Le menzogne della diocesi di Milano sul caso che coinvolge monsignor Mario Delpini

Secondo voi è giusto che, nel caso dei preti pedofili, la Curia metta a loro disposizione fior fiore di avvocati  pagando anche le spese per eventuali risarcimenti (vedi il caso di don Mauro Galli), lasciando le vittime e i parenti a doversi difendere da soli pagando le spese o altro, se vogliono inoltrare una causa giudiziaria?
E secondo voi è giusto che, ad esempio il sottoscritto, che ha dovuto difendersi e si sta difendendo da querele non abbia mai avuto un segno di solidarietà da parte della curia?
Che cosa è più grave: violentare sessualmente un bambino oppure dire porco o pezzo di merda a un politico? E perché la curia difende i preti pedofili e non difende anche il sottoscritto?
Rispondetemi.
***
da www.chiesadimilano.it
Dalla Curia

Un comunicato

per aiutare a comprendere la verità dei fatti

L’articolo di un quotidiano ricostruisce in modo non corretto fatti la cui consistenza è tuttora oggetto di un procedimento penale, cercando di coinvolgere l’Arcivescovo di Milano, il suo predecessore e l’allora Vescovo ausiliare
È in corso il procedimento penale che vede imputato don Mauro Galli, accusato di violenza sessuale ai danni di un giovane che, al tempo dei fatti in contestazione (dicembre 2011), aveva 15 anni. Una tortuosa, complessa e oscura vicenda sulla quale la giustizia farà luce all’esito del processo penale.
Un organo di stampa ne dà notizia anche oggi, ricostruendo i fatti in modo parziale e non del tutto corretto, esprimendo giudizi arbitrari e traendo conclusioni non rispettose della verità e delle persone citate.
L’articolo in questione omette dei fatti fondamentali per comprendere correttamente la vicenda. Primo fra tutti è che l’episodio contestato risale al 2011, quando ancora nessuno era a conoscenza di quanto realmente accaduto e soprattutto quando ancora la parola “abuso” si manteneva distante dal racconto della vicenda.  E infatti solo nel luglio 2014 il legale della presunta vittima ha presentato la denuncia querela.Quindi né monsignor Mario Delpini, né monsignor Pierantonio Tremolada, né il cardinale Angelo Scola e altri responsabili dell’Arcidiocesi di Milano hanno coperto o insabbiato alcun reato.
Ecco in sintesi la ricostruzione della vicenda.
Nell’immediatezza dei fatti ora oggetto di indagine – siamo nel dicembre 2011 – era emerso soltanto che don Mauro Galli aveva ospitato presso la sua abitazione il ragazzo (con il consenso previo dei genitori del minore) dormendo quella notte nello stesso letto a due piazze: la narrazione degli avvenimenti consentiva di escludere che fosse avvenuto un episodio di abuso.
Un atteggiamento – quello del sacerdote – di sicuro gravemente imprudente, ma che – stando alla conoscenza dei fatti dell’epoca – di certo impediva di ipotizzare qualsivoglia reato.
Va infatti sottolineato che il ragazzo esporrà solo anni dopo, nel 2014, una versione dei fatti penalmente rilevante, contrariamente a quella raccontata immediatamente dopo l’accaduto.
Per quanto attiene alle assegnazioni di don Mauro, nell’immediatezza dei fatti il sacerdote viene anzitutto affidato a uno psicologo affinché inizi (come è poi accaduto e in via cautelativa) un percorso che lo aiuti a ricostruire e comprendere la natura e la verità del gesto gravemente imprudente accaduto.
Don Mauro viene quindi trasferito da Rozzano a Legnano con provvedimento dell’1 marzo 2012, firmato dall’allora Vicario Generale della Diocesi monsignor Carlo Redaelli, anche se l’allontanamento effettivo del sacerdote dal ragazzo era intercorso ben prima. Questo primo trasferimento era motivato dall’inopportunità di lasciare a Rozzano don Mauro dopo l’episodio in oggetto, nel frattempo divenuto notorio. Con il trasferimento a Legnano don Mauro viene affidato in modo particolare a due sacerdoti per un accompagnamento personale.
Anche in questo caso, dunque, lo spostamento di don Mauro rispondeva a una logica “cautelativa”, non di certo alla consapevolezza da parte della Diocesi o della parrocchia di un sospetto abuso.
Dopo ulteriore riflessione l’Autorità diocesana decide successivi spostamenti, attribuibili a monsignor Mario Delpini dopo l’assunzione formale da parte di quest’ultimo, nel luglio 2012, del ruolo di Vicario Generale della Diocesi di Milano.
