L’EDITORIALE
di don Giorgio
Questi mediatici preti giovani
in balìa del nulla
Non posso non capirli, questi preti giovani che, esuberanti di doti d’avanguardia, si buttano letteralmente, magari con enfasi misticoide, nella mischia di un’avventura pastorale che offre a buon mercato ceste piene di pesci, simboli di esseri umani, facile preda di un’arte seduttrice.
Anche Gesù, essi dicono, è stato un seduttore, peccato però, aggiungo io, che man mano il tempo passava il suo linguaggio si faceva sempre più duro e il suo animo esigente, imponendo una radicale selezione tra i discepoli, che se ne andavano a brucare erba altrove.
Non sono affatto geloso, come qualche superiore mi ha giudicato, ma semplicemente realista, così da valutare quanto possa durare un fervore giovanile col passare del tempo, a meno che, con il trascorrere degli anni, non si faccia una cernita, come quel pescatore che, tirati i remi in barca, separa i pesci cattivi dai buoni, per mantenere integro il Bene Assoluto.
Tutto per dire che non sopporto l’attuale mania pastorale di alcuni giovani preti: per fortuna ancora pochi, ma non per questo insignificanti, visto che la gerarchia ecclesiastica, per una semplice ragione che dirò, li esalta lasciandoli sul palcoscenico, essendoci già per alcune dote più legate a una tecnologia sopravvalutata che a una nobile arte dello spirito.
Sì, la gerarchia li esalta perché in fondo, per una strana coincidenza di due fattori presi nella loro carnalità – la tecnica e il dogma osannato dalla tecnica – questi preti cosiddetti “fenomenali” (attenzione alla parola “fenomenale” che vuol dire “pura apparenza”) non escono dalla schiavitù di uno schema, che cambia l’odore dell’incenso, ma non la sostanza: certo, non è d’obbligo che la tecnica e il dogma copulino come due corpi di amanti che si attraggono per seduzione reciproca, ma è un comune dato di fatto che questi giovani preti usino tecniche mediatiche esaltandone l’efficacia per ottenere più audience, ma enfatizzando un contenuto privo di ogni originalità cristiana, intendendo per originalità la purezza del Cristianesimo.
Preti davanti alla telecamera o a un sofisticato mezzo comunicativo, che dicono e stradicono cose così ovvie e banali da screditare quella Fede che attinge necessariamente al proprio essere interiore, là dove lo Spirito è libertà, e non adeguamento a una dottrina ecclesiastica che vive solo di religione, ovvero di strutture religiose.
Sinceramente rimango allibito ascoltando video, i cui canti o le cui parole sembrano in profonda dissonanza con i gemiti interiori dello Spirito: sembrano gemiti di una gatta in calore.
Mi chiedo, ed è una serie di domande provocatorie, se questi giovani preti canterini o dicitori di un verbo senza spirito, quali frutti produrranno soprattutto tra i ragazzi, facilmente manovrabili: li esaltano per quanto può durare l’eccitazione di una sigaretta, per poi vederli finire in quel vuoto, da cui quei giovani preti pensavano di averli distolti.
Eppure credo anche io alla efficacia pastorale dei social (già la parola!), ma non basta una chitarra o una videocamera per scuotere il torpore dei giovani di oggi, già addormentati appena sono venuti a contatto con una società carnalmente seduttrice.
Occorre un Verbo che attinga all’Eternità di quello Spirito, che fa rivivere anche le ossa aride di un deserto.
Il Verbo, ovvero quel Logos che si rigenera, quotidianamente, ad ogni istante, nel “fondo dell’anima”, espressione tipicamente eckhartiana, o nel fondo del Pozzo divino, che richiama l’incontro di Gesù con la donna di Samaria.
Questi giovani preti “fenomenali” non conoscono la Mistica medievale: conoscono solo l’arte dell’inganno.
16 luglio 2022
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