di don Giorgio De Capitani
Oramai le parole non ci sono più: anche loro si sono stancate di ripetere le solite cose, e vorrebbero sentirsi ancora utili…
Con tutta la mia buona volontà, non riuscirei a tirar fuori una parola, una sola parola che possa scuotere qualche voce, almeno una sola voce di un popolo, quello ambrosiano, che sembra assistere al collasso di una diocesi, come chi, davanti ad un pericolo, lo scansa, e se ne va per la sua strada. Come il sacerdote o il levita della parabola del buon samaritano.
Qui non si tratta di un pericolo qualunque (anche in questo caso, sarebbe già grave!), ma della propria casa, finita nelle mani di un pastore sbagliato.
Casa!
Ma c’è forse un prete o un credente ambrosiano che si senta figlio della propria diocesi, che, prendetela come volete, è pur sempre un inestimabile patrimonio, non solo storico, ma di fede e di testimonianza, le vere colonne che sostengono il Tempio di Dio?
La Diocesi, come tempio di Dio! E perché no?
Meglio che mi fermi. Sognando o idealizzando troppo, rischierei di dare ancor più violenza alle mie rabbie e alle mie provocazioni, di fronte ad una situazione sempre più drammatica. In fiamme non è solo una Cattedrale, ma l’intera Diocesi!
Se almeno la Diocesi fosse solo un centro di informazioni e di norme liturgiche, di proposte e di iniziative pastorali o culinarie, potremmo anche fregarcene, e dire: “Ci va bene così!”.
Ma se ancora crediamo che la Diocesi sia anche solo una specie di Santuario antico, a cui la gente correva per dissetarsi alla fonte della saggezza oracolare, allora non ci basta più dire: “Ci va bene così!”.
Dovremmo sentirci perdutamente orfani, privi di un Dio che parla nel profondo del nostro essere.
Sì, siamo orfani! Ma ci va bene così, tanto siamo figli di nessuno!
Ma i preti ambrosiani sanno di essere figli di nessuno?
Forse sarebbe meglio non avere più un unico pastore, ma vivere tutti uniti come fratelli, che democraticamente si scelgono quando occorre un profeta, magari il più umile parroco di campagna, a cui affidare le proprie speranze.
Ma di quali speranze il popolo ambrosiano oggi vive?
Ecco, non chiediamo troppo al vescovo che c’è: che faccia almeno il segno della croce in modo dignitoso.
Quando ho visto il suo gesto, all’inizio della Messa, mi sono ricordato delle parole stupende con cui Romano Guardini spiega il segno della croce. Eccole:
Quando fai il segno della croce, fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce cosa debba significare. No, un segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l’animo tuo, mentre esso si dispiega dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Allora tu lo senti: ti avvolge tutto, ti consacra, ti santifica. Perché? Perché è il segno della totalità ed il segno della redenzione. Sulla croce nostro Signore ci ha redenti tutti. Mediante la croce egli santifica l’uomo nella sua totalità, fin nelle ultime fibre del suo essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, affinché esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine; concentri in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la preghiera, affinché rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nella tentazione, perché ci irrobustisca. Nel pericolo, perché ci protegga. Nell’atto di benedizione, perché la pienezza della vita divina penetri nell’anima e vi renda feconda e consacri ogni cosa. Pensa quanto spesso fai il segno della croce, il segno più santo che ci sia! Fallo bene: lento, ampio, consapevole. Allora esso abbraccia tutto il tuo essere, corpo e anima, pensieri e volontà, senso e sentimento, agire e patire, tutto viene irrobustito, segnato, consacrato nella forza del Cristo, nel nome del Dio uno e Trino. (da “ I santi segni”)
Delpini ha fatto uno sgorbio di segno di croce, e poi vorrebbe insegnarcene il valore? Ha detto nell’omelia: «Forse potremmo imparare e insegnare a fare il segno della croce!».
Oramai è finita. Non c’è più speranza.
Non è più capace nemmeno di fare un bel segno di croce!
Se vuoi ascoltare l’omelia, eccoti servito!
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