Nel dettaglio, il 31 ottobre 2012 don Mauro Galli viene prima destinato alla cura pastorale della Cappellania Ospedaliera di San Maria Annunciata in Niguarda – deliberatamente lontano dal contatto con i minori – e con provvedimento del 10 luglio 2013 inviato a completare il suo percorso di studi a Roma, con residenza (effettiva dal settembre 2013) in un istituto religioso abitato solo da adulti.
Ciò avviene ancora per le medesime ragioni precedentemente esposte: evitare il contatto di don Mauro con il ragazzo e la sua famiglia, pur non essendo emerso alcun fatto di rilievo penale.
A metà del 2014 la famiglia del ragazzo racconta una nuova versione del fatto del 2011, parlando di abusi e nel luglio 2014 viene presentata la denuncia querela dai loro legali.
Il 21 gennaio 2015 viene aperta l’indagine previa con la conseguente trasmissione dei risultati alla Congregazione per la Dottrina della Fede della Santa Sede.
La Congregazione della Dottrina della Fede affida poi la questione al Tribunale Ecclesiastico Lombardo (organismo indipendente dalla Diocesi di Milano) per l’apertura della causa canonica penale.
Il 18 maggio 2015 il sacerdote viene fatto oggetto del provvedimento di sospensione in modo cautelativo dall’esercizio del ministero sacerdotale.
Queste decisioni mai hanno avuto l’intento di “coprire” il caso né da parte del cardinale Scola, né da monsignor Delpini o da monsignor Tremolada o da altro esponente della Curia milanese.
Testimoniano invece con evidenza l’intento di operare con scrupolo e coscienza, nel rispetto di tutte le parti, nell’ossequio delle prescrizioni canoniche e delle leggi italiane, decidendo ogni volta con gli elementi e le informazioni disponibili in quel momento.
Non a caso la decisione di trasferire don Mauro da Rozzano, fu presa soprattutto in accoglimento delle sollecitazioni della famiglia del ragazzo nel 2013, quando questi non avevano ancora denunciato alcunché.
È infatti emerso chiaramente nel corso della scorsa udienza celebrata dinnanzi al Tribunale di Milano che la famiglia del ragazzo ha appreso i fatti con maggiore contezza soltanto nel 2014, quando il sacerdote era già stato trasferito a Roma da un anno.
È evidente dunque che la Diocesi ha agito in modo tempestivo ed efficace, ancor prima che fossero emersi fatti di rilievo penale. Ne sono prova, come già specificato:
1 – la presa in carico della situazione con l’affidamento allo psicologo
2 – i diversi trasferimenti di don Mauro: prima il cambio di parrocchia, poi l’allontanamento dal contatto con i ragazzi
3 – la costante disponibilità al dialogo (di persona e per lettera) con la famiglia da parte di diversi esponenti della Curia di Milano e dell’allora Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola.
Allo stesso modo l’Autorità diocesana interveniva secondo protocollo dopo la denuncia querela del 2014.
Intercorsa nel frattempo la nuova versione dei fatti e la denuncia querela del 2014, l’Autorità diocesana – dimostrando così atteggiamento trasparente – ha agito ulteriormente. Ne sono prova:
1 – la sospensione cautelativa di don Mauro dal ministero e da ogni attività pastorale
2 – l’apertura dell’indagine previa e la trasmissione dei risultati alla Congregazione per la dottrina della fede della Santa Sede
3 – l’affidamento della causa da parte della Congregazione della Dottrina della Fede al Tribunale Ecclesiastico Lombardo con l’apertura della causa canonica penale
4 – la collaborazione alle indagini.
L’Arcidiocesi di Milano fa inoltre presente che a oggi non risulta parte del processo penale, in cui è stata coinvolta insieme alla parrocchia di Rozzano, solo inizialmente, in qualità di responsabile civile. La qualifica in questione è venuta meno per la intervenuta revoca della costituzione di parte civile nel processo penale da parte del ragazzo e della famiglia, stante l’accordo transattivo conseguito con don Mauro Galli su cui né la parrocchia, né l’Arcidiocesi hanno avuto qualsivoglia ruolo morale o materiale.
Nel dolore per la sofferenza che questa vicenda continua a suscitare in questo ragazzo ormai diventato adulto, alla sua famiglia, a don Mauro e a tutte le parti coinvolte, l’Arcidiocesi di Milano che – lo si ripete – non è in alcun modo chiamata in causa nella vicenda giudiziaria, né ha mai intrapreso azioni risarcitorie, ribadisce la volontà – se necessario – di continuare la collaborazione alle indagini per giungere alla ricostruzione della piena verità sui fatti in esame.
Ufficio comunicazione
Arcidiocesi di Milano
PUBBLICATO venerdì 15 dicembre 2017
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da Rete l’Abuso
Il punto della Rete L’ABUSO, Lombardia

