Così Draghi ha smontato i falsi alibi europei sul protezionismo
dal Corriere della sera
Così Draghi ha smontato
i falsi alibi europei sul protezionismo
di Federico Rampini | 17 febbraio 2025
Ci voleva l’autorevolezza di Mario Draghi per smontare la buona coscienza degli europei sul protezionismo. Nel suo editoriale di sabato sul Financial Times, l’ex presidente del Consiglio e della Banca centrale europea ha tolto tutti gli alibi al Vecchio continente.
In modo garbato, senza toni polemici, ma con dati implacabili, Draghi ha spazzato via l’idea che i dazi siano una malefica invenzione dell’orrido Donald Trump. L’Europa – ha spiegato – è malata di protezionismo da molto tempo, lo pratica perfino contro se stessa, con una montagna di barriere interne che vanificano i vantaggi del suo mercato unico.
Nei confronti degli Stati Uniti, quindi, le grida europee che denunciano i dazi di Trump sono ingiustificate. L’opinione pubblica europea spesso non lo sa, e quindi in buona fede pensa che il mondo stia scivolando verso un’assurda guerra commerciale per colpa del nuovo presidente americano. La maggioranza dei cittadini europei ignora, per esempio, che l’Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) funziona come un gigantesco sussidio all’esportazione, quindi va ad aggiungersi ai dazi come strumento protezionista che distorce la concorrenza tra nazioni. Non a caso Trump prende di mira anche l’Iva europea, tra quelle misure che vuole contrastare e compensare con i suoi dazi. (Per adesso Trump ha incaricato il suo dicastero del Commercio di completare un’indagine conoscitiva, ad aprile deciderà il da farsi, cioè se varare dazi «di reciprocità» contro l’Europa).
L’Iva rientra nella categoria delle imposte indirette, perché non colpisce i redditi bensì si applica ai prodotti, e solo indirettamente viene pagata dai consumatori. L’Iva viene prelevata dal fisco ad ogni stadio di produzione/ trasformazione di un bene o di un servizio. Le aliquote variano da un Paese all’altro e a seconda delle categorie di prodotti. L’incidenza media è stata calcolata al 20% nell’Unione europea. Ma – come sa chiunque abbia visto le code dei turisti americani o cinesi negli aeroporti europei per farsi rimborsare l’Iva sulle borse di Hermès e Gucci – l’Iva viene restituita se un bene è destinato a uscire dalle frontiere dell’Unione europea. Il rimborso che i turisti extra-comunitari incassano quando lasciano il territorio UE per tornare nei rispettivi paesi, è solo una minuscola frazione di un fenomeno molto più vasto: le imprese europee che esportano fuori dall’Unione hanno il diritto di ricevere dal fisco la restituzione dall’Iva. Questo equivale a uno sconto sulle loro merci esportate, che può raggiungere il valore del 20%. Un aiuto all’export.
In America non abbiamo l’Iva. Esiste una «sales tax», tassa finale sulle vendite al consumo, che varia da Stato a Stato (potete verificare l’aliquota negli scontrini dei negozi, quando fate la spesa qui). Anche questa non colpisce le esportazioni. Però la «sales tax» americana è molto più bassa dell’Iva europea, in media l’aliquota è del 6,6%. Questo è un altro caso in cui Trump viene accusato di protezionismo… da chi lo pratica da sempre, in proporzioni maggiori. L’America in passato s’interrogò sull’opportunità di adottare un’Iva, ma perfino un presidente democratico come Bill Clinton fu contrario, per non aumentare la pressione fiscale. La Cina invece ha adottato l’Iva seguendo il modello europeo.
L’effetto dell’Iva come sussidio all’export va ad aggiungersi alla questione dei dazi: anche su questi, che sono tasse doganali, l’America è uno dei paesi meno protezionisti al mondo. L’ultima stima dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) valuta i dazi medi americani al 2,2% pur dopo gli aumenti di Trump nel 2018 e di Biden nel 2021; sono la metà di quelli europei e un quarto di quelli cinesi. Un esempio specifico, nel settore dell’auto, indica un divario ancora maggiore: l’Europa punisce le importazioni di vetture Usa con un dazio del 10% mentre il reciproco, cioè il dazio Usa sulle auto europee importate, è del 2,5%.
