Una polemica superficiale di chi alza un dito, con la testa nella sabbia
di don Giorgio De Capitani
Toh, un altro prete (l’ultimo mi pare abbia alzato un dito nel mese di novembre del 2016 contestando la Lega) che esce dalle catacombe o dai suoi sogni dorati di prete tutto pro Chiesa rigidamente dogmatica.
La provocazione del lecchese don Sergio Massironi sul Duomo di Milano, diventato secondo lui monumento che incassa soldi, mi serve per fare provocazioni di ben altro spessore.
Che si paghi uno o due euro per entrare a visitarlo, non mi fa problema, dal momento che, ancora oggi, per partecipare alla Messa bisogna fare una libera offerta (che i preti sollecitano perché sia abbondante) e soprattutto per farla celebrare con particolari intenzioni bisogna pagare una libera quota, proponendo un minimo sotto cui non bisogna andare.
Io pagherei volentieri un euro per andare ad ascoltare la Messa, purché la Messa sia decente e decente sia la predica. Ma succede che durante la Messa avviene di tutto: preti che ballano, che danzano, ma questo non ti fa problema, caro confratello. E pagherei anche due euro purché il sagrato non sia settimanalmente un mercato dove si vende di tutto, pro questo o pro quello. Anche questo non ti fa problema, caro confratello. E come sopportare Messe con apericena o altro? Neppure questo ti fa problema, caro confratello.
Non so esattamente di chi sia in realtà la gestione diciamo economico/strutturale del Duomo. Mi sembra che ci sia qualche convenzione con il Comune di Milano, il quale sborsa alla Fabbrica del Duomo una percentuale, minima ma c’è, delle tasse dei milanesi. Non so la parte di responsabilità gestionale che ha la Fabbrica del Duomo, che comunque non è un organismo strettamente curiale. Questo per dire che il Vescovo ha in certe cose le mani legate. Vedi il caso ad esempio dei funerali dei personaggi illustri.
Ma il problema, caro confratello, è un altro, e tu o non lo vedi o non ne vuoi parlare. Lo scandalo, casomai, è che ci sia un chiodo del Cristo crocifisso che è un falso. Ma questo non ti fa problema. Ma c’è di più. Il Duomo in questi ultimi anni si è svuotato, e non si dia la colpa al fatto che ci sono controlli anti-terrorismo che scoraggiano. Anche questo non ti fa problema. E ultimamente il Duomo è diventato un locale cabarettistico, dove si fanno battute fuori posto da parte del Buon Pastore, che si è seduto per disegni veramente misteriosi sulla cattedra nientemeno che di Sant’Ambrogio e di San Carlo. Anche questo non ti fa problema.
Cavoli, te la prendi perché il Duomo è un monumento d’arte, quasi profanato dai turisti? E questo sarebbe uno scandalo? Lo scandalo è quando a Messa vengono i bestemmiatori del Cristo crocifisso nelle carni umane. Ma questo non ti fa problema, caro confratello.
Vorrei aggiungere che un altro scandalo è il fatto che le chiese siano per parecchio tempo del giorno tenute chiuse al pubblico, e condivido l’invito del neo vescovo a tenere aperte le chiese. Anche i musei elevano lo spirito, ma i musei chiusi sono morti.
Infine, scommetto che farai la stessa fine di quei pochissimi preti ambrosiani che in questi ultimi anni hanno alzato solo un dito, per poi subito dopo rimetterlo nella sabbia.
NOTABENE
Sono sincero: non ti conoscevo prima, neppure come filosofo. Scorrendo il tuo Blog, che ho conosciuto nei giorni scorsi tramite il Corriere della Sera, ho visto la fotografia di Marco Vannini, e subito ho pensato che tu avessi dato pubblicità o fatto una relazione dell’intervento di Marco Vannini, che nel marzo scorso, su un mio invito personale, era venuto a Merate a parlare della grande Mistica. Ma ho scoperto che, in quell’epoca, avevi fatto una recensione nientemeno che sull’Osservatore Romano (cavoli, che calibri grossi questi preti milanesi, che hanno il tempo per curare le anime e per battersi onde difendere la “grande Chiesa”) pubblicando un commento molto pungente nei riguardi del recente libro di Vannini: “Contro Lutero e il falso evangelo”. Credo di essere stato uno dei primi a leggerlo, gustandolo come solitamente divoro i libri di Vannini per i temi che tratta.
Che dire? Non entro nel merito della diatriba: dico solo che in questi ultimi anni, al contatto con la grande Mistica sono rinato, dentro, nel mio essere interiore, scoprendo in poco tempo ciò che per tantissimi anni era rimasto una specie di tabù. Certo, avevo cercato di servire la Chiesa, ma quale Chiesa? E la colpa è stata mia, ma non solo mia, ma anche di una Chiesa che ha tenuto nascosto – non solo a me, ma al gregge intero, al mondo intero – la realtà del Divino in noi, facendomi vivere anche da prete come un automa, un servitore fedele e obbediente di una struttura alienata e alienante su tutti i fronti.
In questi ultimi anni mi sono chiesto più volte il motivo per cui la Chiesa ha combattuto le eresie e la mistica, uccidendo con le peggiori torture (le torture dell’Isis di oggi sono niente al loro confronto!) eretici e mistici, distruggendo così l’essenza del nostro essere e l’essenza stessa del Divino. Mi sto chiedendo se la Chiesa di oggi e il mondo intero non sarebbero diversi, se allora gli eretici e i mistici fossero stati ascoltati e non distrutti.