Le menzogne della diocesi di Milano

sul caso che coinvolge monsignor Mario Delpini

dicembre 16, 2017
Teste Mario Delpini
DOMANDA: conosce don Mauro Galli?
RISPOSTA: si lo conosco, appena nominato fu mandato a Rozzano (MI) presso la parrocchia di Sant’Ambrogio in qualità di diacono, non ricordo esattamente le date … mi sembra di ricordare gli anni 2010/2011, ricordo poi che verso il periodo di Natale 2011/2012 venne trasferito a Legnano presso la parrocchia di San Pietro dove ci rimase alcuni mesi, dopodiché fu ordinato presso l’ospedale Niguarda.
IL TRASFERIMENTO DA ROZZANO A LEGNANO FU DECISO DA ME IN PERSONA a seguito di una segnalazione da parte del parroco di Rozzano – Don Carlo Mantegazza – che mi aveva riferito di un ragazzo – di nome “Fausto” (nome di fantasia) – che aveva trascorso una notte a casa di don Mauro Galli ”. ndr
Questo è quanto dichiarato sotto giuramento il  24 ottobre 2014 dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini interrogato presso gli uffici della Questura di Milano, una dichiarazione piuttosto discordante con le gravi inesattezze riportate ieri sul sito della Chiesa di Milano
e poi riprese da Avvenire.
Gli articoli precisano che il termine “Abuso” a quell’epoca era ben lontano da essere ipotizzato, “non si è mai usata tale parola fino al 2014 quando viene data una versione diversa…”
Delpini ancora una volta ci viene in soccorso offrendo la verità autentica che lo riguarda chiarendoci ogni dubbio interpretativo e riferisce sempre alla polizia: ”…Don Carlo Mantegazza in quella circostanza mi disse al telefono che “Fausto” (nome di fantasia) aveva poi segnalato presunti abusi sessuali compiuti da Don Mauro durante la notte. io sono quindi andato a Rozzano, ho convocato Don Mauro…” (ndr)
Dunque una persona AUTOREVOLE come il PARROCO parla subito nel 2011 a Delpini e il Vescovo immediatamente va a Rozzano, nel 2011 non nel 2014 come erroneamente riportato sul sito della Chiesa di Milano e su Avvenire.
Delpini precisa cosa gli riferisce direttamente don Mauro (l’imputato): “…lui mi disse che aveva solamente voluto ospitare un ragazzo con difficoltà familiari perché non voleva dormire quella notte a casa dei genitori…” “Ha per altro ammesso di aver dormito con il ragazzo quella notte…” che è bene ricordare che all’epoca dei fatti aveva 15 anni.
L’articolo precisa giustamente che don Galli aveva chiesto preventivamente il consenso dei genitori, omettendo tuttavia che agli stessi non era stato specificato che sarebbe stato l’unico ragazzo a dormire in parrocchia tra tutti gli adolescenti che avevano le confessioni quella sera. Il consenso è stato accordato ben due giorni prima. Come poteva dunque il Galli immaginare che proprio due giorni dopo il ragazzo avrebbe manifestato l’intenzione di non tornare a casa a dormire? Inoltre, come mai don Mauro non si è preoccupato di predisporre la sistemazione nella stanza degli ospiti, presente nel suo appartamento, ma ha portato il ragazzo nel proprio letto matrimoniale?