Questi dati dovrebbero spingere a ridurre il baccano che incolpa Trump di trascinare il mondo verso un’Apocalisse economica scatenata dalle guerre commerciali. I Paesi che sono presi di mira, e l’UE nel suo insieme, hanno un potente strumento per contrastare i nuovi dazi di Trump: mettere sul tavolo del negoziato transatlantico delle concrete proposte per ridurre le loro barriere. I margini ci sono, per offrire contropartite sostanziose a Trump, visto il livello di protezionismo da cui parte l’Europa.
A questo si aggiunge un tema ancora più generale sollevato da Draghi – nel suo Rapporto, prima ancora che nell’editoriale sul Financial Times. L’Europa soffre di una crescita debole e asfittica da decenni. L’America è diventata da molto tempo la sua locomotiva trainante, con un mercato aperto che assorbe i prodotti del made in Germany e del made in Italy. Se l’UE vuol essere meno dipendente dagli Stati Uniti, deve affrontare le ragioni strutturali della sua stagnazione. E molto spesso le terapie necessarie consistono nel rendere l’Europa un po’ più simile all’America. In questo contesto la demonizzazione di Trump rischia di diventare un ulteriore diversivo, che distoglie l’attenzione dai problemi veri, inventa un capro espiatorio, e fornisce all’Europa nuovi alibi perché tutto rimanga come prima.
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dal Corriere della sera
15 febbraio 2025
Draghi dà la scossa all’Europa:
«Serve un cambiamento radicale,
ci siamo imposti i dazi da soli»
di Redazione Esteri online
L’ex presidente della Bce sprona i membri dell’Unione, in un commento sul Financial Times, a prendere in mano la situazione e uscire dall’impasse in cui si trovano
Fra crescita anemica e minacce dei dazi Usa «le ultime settimane hanno fornito un duro promemoria sulle vulnerabilità dell’Europa» considerando «la dipendenza dalla domanda estera». Comincia così il commento dell’ex premier italiano e presidente della Bce Mario Draghi pubblicato oggi sul Financial Times intitolato: «L’Europa ha posto con successo i dazi su se stessa».
«L’eurozona – scrive Draghi – è cresciuta a malapena alla fine dell’anno scorso, sottolineando la fragilità della ripresa interna. E gli Stati Uniti hanno iniziato a imporre tariffe sui loro principali partner commerciali, con l’Ue prossima nel mirino. Questa prospettiva getta ulteriore incertezza sulla crescita europea data la dipendenza dell’economia dalla domanda estera».
L’ex premier italiano sostiene che solo un cambiamento radicale può portare l’Ue fuori da questa situazione difficile in cui si è cacciata sostanzialmente per due motivi: «Il primo è la lunga incapacità dell’UE di affrontare i suoi vincoli di fornitura, in particolare le sue elevate barriere interne e gli ostacoli normativi. Il FMI stima che le barriere interne dell’Europa equivalgano a una tariffa del 45 per cento per la produzione e del 110 percento per i servizi».
Draghi, e questo è il secondo fattore, lamenta come le normative Ue abbiano «ostacolato la crescita delle aziende tecnologiche europee impedendo all’economia di liberare grandi benefici in termini di produttività». Un esempio, sono «i costi per conformarsi al GDPR che si stima abbiano ridotto i profitti delle piccole aziende tecnologiche europee fino al 12 per cento». L’ «incapacità di ridurre le barriere interne ha anche contribuito» a una dipendenza dell’Europa dal commercio che oggi in termini di Pil pesa il 55% nella zona euro, mentre in Cina è al 37 per cento e negli Stati Uniti solo al 25 per cento.
Sono regole che, ricorda Draghi, sono state progettate «per proteggere i cittadini dai rischi delle nuove tecnologie. Le barriere interne sono un retaggio di tempi in cui lo stato nazionale era la cornice naturale per l’azione. Ma ora è chiaro che agire in questo modo non ha portato né benessere agli europei, né finanze pubbliche sane, né tantomeno autonomia nazionale, che è minacciata dalle pressioni dall’estero. Ecco perché è necessario un cambiamento radicale».
