Un documento inutile, ipocrita e contraddittorio, da cestinare
di don Giorgio De Capitani
Un documento, senza né testa né coda. Semplicemente inutile, ipocrita e contraddittorio, scritto e sottoscritto dal solito ponzio pilato (nel nostro caso: il Consiglio Episcopale Milanese) che, ancora una volta, vuole prendere il posto di chi se ne lava le mani.
Per fortuna, ultimamente, a Milano c’è stato un radicale cambiamento nel campo socio-politico, inversamente proporzionale a quanto è avvenuto in Diocesi, dove invece abbiamo assistito impotenti ad una involuzione paurosa.
I preti di Milano dovrebbero sentirsi offesi, e riprendersi in mano la situazione politica della città, sostenendo i candidati “migliori”, senza dividerli in cattolici e non cattolici. Ogni etichetta “cristiana” suona un’offesa al Bene comune, che è Bene indipendentemente da ogni credenza religiosa.
Visto ciò che è successo nel passato e ciò che succede tuttora in Regione Lombardia, dove “bastardi” cattolici leghisti e corrotti ciellini ne hanno combinate di tutti i colori alla faccia della Dottrina sociale della Chiesa e, ancor prima, del Vangelo radicale di Cristo, come si possono sopportare indicazioni curiali che, puntualmente, ad ogni consultazione elettorale, emanano il solito ritornello di chi pretende di predicare bene, per poi razzolare male?
Che la curia milanese razzoli male è sotto gli occhi di tutti, come è altrettanto evidente che i “buoni” consigli, con in aggiunta precisi divieti, sappiano di ipocrisia e di limitatezze mentali.
Pur non essendo prete “milanese” in senso stretto (non risiedo nella città di Milano), nei prossimi giorni fino alle elezioni dirò la mia, tanto più che tutti dovrebbero sapere che l’elezione di Pisapia a sindaco di Milano ha condizionato la scelta da parte di Benedetto XVI di Angelo Scola come successore di Dionigi Tettamanzi. A un sindaco di sinistra, occorreva un vescovo di destra. E così è stato!
La curia milanese deve sapere che oramai conta meno di un grembo sterile, biblicamente parlando, e che ogni sua indicazione nel campo socio-politico è come un boomerang, destinato a colpire una struttura priva di ogni autorevolezza.
E allora, c’è un solo nome da sostenere nella prossima campagna elettorale per la città di Milano: Giuseppe Sala, il quale dovrà scegliere la sua squadra senza doversi attenere alle indicazioni di una Diocesi che non si è mai, in questi ultimi tempi, pronunciata con determinazione sul Bene comune, preoccupata invece di auto-celebrarsi con manifestazioni più profane che sacre.
E, visto ciò che è successo in occasione delle elezioni per la nomina del Presidente della Regione Lombardia, quando il miglior candidato, Umberto Ambrosoli, aveva dovuto cedere all’incapace inutile leghista Roberto Maroni, sostenuto dai “bastardi” cattolici leghisti e dai corrotti ciellini, con il silenzio diplomatico della curia milanese, non vorrei che succedesse la stessa cosa per l’elezione del nuovo sindaco di Milano. I preti milanesi dovrebbero convincere i loro parrocchiani a votare il “migliore”, ovvero Giuseppe Sala. Ma prevedo che non lo faranno.
La curia di Milano taccia, e appoggi. Finga di essere super partes, e benedica il “migliore” in lista. Ma non lo farà. Se ne starà zitta, lavandosene le mani o, magari, benedicendo i cattolici bigotti, pronti a far tornare Milano nel medioevo peggiore.
Infine, invidio la politica milanese che può sperare in un futuro sindaco all’altezza della situazione, ma per la chiesa milanese vedo solo buio, anche perché è nelle mani del monarca supremo. Non pretendo che il nuovo vescovo sia nominato democraticamente dal popolo, ma che il popolo migliore possa essere consultato, questo sì.