Ancora una volta Delpini afferma sotto giuramento: “…Ho deciso quindi di trasferire Don Mauro ad altro incarico, disponendo il suo trasferimento nella parrocchia di Legnano…”
La polizia gli pone questa precisa domanda: “Monsignore, Lei era consapevole che Don Mauro GALLI nella parrocchia di Legnano si occupava di Pastorale Giovanile?”
Risposta: “si certo, ne ero a conoscenza…” (ndr)
Quindi il parroco parla a Delpini che decide il trasferimento senza avviare nessuna indagine canonica come viceversa descritto dalle linee guida della CEI per questi specifici casi.
Il motivo per cui la denuncia all’autorità civile sia stata fatta solamente il 29 luglio 2014 è riconducibile al fatto che la presunta vittima e i familiari, nel 2011, da buoni cattolici si sono rivolti con fiducia alla diocesi anziché alla polizia, diocesi che dopo aver promesso rigore, li ha di fatto presi in giro spostando ben due volte il sacerdote, prima a Legnano, poi al Niguarda e successivamente a Roma, o almeno, questo è quanto la diocesi ha fatto credere alla presunta vittima, perché nei fatti, in quel periodo don Mauro Galli si scoprì non essere a Roma, ma bensì sempre a Milano dove la notte del 25 luglio 2014 salvò un neonato abbandonato nella cappella dell’ospedale San Giuseppe (dove don Mauro esercitava al momento) salendo all’onore della cronaca.
Solo a questo punto, tre giorni dopo l’ennesima presa in giro, la presunta vittima e familiari data la poca serietà dimostrata fino a questo punto dalla diocesi, hanno deciso di affidarsi alla giustizia civile e così il 29 luglio 2014 sporgono formale querela.
Certo, a questo punto sarebbe utile anche motivare il perché prima dell’inizio del procedimento penale a carico di don Mauro Galli, come emerso nell’udienza del 12 c.m. qualcuno abbia proposto – al fine di far ritirare alla presunta vittima e ai familiari la costituzione di parte civile che chiedeva si ravvisassero anche le responsabilità della diocesi e della parrocchia di Rozzano – un indennizzo alla presunta vittima.
Forse un gesto caritatevole? Personalmente ho dei dubbi.
Resta a questo punto superfluo commentare quanto è agli atti del processo anche se sorge una domanda: chi sta mentendo?
Forse l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini, (che se così fosse avrebbe dichiarato il falso anche sotto giuramento), oppure le inesattezze vanno accreditate ad una disonestà intellettuale che ha come unico fine quello di giustificare il comportamento “da manuale e sistematico” che la chiesa vuol far credere di aver abbandonato?
Comunicato congiunto con i nostri assistiti.
Francesco Zanardi
Presidente – Rete L’ABUSO
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da Rete L’Abuso

