Ignazio Marino, Regione Lombardia, Vaticano, Angelo Scola e… la vendetta di Dio

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Ignazio Marino, Regione Lombardia, Vaticano,

Angelo Scola e… la vendetta di Dio

Nessuno riuscirà a convincermi che Ignazio Marino abbia fatto qualcosa di losco. Che sia stato un grande ingenuo e che, proprio per la sua ingenuità, non avrebbe dovuto neppure presentarsi come candidato sindaco, sono d’accordo.
Si sa, quando uno è troppo onesto e manca di esperienza nel campo politico, finisce per cozzare contro i criminali del Bene comune: criminali, ovvero coloro a cui interessa solo sfruttare ogni occasione – l’onestà unitamente all’ingenuità è una ghiotta occasione – per far fuori chi tentasse di pulire ciò che è marcio.
Tutti sanno, anche i bambini, che Marino ha preso in eredità una situazione disastrosa, e che neppure le numerose schiere degli angeli avrebbero potuto risolverla in pochi anni.
E poi, non basta la volontà di un puro idealista. Il male è così potente che non si ferma davanti a nulla, e gli basta poco per prevalere: seminare qualche menzogna.
È vero che anche le menzogne hanno le gambe corte, ma è anche vero che i dubbi rimangono, e i dubbi, in questi casi, sono il peggior deterioramento della Democrazia.
Marino non voleva andarsene, anche per non darla vinta alle menzogne, anche se, in cuore suo, avrà pensato: “Ora l’incubo è finito! Non ce la facevo più!”.
Tuttavia Marino ha fatto un grosso “sbaglio”, diciamo uno “sgarbo” nei riguardi della Chiesa gerarchica: trascrivere nei registri di stato civile i matrimoni gay celebrati all’estero. Ultimamente, poi, aveva dedicato una piazza a Martin Lutero. Ciò, e altro, aveva creato un solco sempre più profondo tra Marino e il Vaticano: lo stesso papa Francesco era caduto nel tranello.
La caduta di Marino ha fatto esultare di gioia cardinali e vescovi: “Roma finalmente libera dal marciume! Roma come un insieme di ruderi! Ora va ricostruita! Roma va restituita al cattolicesimo!”.
Ma… era soprattutto necessario liquidare Marino, prima dell’inizio del Giubileo. Le strade di Roma erano oramai sporche di troppa laicità. Come avrebbero potuto i devoti pellegrini percorrerle, in vista del pentimento e delle indulgenze?
La capitale doveva essere purificata: anche con la forza, usando ancora i metodi medioevali della gogna! E la Chiesa, in questo, è ancora maestra insuperabile!
Ma ecco che, quasi contemporaneamente, pochi giorni dopo la caduta di Marino, succede nella Regione Lombardia un altro fattaccio: i giudici mettono subito in galera il Vicepresidente Mario Mantovani, e mettono nella lista degli indagati altri, tra cui l’assessore al bilancio, il leghista Massimo Garavaglia.
Che dire? Nulla! Lasciamo fare alla magistratura il suo mestiere, e poi si vedrà. No, Matteo Salvini, come toro scatenato, rivelandosi degno figlio del Porco d’Arcore, se l’è presa con i giudici, come se questi agissero sempre ad orologeria, appena toccano certi personaggi di certi partiti. C’era da aspettarselo da uno come Salvini, che ragiona sempre con il culo, invece che con la testa. E siccome il culo dei leghisti è sporco come quello di tanti uomini politici, di destra di centro e di sinistra, compresi quello dei grillini, non si vede perché bisogna sempre gridare allo scandalo, accusando di faziosità i poveri giudici.
E se Ignazio Marino, volente o no, ha rassegnato le dimissioni, sciogliendo di conseguenza la sua Giunta, non capisco perché Roberto Maroni non faccia altrettanto, tanto più che anche lui è indagato per altre questioni.
Non dimentichiamo che la Regione Lombardia, da quando è nelle mani dei berlusconiani, dei leghisti e dei ciellini, non ha mai avuto un momento di pace. A parte la loro incapacità politica, a causa della loro cecità di visuale del Bene comune, ciò che ha sempre caratterizzato la loro presenza nel governo centrale o periferico, provinciale o regionale, per non parlare anche delle amministrazioni locali, è quella commistione di affarismo e di spirito manageriale tale da rasentare l’illecito, magari senza cadervi sempre in modo plateale. Ho sempre avuto l’impressione che la politica gestita dai grandi manager – manager si diventa prima o poi, anche per il fatto di essere un leader politico o religioso – arrivi a superare il limite tra il lecito e l’illecito, spostando i paletti, con leggi “ad personam” (vedi il caso emblematico di Berlusconi) giustificate in nome di un non ben qualificato  Bene comune, ma soprattutto con l’appoggio di una Chiesa, che non perde mai occasione per far valere i propri privilegi, tra cui metterei anche i cosiddetti valori cattolici.
Se il Vaticano è intervenuto contro Ignazio Marino, per “par condicio” non dovrebbe alzare la voce anche Angelo Scola? Tacendo come sta facendo, non giustifica il malaffare delle istituzioni civili che governano anche la Diocesi milanese?
“No!”, obiettano i miei nemici. “Sii coerente: non te la sei forse presa perché il Vaticano ha condannato l’amministrazione Marino?”. Certo, è vero che mi sono incazzato, ma credo che per quanto riguarda la Regione Lombardia le cose siano molto differenti. Qui, c’è una netta presa di posizione della Magistratura. Qui non si tratta solo di spese di rappresentanza, più o meno gonfiate come nel caso di Marino. Marino, a Roma, è caduto per una questione strettamente politica.
Ad ogni modo, aspetto che Angelo Scola dica qualcosa. Ma so che non parlerà mai, se non con qualche vago accenno: così vago che l’ignorantone Salvini lo prenderà come qualcosa di “estraneo” alla Regione Lombardia.
Eppure Angelo Scola, che ha già pronte le valigie per andarsene, dovrebbe fare un gesto coraggioso, che potrebbe in parte riscattare la sua nullità come Vescovo milanese. 
Forse non è solo questione di coraggio, ma di incapacità di leggere gli eventi. Scola è chiuso in un mondo dove religione e stato devono per forza collaborare, quando si tratta di valori cattolici (che poi combaciano perfettamente con quelli ciellini), anche chiudendo un occhio su eventuali porcate, che, in ogni caso, fanno parte del gioco.
Questi falsi cristiani, tra cui cardinali, vescovi, preti e suore, nonché i movimenti ecclesiali, ecc. ecc., proprio non riescono a uscire da un maledetto circolo vizioso, che è quello di una religione a cui tutto deve essere riferito, e da cui tutto deve partire. E la religione, essendo per sua natura una struttura intoccabile, dove anche lo spirito soggiace alle voglie della carne (non c’entra il sesso, ma il potere), purifica e consacra, perdona e condona, purché i penitenti siano ancor più cultori del dio-padre-padrone assoluto, ovvero dell’immagine (o idolo) del potere stesso.
Angelo Scola fa parte di questa religione, per di più ciellino, dunque ancor più devoto. È schiavo di un ingranaggio che condiziona il suo pensiero a tal punto da non capire quale sia la differenza tra legalità e Giustizia, dove legalità sta per fedeltà alle leggi del potere corrotto e alle leggi di una chiesa-struttura vincolante la Coscienza umana.
La Giustizia è ben altra cosa, vola fuori da ogni struttura, ed è armonia cosmica, al di sopra di ogni religione, razza, partito politico, movimento religioso.
La Giustizia legge gli eventi, nel profondo di quella Umanità dove non c’è spazio per alleanze strane, per giochi di potere, per intrighi di palazzo. Certo, occorre realismo, in quanto siamo esseri umani limitati, soprattutto se si è costretti a vivere in una società di imperfetti. Ma realismo non significa connivenza con il male, ma casomai convivenza, il che comporta attenzione, prudenza, intelligenza, saggezza. Ciò che va garantita o salvaguardata non è la legge del potere o della struttura, ma la legge della Coscienza, la quale è Umana nella misura in cui partecipa dell’Umanità, nei suoi Valori che a loro volta partecipano dell’Essere interiore.
– Dio della Giustizia, dove sei? Dio dell’Umanità, dove sei?
– Non sono lontano da voi. Siete voi che siete lontani da me. Rompete la crosta che vi lascia fuori, in superficie, ed entrate nel vostro essere, il più lontano possibile dal potere, dalle strutture, dalle istituzioni, dai riti formali. Hanno preteso di incastrarmi, inventando una religione, con la quale il Maligno si diverte ogni giorno a prendersi gioco di Me. La Chiesa pretende nel nome Mio, in realtà nel nome di un Idolo che è la somma di tanti diversi idoli, di salvare il mondo, ma non fa che distruggerlo. Bisognerà pure che qualcuno esca dall’anonimato, esca dal gregge, esca dalla idolatria imperante ed ascolti la voce del mio Spirito, e contesti questa Chiesa-struttura-religione, in nome di quella Giustizia, in nome di quella Umanità, che aspettano il momento opportuno per dare il colpo finale. Forse la colpa è anche Mia. Avrei dovuto intuire che la Chiesa fondata su uomini forti Mi avrebbe escluso dall’Umanità. Ma attenzione: il mio Spirito, che ama la libertà dell’essere, non tarderà a sfondare ogni porta, e porterà la parte dell’Umanità, quella migliore, nel deserto, da dove iniziare un nuovo Mondo.  
17 ottobre 2015
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