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da www.repubblica.it
18 FEBBRAIO 2025
Draghi: “Serve debito comune”.
Allarme sull’Ucraina: “Presto resteremo soli
a garantire sicurezza”
a cura della redazione Economia
L’ex premier al Parlamento europeo: “Risposta Ue sia rapida e su vasta scala. Europa deve agire come unico stato”
MILANO – “Se le recenti dichiarazioni delineano il nostro futuro, possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa”. È l’allarme lanciato dall’ex presidente della Bce ed ex premier, Mario Draghi, nel suo discorso al Parlamento europeo per la settimana parlamentare 2025. Un discorso, quello di Draghi, fortemente incentrato sull’economia e sul suo rapporto sulla Competitività e in cui è tornato a sottolineare l’importanza di una mutualizzazione del debito europeo per sostenere le sfide economiche dell’Unione: “Una questione sollevata da molti di voi è stata il finanziamento. Una premessa: la cifra di 750-800 miliardi di euro di investimenti necessari”, ha detto ricordando la spesa necessaria per realizzare il suo piano. “Come ho detto prima, si tratta di una stima prudente. In realtà, potrebbe essere ancora più alta se consideriamo che non include investimenti per la mitigazione del cambiamento climatico e altri obiettivi importanti. Ma questa cifra è stata stimata sulla base della situazione attuale e, in questo caso, è necessario emettere titoli di debito”.
“Risposta Ue sia rapida e su vasta scala. Agire come unico stato”
Al nuovo contesto attorno all’Ue “la risposta deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce. Deve essere commisurata all’entità delle sfide. E deve essere focalizzata sui settori che guideranno l’ulteriore crescita. Velocità, scala e intensità saranno essenzial”, ha detto Draghi. “Dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull’equity”, ha sottolineato l’ex premier. “Per far fronte alle sfide” dell’Ue, “è sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre più come se fossimo un unico Stato. La complessità della risposta politica che coinvolge la ricerca, l’industria, il commercio e la finanza richiederà un grado di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo”.
“Con dazi Usa Cina indirizzerà produzione in eccesso verso l’Europa”
L’ex presidente del Consiglio si è soffermato anche sulle incognite generate dalla nuova politica commerciale americana in tema di dazi. “Quando è stato redatto il rapporto, il tema geopolitico principale era l’ascesa della Cina. Ora, nei prossimi mesi l’Ue dovrà affrontare i dazi imposti dalla nuova amministrazione statunitense, ostacolando l’accesso al nostro principale mercato di esportazione. Inoltre, l’aumento dei dazi statunitensi sulla Cina reindirizzerà l’eccesso di capacità produttiva cinese in Europa, colpendo ulteriormente le imprese europee. In effetti, le grandi aziende dell’Ue sono più preoccupate di questo effetto che della perdita di accesso al mercato statunitense.”, ha detto Draghi.
“Potremmo anche trovarci di fronte a politiche ideate per attirare le aziende europee a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione. L’espansione della capacità industriale negli Stati Uniti è una parte fondamentale del piano del governo per garantire che le tariffe non siano inflazionistiche”, ha ggiunto ancora Draghi.
Draghi rimprovera i Paesi Ue:
“Dite di no a tutto, fate qualcosa”
qui
È un Mario Draghi molto diretto e risoluto quello che si è presentato oggi davanti ai Parlamenti europei. L’ex premier ha puntato il dito contro la scarsa reattività dei Paesi Ue: “Diite no al debito comune, dite no al mercato unico, dite no alla creazione dell’unità del mercato dei capitali. Non potete dire di no a tutto. Altrimenti dovete anche ammettere ed essere coerenti che non siete in grado di mantenere i valori fondamentali per cui questa Unione è stata creata. Quindi quando mi chiedete ‘cosa è meglio fare ora’, vi dico che non ne ho idea. Ma fate qualcosa”
unioneeuropea 18/02/2025
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