Improbabili verità di

“Un comunicato per aiutare a comprendere

la verità dei fatti”

dicembre 17, 2017
di Francesco Zanardi
Facendo qualche riflessione, con un pizzico di meritata ironia voglio commentare quanto pubblicato sul sito CHIESADIMILANO.IT , in un articolo titolato “Un comunicato per aiutare a comprendere la verità dei fatti”, nel quale la diocesi milanese dà una sua versione della vicenda che vede imputato con l’accusa di abuso di minore don Mauro Galli, un giovane sacerdote della diocesi che nel 2011 avrebbe abusato di un parrocchiano all’epoca dei fatti minorenne.
Secondo “la verità dei fatti” esposti dalla Chiesa di Milano che, va detto, in questi mesi non ha mai replicato a un solo comunicato ufficiale della Rete L’ABUSO, si propone di fare chiarezza sull’articolo pubblicato da un quotidiano che non cita, probabilmente IL GIORNALE uscito per primo sul caso Galli e che a differenza di altri si è preoccupato di recarsi al processo e interpellare anche la presunta vittima.
Secondo CHIESADIMILANO.IT “L’articolo in questione omette dei fatti fondamentali per comprendere correttamente la vicenda. Primo fra tutti è che l’episodio contestato risale al 2011, quando ancora nessuno era a conoscenza di quanto realmente accaduto e soprattutto quando ancora la parola “abuso” si manteneva distante dal racconto della vicenda.  E infatti solo nel luglio 2014 il legale della presunta vittima ha presentato la denuncia querela.”
Di qui ne deducono che: “Quindi né monsignor Mario Delpini, né monsignor Pierantonio Tremolada, né il cardinale Angelo Scola e altri responsabili dell’Arcidiocesi di Milano hanno coperto o insabbiato alcun reato.”
Va detto che dopo tre anni di incontri e di denunce ben documentate dai nostri assistiti ma inascoltate dalla diocesi alla quale la presunta vittima e la famiglia da bravi cattolici si erano affidati, delusi, si rivolgono all’Autorità Giudiziaria ed è proprio da quei verbali che monsignor Mario Delpini in persona smentisce quanto scritto da CHIESADIMILANO.IT.
Nella deposizione, alla domanda: “conosce don Mauro Galli ?” monsignor Delpini risponde: “si lo conosco, appena nominato fu mandato a Rozzano (MI) presso la parrocchia di Sant’Ambrogio in qualità di diacono, non ricordo esattamente le date … mi sembra di ricordare gli anni 2010/2011, ricordo poi che verso il periodo di Natale 2011/2012 venne trasferito a Legnano presso la parrocchia di San Pietro dove ci rimase alcuni mesi, dopodiché fu ordinato presso l’ospedale Niguarda. IL TRASFERIMENTO DA ROZZANO A LEGNANO FU DECISO DA ME IN PERSONA a seguito di una segnalazione da parte del parroco di Rozzano – Don Carlo Mantegazza – che mi aveva riferito di un ragazzo – di nome “Fausto” (nome di fantasia) – che aveva trascorso una notte a casa di don Mauro Galli. Don Carlo Mantegazza in quella circostanza mi disse al telefono che “Fausto” (nome di fantasia) aveva poi segnalato presunti abusi sessuali compiuti da Don Mauro durante la notte. io sono quindi andato a Rozzano, ho convocato Don Mauro ”.
Ma la “verità dei fatti” secondo CHIESADIMILANO.IT continua perché poco più avanti, nel medesimo articolo nel quale sembrerebbe che nessuno avesse neppure immaginato lontanamente l’ipotesi di un abuso, si legge non solo che “nell’immediatezza dei fatti il sacerdote viene anzitutto affidato a uno psicologo affinché inizi (come è poi accaduto e in via cautelativa) un percorso che lo aiuti a ricostruire e comprendere la natura e la verità del gesto gravemente imprudente accaduto” ma che lo stesso “Con il trasferimento a Legnano don Mauro viene affidato in modo particolare a due sacerdoti per un accompagnamento personale”, ma dimenticano di dire che, naturalmente ai fini cautelativi, viene assegnato alla pastorale giovanile (sic).
Vien quasi da dire povero don Mauro, solo per aver dormito in un letto matrimoniale con un ragazzo è finito dallo psicologo… Chissà se in via cautelativa a Legnano gli hanno dato un letto singolo…
Ma non è finita, continuando a leggere “Non a caso la decisione di trasferire don Mauro da Rozzano, fu presa soprattutto in accoglimento delle sollecitazioni della famiglia del ragazzo nel 2013, quando questi non avevano ancora denunciato alcunché.”
Ma come? Poco sopra, nell’esposizione scrivono che “Don Mauro viene quindi trasferito da Rozzano a Legnano con provvedimento dell’1 marzo 2012, firmato dall’allora Vicario Generale della Diocesi monsignor Carlo Redaelli” e adesso invece parlano del 2013?
…Passando alle altre testate, pressappoco simile a quello di CHIESADIMILANO.IT quanto riporta il giornale dei vescovi, Avvenire.
