La solitudine di Mattarella

da www.huffingtonpost.it
15 Maggio 2025

La solitudine di Mattarella

di Alberto Gentili
Il “nessun dorma” del presidente, le sue preoccupazioni sulla situazione internazionale, rischiano di cadere nel vuoto delle forze politiche. Da un lato Meloni che si mette ai margini del gruppo di testa dell’Unione europea, incalzata dal filorusso Salvini. Dall’altro Schlein che ha abdicato dal fare un’opposizione europeista per inseguire Conte sulla linea anti-bellicista
Sergio Mattarella è preoccupato. Teme, fortissimamente teme, che l’Italia per la prima volta dalla fondazione dell’Unione europea resti fuori dal gruppo di testa. Ad allarmare il capo dello Stato non è soltanto Giorgia Meloni, che frena, balbetta, si mette ai margini del nuovo processo di integrazione Ue. Ma anche, e soprattutto, Elly Schlein. “È davvero paradossale l’atteggiamento della leader dem”, dice chi ha parlato nelle ultime ore con Mattarella, “ha rilanciato gli Stati Uniti d’Europa, guida un partito convintamente europeista, dunque dovrebbe essere in prima fila nella lotta per la difesa comune europea. E invece…”.
Insomma, il “nessun dorma” intonato da Mattarella al vertice Cotec di ieri a Coimbra, non è dedicato solo a Meloni. Ma anche alla segretaria del Pd. “Stare fermi non è più un’opzione”, ha avvertito il Presidente dopo aver citato la Turandot, “la difesa comune serve subito e sono ingiustificate le ritrosie”, vista la minaccia rappresentata dalla Russia e dalla chiusura dell’ombrello americano promesso da Donald Trump. Ma la segretaria del Pd, che nell’aula della Camera è andata ieri allo scontro duro con la premier sulla sanità, preferisce non mettere in mora la capo del governo sulla difesa comune Ue. “E così facendo”, dice un esponente riformista Dem che chiede l’anonimato “per carità di patria”, “dà un grande aiuto a Meloni, le fa un favorone. Perché se c’è un fronte su cui la maggioranza di governo è letteralmente spappolata, in cui Salvini e l’antitesi di Tajani, è proprio quello europeo. Ma, si sa, Elly ha parecchi problemi con Conte…”.
L’allusione è al pacifismo “strumentale” del leader 5Stelle e al timore di Schlein di sostenere il piano di riarmo. Spendere soldi in armamenti è impopolare in Italia, lo dicono tutti i sondaggi. Gli stessi che spingono Matteo Salvini e Conte a fare i pacifisti, Meloni a tentennare, Schlein a non sparare ad alzo zero su un governo che rinnega la tradizione europeista, da Paese fondatore, dell’Italia. “E ci sarebbe anche da chiedersi che fine hanno fatto in questo frangente i vari Gentiloni, Guerini, Bonaccini….”, si interroga l’interlocutore di Mattarella, “ma si sa: parlare di armamenti non piace a nessuno. Tanto più che il piano di Ursula von der Leyen, Readiness 2030, non sta avendo un grande successo…”.
A frenare Schlein, racconta chi frequenta il Nazareno, è la componente di sinistra del partito. E, soprattutto, la competizione con Giuseppe Conte diventato di fatto l’alfiere del fronte pacifista dopo l’ultima manifestazione a Roma. Una morsa, un uno-due, che spingono Elly a non affondare i colpi contro Meloni. Il che, per una che punta a espugnare palazzo Chigi, è come fare harakiri: il dossier sulla difesa europea, in altri tempi, avrebbe mandato in crisi qualunque governo. A maggior ragione un esecutivo, come quello di centrodestra, completamente spappolato. Ma, appunto, Elly non ama affatto evocare il riarmo. E Giorgia ringrazia.
Il silenzio a sinistra, nonostante il pressing di Mattarella, sta aiutando Meloni a mantenere una strategia attendista ed euro-gelida. Affascinata da Trump, attenta a non urtarlo, la premier italiana si è tenuta ben distante dal piano dei “Volenterosi” promosso da Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz, Donald Tusk. E così facendo, sta spingendo l’Italia su una posizione ben distante da quella indicata da Mattarella: al momento Roma è isolata e irrilevante, molto lontana dal gruppo di testa dell’Unione.
L’assenza di Meloni al vertice di Kiev, l’aver “bucato” la video-call tra i quattro leader europei e il presidente americano avvenuta domenica nella capitale ucraina, ha fatto scandalo anche dentro Forza Italia. “È stato un importante danno d’immagine”, ha confidato ai suoi Antonio Tajani. Un’irritazione che il ministro degli Esteri ha manifestato pubblicamente: “Chiedete a Meloni, non a me, perché non è andata a Kiev”. Per poi aggiungere: “Non sto in un governo anti-europeo”. E infine frenare: “Tra noi c’è identità di vedute”.
Già, in assenza di vera opposizione, il centrodestra può permettersi di contraddirsi e di spappolarsi alla luce del sole. Tant’è, che Matteo Salvini lunedì se n’è andato in giro per Roma con Marine Le Pen e assieme hanno picconato l’Unione europea e gli alleati: “A Parigi, Bruxelles e Berlino c’è qualcuno che non sta lavorando per la pace, ma per la guerra”. E Meloni, pur se “molto irritata”, non ha potuto far altro che abbozzare.
Anche perché, in realtà, al premier non ha molto da offrire agli alleati europei. Senza soldi e senza voglia di “fare altro debito”, Meloni si limita a puntare al raggiungimento entro l’anno del 2% del Pil in spese militari. E lo farà senza chiedere, come hanno fatto i tedeschi e altri 15 Paesi europei, di sforare il Patto di stabilità. La salvezza della premier è il silenzio del Pd. Ma, ancor di più, le sarebbero d’aiuto gli euro-bond per la difesa. Di questi, del debito comunque come si fece ai tempi del Covid, Meloni parlerà domenica con Merz nel bilaterale organizzato a margine della prima messa di Leone XIV. Chissà se il nuovo Papa, dopo l’aiutone di Schlein, non faccia un altro miracolo.

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