Non parlo di Lutero, su cui anch’io, soprattutto dopo aver letto il libro di Vannini, ho grandissime riserve. Parlo ad esempio della dottrina dei catari, parlo soprattutto dei mistici medievali (Eckhart, ecc.). E non chiedo celebrazioni commemorative penitenziali come si è fatto per Lutero. Lutero è morto, chiuso! Oggi mi dice poco, chiuso! Chiedo che si dia voce alla Mistica, l’unica a poter ridare autenticità ad una Chiesa che, soprattutto con Bergoglio, ha perso la strada dell’autentico Vangelo.
Ma tutto questo, caro confratello, non ti fa problema.
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da A misura d’uomo
Il duomo ucciso
Posted on 14 ottobre 2017 by Sergio Massironi
Si può chiamarlo ancora “chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani”? Per secoli il nostro duomo, costruito con la fatica, il sudore e il sangue da generazioni di milanesi di ogni estrazione e provenienza, è stato il cuore della metropoli, il fulcro della sua vita non solo religiosa ma anche civile, in osmosi libera e permanente con il flusso di folla della piazza e delle arterie di comunicazione che si diramano verso tutta l’arcidiocesi. San Carlo ne murò una porta laterale, per impedire il più breve passaggio di merci e di animali e così custodire il raccoglimento orante nel massimo tempio cittadino; il beato Arcivescovo Montini volle le panche con gli inginocchiatoi per tutta la navata, a creare un’oasi di pace, di preghiera, di incontro con Dio, laddove la vita della metropoli scorre più febbrile.
In tempi di nuova evangelizzazione, in cui Francesco – come i suoi predecessori – parla instancabilmente di missione, di accoglienza e di ospitalità, un’improvvida scelta ha mutato il duomo in un museo: si è ceduto alle ragioni economiche a discapito di quelle religiose e simboliche, trasformando quella che era una cattedrale viva, sempre abitata da persone alla ricerca di riposo, di contemplazione e di bellezza, in un gettonatissimo “monumento”. Per di più in maniera bugiarda, annunciando che il biglietto sarebbe durato solo per il periodo di Expo, come se ci si potesse giocare impunemente della buona fede e della memoria dei milanesi.
Una striscia, è vero, è lasciata ai fedeli: per accedere a qualche altare e alla cappella per le confessioni e le Messe, a salvare almeno il pudore. Oltre le transenne, però, il duomo è appannaggio delle sole orde di turisti, anche in passato presenti, ma con la discrezione di chi in punta di piedi si inoltra in una casa abitata e osserva e assorbe qualcosa della santità del luogo, visibile nel raccoglimento di chi prega. Le navate centrali erano santuario, quelle laterali fluire di un popolo variopinto e ammirato: una sintesi formidabile del rapporto tra Chiesa e contemporaneità. Distrutta.
Al seguito delle cattedrali di Ravenna, di Pisa e di Firenze, il nostro duomo è entrato nel circolo del consumismo turistico globalizzato. È divenuto un oggetto oleografico, le cui vetrate vengono illuminate la sera dall’interno, attraverso dispendiosi e invasivi fari led appesi alle volte, per contribuire a un pittoresco passeggio serale in centro. Esiste una teologia della grazia, che chiede piuttosto di entrare nella cattedrale di giorno per essere avvolti della magia della luce e dei colori, diventando parte della storia narrata. Dal 2015, invece, di giorno si paga per entrare, data la scarsità di fondi che ne minaccia il mantenimento; di notte gli sponsor non badano a spese, pur di offrire all’esterno un grazioso spettacolo. Perché non chiedere a questi mecenate di intervenire a consentire il libero ingresso diurno di tutti? Perché non rendere ogni terza domenica di ottobre, festa della Dedicazione, cornice di una grande e popolare raccolta fondi per il Duomo, che coinvolga tutti gli strati di una società civile vivace e ancora significativamente “ambrosiana”?
Lo statuto della chiesa, introdotto un ticket, cambia radicalmente: lo spazio santo della gratuità di Dio, della fraternità, del Regno con la sua universale destinazione viene “patrimonializzato”, ridotto a bene culturale retto dalla logica commerciale della fruizione remunerata. Interessante che Presidente della Fabbrica del Duomo, coerentemente, sia stato scelto la scorsa estate il dr. Fedele Confalonieri, uomo di cui Silvio Berlusconi per primo ha riconosciuto le virtù manageriali.
Il coraggio di tornare indietro, di rinunciare a un facile guadagno per tornare alla gratuità, di spalancare di nuovo le porte della cattedrale a tutti sarebbe il grande segno di una chiesa viva, ospitale e “in uscita”. Rimarcherebbe un elemento tanto evidente quanto disatteso: che il Duomo non è anzitutto il capolavoro gotico amministrato dalla Fabbrica, né la chiesa gestita dall’Arciprete, ma la Cattedrale del Vescovo che anche nella sua forma e gestione cerca di esprimerne lo stile evangelico. Lo è già nelle grandi, splendide celebrazioni pontificali. Chissà se occorrerà un nuovo San Carlo, a restituire la cattedrale ogni giorno ai milanesi. Intanto, il vangelo nella festa della Dedicazione è quest’anno evocativo: Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera» (Mt 21, 12-13).
don Sergio,
nel dialogo con alcuni confratelli del clero milanese,
Festa della dedicazione del Duomo di Milano, Chiesa Madre di tutti i fedeli ambrosiani
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