Più interessante invece la ricostruzione di Andrea Tornielli, per Vatican Insider, nel corpo ripresa con tutte le inesattezze di CHIESADIMILANO.IT ma alla quale si aggiunge un passaggio davvero originale che viene attribuito all’udienza dello scorso 12 dicembre.
Secondo il giornalista che non era presente, “Al processo è emerso che erano rimasti abbracciati. Ma sia la presunta vittima, sia il sacerdote, concordavano nell’escludere che fosse avvenuto un abuso e cioè che il prete avesse tentato un approccio sessuale molestando il ragazzo”.
Ero personalmente presente in aula lo scorso martedì e quello che è emerso è ben diverso, l’accusato, dopo aver abbracciato e palpeggiato il minore nelle parti intime, avrebbe tentato di penetrarlo senza però riuscirvi.
Durante l’udienza è stato più volte ribadito dai vari testi che fin da subito (dicembre 2011, gennaio 2012) il ragazzino era riuscito a dire che don Mauro lo abbracciava “da dietro”, sentiva il suo respiro sul collo, sentiva i suoi piedi che lo toccavano e che lui era paralizzato e non riusciva a muoversi. È stato ribadito che la mattina successiva ai fatti il ragazzo era in stato di shock e la scuola dovette chiamare sul posto di lavoro la madre perché andasse a prenderlo. È stato detto che nei giorni successivi a quella notte il ragazzino stava malissimo, si chiudeva spesso in bagno al buio, urlava, non era possibile avvicinarlo fisicamente, nemmeno la ragazzina che aveva allora poteva più abbracciarlo o avvicinarsi a lui. Difficile dire che “sia la presunta vittima, sia il sacerdote, concordavano nell’escludere che fosse avvenuto un abuso”. Concordavano cosa?
Sarebbe interessante sapere chi ha fornito quella dichiarazione a Vatican Insider, soprattutto il perché.
Sempre nella ricostruzione di Andrea Tornielli:Dopo ulteriore riflessione l’autorità diocesana decide successivi spostamenti, attribuibili  a monsignor Mario Delpini ..… il 31 ottobre 2012, don Mauro Galli viene prima destinato alla cura pastorale della Cappella ospedaliera in Niguarda – deliberatamente lontano dal contatto con i minori”.
Cosa si può intendere per “ulteriore riflessione”? Durante l’udienza è emerso che vi sono stati due incontri tra i familiari del ragazzino, un sacerdote della Parrocchia di Rozzano, e i vertici della Diocesi (il primo con mons. Pierantonio Tremolada e il secondo con mons. Mario Delpini: AGOSTO E SETTEMBRE 2012) al termine del quale mons. Delpini avrebbe dichiarato (ma è agli atti la documentazione) che non aveva fino ad allora compreso la gravità della situazione, nonostante la smentita del sacerdote della Parrocchia. Dunque nel 2012 sposta il don Galli a Niguarda, lontano dai minori, ma NON AVVIA ANCORA L’INDAGINE PREVIA come previsto dalle Linee Guida della Cei, anche in presenza di un presunto abuso.
Altro particolare che emerge da entrambe gli articoli e che potrebbe aver persino violato l’accordo della riservatezza al quale ambo le parti sono vincolate, è la notizia che sarebbe stato don Mauro Galli a indennizzare la vittima e i suoi familiari escludendo la diocesi e la parrocchia, un particolare che in aula non è emerso in quanto la Corte, con prudenza, si è limitata a chiedere se ci fosse stato un accordo e la sola cifra, senza andare oltre.
Certo suona un po strano, nei verbali don Mauro si dichiara nullatenente, dove avrà mai preso quei soldi?
Forse è anche questa una delle tante imprecisioni di “Un comunicato per aiutare a comprendere la verità dei fatti”.
Zanardi

 

3 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Ho già espresso ampiamente la mia opinione al riguardo. Aggiungo solo che è vero che l’apparato ecclesiastico è composto da esseri umani e come tali soggetti a sbagliare, ma da chi ha scelto di dedicarsi al sacerdozio ci si aspetterebbe qualcosa di più e di meglio, che non usare metodi mafiosi. Chi copre e protegge, anche pagando fior di avvocati, chiunque si renda colpevole di reati così degradanti e lesivi della dignità e dell’integrità altrui è colpevole almeno quanto l’autore del delitto.
    Riguardo alle offese verbali e alle parolacce, chi è senza peccato scagli la prima pietra…

    • Romeo ha detto:

      C’è gente che viene inquisita e condannata per concorso esterno in associazione mafiosa; ebbene io credo che chi copre i reati di pedofilia debba essere processato dalla magistratura e se colpevole condannato.

  2. don ha detto:

    Alla domanda che hai posto nell’introduzione, io risponderei cosi: “Perchè tu non sei un lacché ….” mentre certi preti, pur pedofili, sanno ingraziarsi bene i superiori, i quali hanno bisogno più di ossequi che di verità, per mantenere intatto il potere acquisito.

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