4 Commenti

  1. Luca ha detto:

    Dalla vicenda di Marino si ricava una grande amarezza: sembra proprio che in questa Italia sia impossibile per un onesto e pulito (ma poco scafato, poco astuto e con pochi “amici”) fare una politica diversa e sganciata dal malaffare. C’è forse l’eccezione di Pisapia e pochissime altre; ma è vero che Roma è ben diversa da Milano.
    Non sono però d’accordo nell’attribuire a più o meno oscure trame vaticane i siluramento di Marino. Non credo (sarò ingenuo) che l’oltretevere oggi sia così influente. Marino era poco allineato, poco docile a Renzi, e troppo poco “politico”, e il PD l’ha cacciato, lasciando montare la risibile storiella degli scontrini della lavanderia e del ristorante; punto. Il resto è teorema da dimostrare.

  2. Giuseppe ha detto:

    Complimenti. Trovo che sia un’analisi precisa di una situazione vergognosa di commistione tra potere politico, clero e malavita, che purtroppo è sempre più diffusa. Vorrei tanto poter vedere un rinnovamento radicale in tutti i settori della nostra società e nell’ambito dell’apparato ecclesiastico cattolico, ma ho timore che le cose continueranno a peggiorare, anche se la speranza è una virtù divina e può ancora sorprenderci.

  3. Maria ha detto:

    Evviva Don Giorgio, sottoscrivo senza riserve, ma quello che mi preme maggiormente è la situazione “Vaticano”. Purtroppo, dovremo attendere chissà quanto prima che un papa veramente cristiano abbia al coraggio di smantellare quell’apparato granitico di gerarchi della falsa religiosità.

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