Don Giorgio: pienone a Dolzago per la prima messa. “Quando tutto sembrava perduto, gli apostoli alimentavano la rivincita”

 da Merateonline

Mentre a Monte, quest'oggi, domenica 15 settembre, la maggior parte delle sedie sono rimaste vuote durante la messa mattutina celebrata da padre Giulio Binaghi, presentato nel pomeriggio di ieri da monsignor Maurizio Rolla quale "reggente" della parrocchia di Sant'Ambrogio in attesa della nomina del nuovo responsabile, la chiesa di Dolzago, già prima delle 18.00 del pomeriggio, pullulava di fedeli. In questa terza domenica di settembre era previsto infatti l'arrivo di don Giorgio De Capitani, ivi trasferito proprio dalla piccola frazione collinare di Rovagnate, della quale è stato guida per diciassette anni. Numerosi sono stati i suoi ex parrocchiani che hanno scelto di "accompagnarlo" in questo sicuramente sofferto "trasloco" calato dall'alto, scegliendo di presenziare alla sua prima funzione nella nuova parrocchia, realtà dove è stato "introdotto" dal parroco Don Giorgio Salati che, poco prima dell'inizio della messa, ha annunciato che don Giorgio De Capitani si occuperà di officiare la celebrazione eucaristica vespertina delle 18 di ogni domenica, a partire appunto da quella odierna. Don Salati ha così lasciato la "scena" per dare spazio al nuovo arrivato, per poi ricomparire sull'altare solo poco prima della benedizione, per annunciare gli avvisi settimanali.

Don Giorgio De Capitani non ha perso tempo e, nel corso dell'omelia, ha aggiunto qualche pensiero personale. Fedeli silenziosi ascoltavano le prime parole di questo sacerdote che farà certamente ancora parlare di sé.
"Capisco chi si è trovato un lavoro, e se lo tiene, capisco anche chi ha una casa, e se la tiene stretta. capisco anche chi si è costruito una certa carriera e non vuole tornare indietro, capisco chi ha una bella famiglia e se la tiene stretta. E mentre tutto quanto è solo una parte di discussione per una causa ancora più nobile, penso che in concreto sia difficile da accettare. Che cos'è l'ambizione? Che cos'è il bene comune? Che cos'è la democrazia? Che cos'è la giustizia? Sono solo parole. Quando siamo spogliati proprio di tutto quello che abbiamo ottenuto con tanto sacrificio e altrettanta caparbietà, c'è qualcosa che non funziona, seppur legittimi. L'individualismo, che poi in realtà di questo si tratta, alla fine non paga. Tutti ci rimettiamo quando ci vengono a mancare i valori, diciamo universali, quali la giustizia, il bene comune, quel senso di appartenenza o di identità. Allora mi chiedo sempre: pur vivendo nella stessa patria, apparteniamo allo stesso padre. Allora, quanti, per diverse ragioni, sono espatriati e si sentono legati alla propria comunità più di quanto non siano i residenti, che hanno casa e famiglia nel proprio paese. In realtà essi vivono senza minimamente preoccuparsi del contesto sociopolitico in cui vivono. È vero che siamo ormai cittadini del mondo, ma è anche vero che non siamo attaccati al proprio paese. Ed è qui, nel proprio paese che possiamo ricostruire il mondo. Anche Cristo, incarnandosi, ha scelto la patria. Si è sempre sentito un ebreo" ha affermato nel suo discorso, facendo probabilmente un implicito riferimento alla vicenda che lo ha coinvolto personalmente. Ricordiamo infatti che il sacerdote è stato trasferito dal paese nel quale prestava servizio in seguito ad una decisione dell'arcivescovo di Milano Angelo Scola.

"Anche il termine apocalisse è stato interpretato male. Visto nel suo aspetto negativo, apocalisse è sinonimo di disastro, evoca qualcosa di catastrofico, la fine del mondo. Invece, il significato etimologico indica rivelazione o manifestazione" ha spiegato don Giorgio e ha proseguito "non si dimentichi che la letteratura apocalittica ha avuto grande sviluppo in periodi di crisi religiosa e politica. Quando tutto sembrava perduto, gli apostoli incitavano il popolo e alimentavano la speranza di una futura rivincita". L'omelia è proseguita con una critica al sistema nel quale viviamo e al mondo occidentale in generale.
Il sacerdote, forse per risvegliare gli animi degli astanti, ha concluso con queste profonde parole: "Ci stiamo spegnendo immersi in un mare di superfluo. L'attuale crisi economica ci sta deviando anche nel mondo superfluo. E' diventato una necessità di vita. In questo senso può essere provvidenziale. Cessata la crisi, torneremo col tempo a comprare il superfluo. Se capissimo invece le lezioni, se sentissimo la sete dell'infinito, se tornassimo al nudo essere, forse risolveremmo anche i problemi della vita".

 

E' dunque iniziata così la "nuova avventura" di don Giorgio in quel di Dolzago. I fedeli di Monte, che non vogliono arrendersi a quella che considerano una "cacciata" ingiustificata, nelle giornate di ieri e oggi hanno distribuito dinnanzi alle altre chiese della Valletta un volantino di "protesta", invitando anche i parrocchiani a disertare le prime funzioni celebrate presso la parrocchia di Sant'Ambrogio.

 

Se dunque sabato, padre Giulio, il "sostituto del sostituto" è stato accolto da un centinaio di fedeli, tra i quali anche molti "curiosi", quest'oggi il numero dei presenti alle due messe domenicali sembrerebbe essere crollato verticalmente. Ora, la comunità, dovrà cercare di trovare un suo nuovo equilibrio, baricentrico su Monte o magari tendente verso la non lontana Dolzago.

3 Commenti

  1. paolo ha detto:

    interessante confronto

  2. Paolo ha detto:

    In questa triste vicenda c’è un aspetto ancora più triste, che però sconfina nel ridicolo. Si tratta della bugia contenuta nella lettera di licenziamento inviata dal cardinale Scola a don Giorgio. Scola mentiva sapendo di mentire e forse… si dovrebbe confessare. A don giorgio intimava in fatti di lasciare l’alloggio di Monte per liberarlo per il nuovo presbitero e invece… sabato scorso si presenta il prete di Imbersago “sostituto del sostituto” a tempo indeterminato. Quindi Scola parlava di un fantasma più che di un prete in arrivo. Perché allora costringere don Giorgio, che non è più un ragazzino, a traslocare così in fretta?
    Patetica poi la “messa in scena” di sabato scorso: 100 fedeli in chiesa – secondo Merate On Line – per accogliere il “novello levita”, il sostituto del sostituto accompagnato dal vicario del vendicatore Scola. Viene quasi il sospetto che i fedeli fossero cammellati per fare numero, invitando poi la stampa per mostrare al mondo il successo della bonifica voluta da Scola, il quale, da buon ex ciellino, sa che cosa significa cammellare. Sono fatti che si commentano da soli e che indicano la pochezza e la piccolezza di quello che dovrebbe essere il pastore della diocesi di Milano. Poveri noi, che cosa abbiamo fatto di male!

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