E mi auguro che il prossimo pastore, per prima cosa, se vorrà partire col piede giusto, raccolga le voci più dissidenti presenti in Diocesi (in realtà non sono molte), a iniziare da quei pochissimi preti rimasti (non superano le dita di una mano), di cui il 90% oramai sono diventati miscredenti.
NOTABENE N. 1
Chiarisco che, quando parlo di curia, non intendo i suoi uffici e i suoi impiegati, ma gli organismi direttivi che comprendono la lunga manus del vescovo.
NOTABENE N. 2
Dall’intervista rilasciata in proposito da monsignor Mario Delpini, Vicario generale della Diocesi milanese (che potete ascoltare sotto), a parte la confusione di fondo, o meglio la chiusura tipicamente ecclesiastica del tipo: devi votare, vota da cristiano, scegli un sindaco che faccia l’amministratore ma che non invada il campo dei cosiddetti valori cattolici (famiglia, unioni civili, ecc.), c’è un dato positivo che vorrei evidenziare, ed è quando Delpini dice che, quando ci sono consultazioni elettorali (non solo naturalmente quelle milanesi), bisognerebbe che all’interno della comunità cristiana, perciò anche dei Consigli pastorali locali, ci sia un confronto, per lo meno una discussione, facendo capire inoltre che la questione politica non va esclusa dall’ordine del giorno dei nostri consigli pastorali, ridotti talora a discutere di orari delle messe o di processioni o di come organizzare l’avvento e la quaresima o le varie feste con pranzi ecc.
dal Sito della DiocesidiMilano
Documento
La Chiesa ambrosiana “Per la Città”
Verso le elezioni amministrative indicazioni dal Consiglio episcopale milanese per i fedeli della Diocesi e per tutti coloro che apprezzano il confronto
del CONSIGLIO EPISCOPALE MILANESE
14.01.2016
Il Consiglio Episcopale Milanese offre ai fedeli della Diocesi ambrosiana e a tutti coloro che sono disponibili e interessati al confronto alcune indicazioni in vista delle prossime scadenze elettorali.
1. Uno stile cristiano per un confronto costruttivo
Il tema della politica e della amministrazione pubblica è stato troppo a lungo censurato nei confronti interni alla comunità cristiana forse per il rischio di causare divisioni e contrapposizioni.
Il Consiglio Episcopale Milanese incoraggia ora i laici a confrontarsi sulla situazione, a interpretare le problematiche di questo momento: condivide infatti la persuasione che sia possibile praticare uno stile cristiano tra coloro che hanno a cuore la vita buona in città.
“Educarsi al pensiero di Cristo” comporta maturare una mentalità che sappia vedere tutto nella luce del Signore e insieme trarre dalla fede e dagli insegnamenti della Chiesa motivazioni e criteri anche per la politica e la pubblica amministrazione. «Ci interessa conoscere e testimoniare la sapienza nuova che viene da Cristo e offrire all’uomo contemporaneo il nostro contributo per edificare la vita buona di tutti, consapevoli del bene che è l’essere insieme in una società in cui convivono persone portatrici di cosmovisioni diverse» (Card. A. Scola, Educarsi al pensiero di Cristo, 85)
Tutti, in questo campo, dobbiamo ritrovare entusiasmo e coraggio.
2. La responsabilità di proposte
Non avrà nessuna utilità la riproposizione di principi astratti e di ideologie. È doveroso per i cattolici e utile per tutti fare riferimento con competenza aggiornata e con capacità argomentativa agli insegnamenti ecclesiali, raccolti nella Dottrina Sociale della Chiesa (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, 2004) e ribaditi con alcune particolari insistenze da Papa Francesco (Evangelii gaudium, 2013 e Laudato si’, 2015). Alcuni temi assumono nei nostri giorni un rilievo particolare: la famiglia e le problematiche antropologiche e demografiche, la povertà e le forme della solidarietà, il lavoro e le prospettive per i giovani, la libertà di educare, l’attenzione alle periferie geografiche ed esistenziali.
