Omelie 2024 di don Giorgio: QUINTA DI AVVENTO

15 dicembre 2024: QUINTA DI AVVENTO
Is 30,18-26b; 2Cor 4,1-6; Gv 3,23-32a
Ci stiamo avvicinando a grandi passi al Santo Natale, o, meglio, per la maggior parte della gente anche credente ci si sta avvicinando all’Evento storico, che viene ricordato nella sua data fittizia, anche se fortemente simbolica, il 25 dicembre. Non sappiamo l’anno esatto, e abbiamo inventato data, giorno e mese, che i primi cristiani hanno preso da una festività pagana, in onore del Dio Sole.
E proprio nel giorno dedicato al sole, il primo della settimana secondo l’astrologia antica di origine babilonese, i cristiani ricordano la Risurrezione, così da iniziare la settimana proprio nella Luce che emana dal Cristo risorto. Purtroppo, cosa del tutto incomprensibile, ancora resiste la brutta convinzione che la settimana inizi con il lunedì. Tutto cambierebbe se almeno i cristiani prendessero veramente coscienza che ogni settimana prende luce da quell’alba del giorno di Pasqua, quando Cristo apparve alla Maddalena, sotto forme umane, ma già tutto splendente pronto per salire al Padre.
La Liturgia, scuola di vita, si preoccupa ogni giorno di offrirci pagine da meditare per preparare al meglio il nostro animo, sapendo quanto facciamo fatica a staccarci dalle numerose distrazioni, legate al nostro vivere quotidiano e soprattutto alle leggi predominanti di un consumismo che ad ogni istante inocula nella nostra mente un veleno che ci consuma nella nostra imbecillità.
Sono anche brani, quelli che ci offre la Liturgia, non facili da comprendere, soprattutto oggi: la massa dei cristiani ha perso ogni contatto con la Parola di Dio, ignorando perfino la voce più pura e squillante dei profeti.
Soffermiamoci sul primo brano, che fa parte del capitolo 30 del libro di Isaia.
Chiariamo il contesto. L’orizzonte, entro cui ci si muove, è il mondo assiro, violento di una violenza predatoria, che vuole combattere, vincere e saccheggiare i popoli dell’area mediterranea. Perciò tutti sono in subbuglio, poiché la guerra procura devastazione e morte. Lo vediamo anche oggi. Proprio per questo vorrei invitarvi a riflettere, confrontando quei tempi lontani con i tempi di oggi, sempre in riferimento al popolo ebraico, che gli antichi profeti definivano “di dura cervice”.
Cosa succede? In Gerusalemme i consiglieri e il re, responsabili dei rapporti con i popoli vicini, stanno progettando alleanze con l’Egitto. Il profeta come la pensa? Sembrerebbe naturale sostenere le scelte dei capi ebrei: stare dalla parte dei più forti. No, il profeta afferma con risolutezza che l’unico rimedio è il ritorno a Dio, senza confidare nelle alleanze politiche. Stare dalla parte dei più forti significherebbe dare meno credito al primato di Dio.
Almeno i cristiani lo capissero! La stessa gerarchia si barcamena tra belle parole e i fatti: a parole sta col primato di Dio, coi fatti teme di scontrarsi con i più forti. Vedi oggi il caso di Israele.
Tutta la prima parte del cap. 30 di Isaia è una durissima contestazione nei riguardi dei caporioni ebrei che mettono la loro fiducia nell’Egitto dei faraoni. Tra l’altro l’Egitto viene chiamato “Rahab l’oziosa” (30,7) e Rahab è il mostro marino femminile della mitologia corrente (a Babilonia è chiamato Tiamat) che Dio sconfigge nella creazione, quando controlla e mette i confini al mare.
Il messaggio del profeta è chiaro: come puoi, tu, popolo eletto, tradire l’Alleanza con l’Unico Dio per allearti con un nemico di Dio, che poi non risolverà i tuoi problemi?
Il primo brano inizia così: «Il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui».
Questo popolo deve mettere in conto che ci saranno sofferenze e ci saranno momenti tristi. Ma tutto questo non dimostrerà certamente che Dio abbia abbandonato il suo popolo. Anzi il Signore lo accompagnerà con dolcezza e lo correggerà finché ci saranno sbandamenti. Le deviazioni sono in riferimento a quelle accettate tentazioni di rivolgersi agli idoli. E il male che fa l’idolatria non è sempre compreso. Gli dèi, costruiti dagli uomini con legno e metallo, non hanno e non propongono un orientamento morale. Allora tutta la legge di Dio, che è stata data sul Sinai nel deserto per conservare la propria libertà, diventa insignificante, proprio perché ci si fida di idoli materiali, immagini di divinità inesistenti. Quando si dimentica la legge di Dio, quella iscritta nel cuore o nell’intimo di ogni essere umano, si diventa schiavi delle proprie passioni.
Ma se Israele si purificherà e si convertirà, allora ci saranno grandi doni per il lavoro che darà frutto. Si parla di agricoltura e di pastorizia che rappresentano i lavori comuni e raggiungeranno risultati floridi. Le immagini si accavallano per raccontare l’abbondanza, la bellezza e la bontà dei doni.
Riascoltiamo la seconda parte del brano di Isaia, quando il profeta, in nome di Dio, dice: «“Questa è la strada, percorretela”, caso mai andiate a destra o a sinistra. Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come un oggetto immondo. “Fuori!”, tu dirai loro. Allora egli concederà la pioggia per il seme che avrai seminato nel terreno, e anche il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato. I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno biada saporita, ventilata con la pala e con il vaglio. Su ogni monte e su ogni colle elevato scorreranno canali e torrenti d’acqua nel giorno della grande strage, quando cadranno le torri. La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni, quando il Signore curerà la piaga del suo popolo».
Il contrasto interessante tra le torri che cadono (le difese umane si sono sbriciolate) e i canali e torrenti sui monti dicono la difesa di Dio al popolo e l’abbondanza agricola di raccolti e di bestiame che si sviluppano perfino su terreni inadatti all’agricoltura.
Anche la luce della luna e del sole aumenteranno incredibilmente e Dio stesso si fa medico che guarisce “le piaghe del suo popolo”.
Credo che questo testo di Isaia possa aiutarci a vivere più intensamente, nella fede, il Mistero natalizio. Abbiamo bisogno di parole – che sono promesse – di speranza. Sì, tutto ciò che è frutto di un potere carnale crollerà, perché l’unica protezione sta nel Signore che è venuto, viene e verrà. Perché nulla cambia, anzi sembra che andiamo di male in peggio? Abbiamo seppellito Dio, e, come ha scritto l’ebrea Etty Hillesum, morta in un campo di concentramento nazista, spetta a ciascuno di noi disseppellirlo. Se alleno ognuno togliesse un sasso! “Duri di cuore o di cervice” lo siamo un po’ tutti, ebrei, cattolici, islamici, credenti e non credenti. Sto interiormente male al pensiero di una Chiesa istituzionale che, invece di disseppellire Dio, lo copre di nuove pietre. Assurdo, allucinante, imperdonabile!

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