al Mistero divino.  L’individuo è un piccolo mondo che non ha finestre o porte sull’Infinito, ma vive di se stesso, e muore di se stesso, in un contesto asfittico, senz’aria pura e fresca. Il singolo, invece, ecco la differenza, è se stesso, in quanto vive del proprio essere aperto al Divino.  In altre parole, l’individualità o, meglio, l’individualismo è una separazione dal mondo dello Spirito, mentre la singolarità è l’essere di ciascuno, che prende coscienza del proprio mondo interiore.
L’egoismo fa strage degli individui, chiusi in un io pauroso, che solitamente diventano massa. Dio invece rispetta la mia singolarità, che entra nel circolo misterioso del Divino.
La Legge e la Coscienza 
Questa lunga premessa è per dire che la Legge agisce sulla individualità, che è egoismo, agendo da pedagogo, come scrive San Paolo. Che cosa significa? Specifichiamo il termine “pedagogo”, che vuol dire “maestro”, “guida”. L’Apostolo dice che, prima di Cristo, a fare da maestro era la Legge (per gli ebrei la Torah), che pretendeva di educare un popolo alla fedeltà all’Alleanza.
La Legge, dunque, ovvero qualcosa di esteriore all’essere umano, faceva da maestro, ma in realtà qual è stato il suo compito, ovvero che cosa di buono ha prodotto sulla vera educazione del popolo eletto? In altre parole, per essere ancora più chiaro: la Legge (la Torah) è servita a educare un popolo a prendere coscienza del suo valore interiore di singolarità, e non come massa di individui?
Pensate alla concezione, che è rimasta purtroppo ancora oggi, e non solo presso il popolo d’Israele, dell’elezione ritenuta divina ad essere un popolo privilegiato, come il primo della classe. Il popolo come potere di dominio! Oggi si parla di sovranismo, inteso come una concezione nazionale per eccellere sopra gli altri popoli, chiudendosi entro i propri confini, odiando tutto ciò che sa di straniero.
Ho una mia netta e determinata convinzione: che le leggi di uno Stato nazionalista o sovranista siano in funzione di un potere di dominio, e che perciò servano perché i cittadini diventino individui di una massa, che si chiama popolo. Ovvero, il popolo perde man mano la sua coscienza di comunità di singoli, la cui importanza è fondamentale per una vera Democrazia. La Democrazia non è il potere dato ad un popolo massa di individui chiusi in se stessi.
Le leggi dello Stato tolgono ai singoli la loro coscienza, come realtà profonda che è la voce del Divino. E così queste norme statali riducono i cittadini a cose, a oggetti, a strumenti o ingranaggi di un sistema perverso.
Oggi il popolo, ad esempio quello italiano, ha tradito la singolarità dei suoi membri, ridotti a individui egoisti, stupidamente egoisti, irrazionalmente egoisti, barbaramente egoisti.
La Grazia
Per i cristiani tutto dovrebbe essere in teoria più semplice. Lo Stato non sa nemmeno che cos’è la coscienza, e tanto meno sa che cos’è la Grazia. E la Chiesa? Predica bene, ma razzola male. Certo, sofisticamente e diplomaticamente, per non dire ipocritamente ha sempre saputo distinguere le leggi dello Stato da valutare caso per caso, e le leggi della Chiesa, rese quasi dogmatiche, almeno dal punto di vista moralistico. Le leggi dello Stato riguardano la sua struttura di potere, così quelle della Chiesa. Che differenza c’è tra di loro?
Eppure il Vangelo parla di Grazia, che supera di gran lunga, infinitamente, la legge. La Grazia, come dice il nome, è qualcosa di gratuito che proviene dal Dio, che per definizione è la Gratuità.
Lo Stato non sa che cos’è la Grazia, e la Chiesa la ignora, o, per lo meno, ne parla, ma è come se non ne parlasse.
La Grazia proviene da Dio, e non dalla Chiesa istituzionale, che casomai fa da tramite, ma purtroppo si tratta di un tramite che blocca la Grazia divina.
La Grazia è dentro di noi, è il mondo dello Spirito e agisce anzitutto sulla nostra singolarità interiore, senza alcuna mediazione.
E invece la Chiesa fa da tramite e filtra la Grazia a modo suo, perché vuole imporre il suo potere sulla coscienza del singolo. Questo è il vero peccato della Chiesa istituzionale.

 

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