Nell’amministrazione locale i grandi temi e le esigenze spicciole della vita quotidiana richiedono concretezza e realismo e insieme l’orizzonte ampio di una idea di città e una visione complessiva della convivenza civile, in città, in Italia, in Europa.
Quello che è certo è che, come si è constatato anche nel recente Convegno Ecclesiale di Firenze, tra i cattolici italiani ci sono persone competenti, illuminate, capaci di unire letture sintetiche e complessive con proposte concrete e locali. E dunque si facciano avanti anche a Milano e nelle terre ambrosiane! Prendano la parola, guadagnino ascolto, siano presenze stimolanti e costruttive per tutta la comunità cristiana, non solo in confronti “privati” o in contesto accademico.
3. Il dovere della partecipazione
In questo momento caratterizzato da scetticismo, scoraggiamento, paura, astensionismo, individualismo, anche i cristiani sembrano spesso sopraffatti da un senso di impotenza che li orienta a preferire gesti spiccioli di generosità agli impegni politici e amministrativi. Si lascia ai Vescovi di formulare valutazioni, mentre i laici cristiani sono spesso senza voce di fronte alle questioni emergenti del nostro tempo, zittiti dai media, ma anche timidi nell’esporsi con proposte in cui si mettano in gioco di persona. Il “buon esempio” stenta a diventare testimonianza.
Come obbediscono i discepoli a Gesù che li vuole luce del mondo e sale della terra?
Per chi ne ha capacità, preparazione e possibilità è doveroso anche presentarsi come candidati con la gratuità di chi si offre per un servizio e ci rimette del suo. Ci si aspetta da tutti la fierezza, l’intraprendenza, una specie di giovane ardore sia per chi si candida e formula programmi coerenti, sia per chi vota nel valutare i programmi, nell’esprimere con il voto le proprie scelte: tutti insieme impegnati per non permettere che la città muoia di tristezza, banalità, rassegnazione.
4. Legalità e resistenza alla corruzione
L’esercizio del potere comporta sempre la tentazione dell’abuso, della corruzione, del favoritismo personale.
L’esercizio del potere espone sempre all’invidia, alla contrapposizione polemica e pregiudiziale, al sospetto sistematico e la complessità delle normative può rendere particolarmente arduo il comportamento ineccepibile.
I cristiani e tutti coloro che assumono responsabilità amministrative e politiche devono vivere un rigoroso senso di onestà, avere massima cura della legalità, e resistere in ogni modo alla tentazione della corruzione: per servire, non per essere serviti, per servire, non per servirsi. La gente merita rispetto e la gestione della cosa pubblica, del denaro pubblico, del potere, deve esprimere questo rispetto per ciò che è comune. Solo così è possibile esigere il rispetto della legge da parte dei cittadini, tutti esposti alle medesime tentazioni.
5. La Chiesa non si schiera, i cristiani laici sì, con rispetto e coraggio
I cattolici che si fanno carico di quella forma di carità che è l’impegno politico e amministrativo si assumono responsabilità come singoli e come associati: non devono pretendere di essere espressione diretta della Chiesa. Insieme però devono avvertire che ogni opera che giovi al bene comune, ogni contributo di proposta e di testimonianza che sia a favore dell’uomo trova nella Chiesa approvazione e incoraggiamento.
– Per evitare strumentalizzazioni il Consiglio Episcopale ricorda a tutti le disposizioni diocesane più volte ribadite in base alle quali le parrocchie, le scuole cattoliche e di ispirazione cristiana, le associazioni e i movimenti ecclesiali, non devono mettere sedi e strutture a disposizione delle iniziative di singoli partiti o formazioni politiche. Anche i consacrati e i ministri ordinati devono attenersi a tali indicazioni. Si vigili per evitare che le attività pastorali vengano strumentalizzate a fini elettorali: durante questo periodo, è prudente non programmare iniziative che coinvolgano persone candidate o già impegnate a livello politico.
– Sulla base di quanto stabilito nelle indicazioni diocesane, gli appartenenti a organismi ecclesiali, a maggior ragione se occupano cariche di rilievo, qualora intendano mettersi a disposizione del bene comune candidandosi alle elezioni, sono da considerarsi sospesi dai predetti organismi e lasceranno il proprio incarico in caso di elezione avvenuta. Ogni persona che riveste e mantiene compiti o ruoli di responsabilità nelle istituzioni e negli organismi ecclesiali è invitata ad astenersi rigorosamente da ogni coinvolgimento elettorale con qualsiasi schieramento politico.
– In particolare, sulla base dei criteri stabiliti nella normativa canonica e offerti nei ripetuti interventi dell’Episcopato italiano, ai presbiteri è richiesta l’astensione da qualsiasi forma di propaganda elettorale e di attività nei partiti e movimenti politici. Analoghi criteri prudenziali sono offerti all’attenta valutazione di diaconi e consacrati.
6. In conclusione, una domanda
Che cosa ti impedisce o ti trattiene dall’offrire il tuo contributo, con il pensiero, la parola, la riflessione documentata e condivisa, con il tempo, il voto, la candidatura a una responsabilità amministrativa, per edificare una città sempre migliore?
non ho mai votato in base alle indicazioni ho sempre sbagliato da solo
Viene riproposta dal consiglio pastorale la classica dicotomia tra istituzione curiale e cattolici laici.
La prima, a partire dai membri del consiglio stesso, dice il consiglio pastorale, dovrebbero astenersi da qualsiasi coinvolgimento politico.
I secondi no, ed anzi, dovrebbero impegnarsi anche politicamente.
Di diverso avviso, se non interpreto male, la posizione di Delpini.
In effetti, non si capisce una cosa: se il cosiddetto laico catolico deve impegnarsi, secondo valori cristiani, non è forse opportuno che se ne discetti anche in certi ambiti?
Posso capire che i sacerdoti, in quanto tali, non possano avere coinvolgimenti diretti in politica, a fronte anche dei divieto codicistico, ma parlare non è vietato.
Del resto, non mi è mai capitato di conoscere sacerdoti che, sia pure in privato, non parlassero di politica…quindi, se si affronta un tema anche pubblicamente, per me significa solo evitare quell’ipocrisia, per cui in privato si parla una cosa, e poi non lo si fa pubblicamente…..
Ricordo le campagne elettorali del decennio successivo alla fine della seconda guerra mondiale (sono del 47), in cui era forte il timore che il “Fronte Popolare” composto da comunisti e socialisti, essendo potenzialmente in grado di vincere le elezioni, riuscisse a portare il paese sotto l’influenza sovietica, allontanandoci dal mondo occidentale. Fu per questo motivo che sorsero presso le parrocchie i “Comitati Civici” una specie di agenzie di consulenza elettorale atte a guidare gli italiani, del tutto digiuni di democrazia, nelle operazioni di voto. In realtà veri e propri uffici di propaganda della Democrazia Cristiana per indirizzare il voto dei cattolici secondo le direttive della santa sede. Se la cosa allora, dati i tempi, poteva anche essere comprensibile (ma non giustificabile), oggi più che mai dopo le vicissitudini di questi decenni tormentati, mi sembra del tutto fuori luogo. Una cosa è avere un’opinione e affermarla con convinzione, altra è cercare di trasmetterla al proprio uditorio in maniera subdola, cercando di insinuarla nelle menti e nelle anime dei propri fedeli, per condizionarne le scelte. Se siamo realmente dotati di libero arbitrio, non dovremmo aver bisogno che papi, cardinali o chi per loro ci suggeriscano come votare. L’essenza della chiesa cattolica è la buona novella di Gesù Cristo quindi, nonostante le seduzioni del mondo e del potere, non è e non potrà mai essere un partito politico.
…ho avuto anch’io un’esperienza analoga e condivido totalmente la tua opinione!