Omelie 2021 di don Giorgio: TERZA DI PASQUA

18 aprile 2021: TERZA DI PASQUA
At 16,22-34; Col 1,24-29; Gv 14,1-11a
Via o strada
Ci sono parole, il cui fascino non solo crea in noi qualche emozione, ma ci aiuta a cogliere il senso del nostro vivere. Una di queste è la parola “via”, o strada. E la parola “via” richiama necessariamente un’altra, ovvero “cammino”.
Se non possiamo dire che di per sé noi siamo la via, possiamo però dire che siamo un cammino.
Nel brano di Giovanni di oggi, Gesù dice chiaramente: «Io sono la via, la verità e la vita». Lui per eccellenza è la Via, l’unica Via, e noi siamo un cammino: camminiamo sulla Via che è Gesù.
Se vi dovessi dire che la migliore definizione di un cristiano è: “colui che segue Gesù come via”, ovvero è un seguace della Via, e vi dovessi dire che lo stesso Cristianesimo è la Via di Cristo, magari qualcuno di voi potrebbe pensare se questo non sia un modo poco ortodosso di indicare il credente e lo stesso Cristianesimo.
Seguaci della Via
Nel libro “Atti degli apostoli”, scritto da Luca, autore del terzo Vangelo (per inciso, un libro importantissimo, da leggere, se vogliamo conoscere gli inizi della storia del Cristianesimo, e tra l’altro in questo periodo pasquale la liturgia prende il primo brano proprio dagli Atti degli apostoli), ebbene, in questo libro troviamo un termine caratteristico, quasi tecnico, per indicare il Cristianesimo, ed è “odòs”, che significa appunto “via”. E pensare che la Chiesa fino a pochi anni fa traduceva “odos” con “dottrina”, falsificando così la natura del Cristianesimo. In greco per indicare dottrina c’è un altro termine, non è “odòs”, che significa “via”.
È chiaro che il Cristianesimo è anche una dottrina, un messaggio, ma la parola “via” indica chiaramente che questa dottrina non è qualcosa di statico, immobile, di fisso, di già ben strutturato, e tanto meno è un dogma, ovvero una verità indiscutibile.
Si tratta di un cammino, e perciò il Cristianesimo è sempre alla ricerca della Verità, che è infinita, perciò sempre da approfondire.
Questo è il Bello del Cristianesimo: una ininterrotta ricerca del Mistero di Dio. È chiaro che è un Mistero, ma questo non significa che dobbiamo blindarlo con schemi che non permettono un cammino di ricerca della verità.
E ancora attenzione! La Chiesa ha tradotto bene la parola ”odòs” con “via”. Ma il cammino lo intende in senso morale, come se il credente dovesse comportarsi in un certo modo, secondo le indicazioni morali della religione.
Quando si cammina, si prende una strada o un sentiero, su cui ci sono dei paletti a indicare la meta. Sono importanti questi paletti, ma c’è il rischio che tolgano il fascino di una avventura che impegna il nostro intelletto e la nostra creatività.
Vedete: quando penso ai santi solitamente penso a modelli di vita che la gerarchia ecclesiastica propone come cartelli indicatori. Sì, modelli di vita, così la Chiesa ce li propone, come se questi santi nella loro esistenza avessero incarnato il fior fiore delle virtù morali. Pensate a certe biografie di santi e sante, vere esaltazioni di virtù oltre il limite dell’essere umano.
E queste esaltazioni di virtù nei santi servono a eccitare la fantasia popolare, e la gente poi riduce il tal santo o la tal santa a qualcosa di taumaturgico.
Il santo non è più un modello di vita, anche perché, proprio per l’esaltazione delle sue virtù, diventa impossibile da imitare, e così lo si riduce a un distributore quasi automatico di grazie solitamente che riguardano la carnalità. Si schiaccia un bottone, si accende una candela, si fa una novena, e si pretende che il santo conceda la grazia richiesta.
E pensate poi ai profeti, su cui la Chiesa istituzionale riesce sempre, prima o poi, a metterci sopra un cappello di ortodossia, reprimendo così la creatività tipica della profezia.
La bellezza o il fascino del profeta è che egli parla in nome di Dio, e non in nome di una religione istituzionale.
Ogni profeta è un dissidente per natura: dissente da ogni struttura vincolante.
Il profeta parla in nome di Dio, ma di quale Dio? Di quel Dio misterioso, che si rivela nell’interno del nostro essere.
Ogni vero profeta indica la Via di Dio, o, meglio, indica il Mistero divino che è la Via che porta nel profondo di quel Pozzo, in cui più si scende più si incontra la Verità, che è Grazia dissetante.
Qui il discorso si apre, con una domanda: che cos’è la Verità?
La Chiesa intende la Verità come una dottrina, dimenticando che la Verità è l’Infinito divino.
La Verità è Dio nel suo profondo Mistero di Luce, e dalla Luce ha origine la Vita. Tornano le parole con cui Gesù definisce se stesso: “Io sono la via, la verità e la vita”.
Sembrerebbe qualcosa di paradossale accostare la Luce al Mistero divino. Eppure, in Dio tutto è paradossale.
Mistero di Luce! Come la Luce può essere un Mistero?
La cosa che più mi irrita è quel voler ridurre Dio a qualcosa di banale, di logico. Certo Dio è essenzialità assoluta, realtà semplicissima, ma la semplicità divina richiede una fede così purissima da spingermi oltre ogni schema, oltre ogni rigidità di pensiero: la fede, quella purissima, mi avvicina al Mistero divino, mi immerge nel Mistero della Luce senza che io ponga tanti perché: Dio, nella sua essenza, nella sua Grazia (o Gratuità) è senza perché.
Il credente, dunque, cammina sulla Via è che il Cristo, senza farsi tante domande, sciogliendo ogni dubbio nel Pozzo divino.
E poi si ha il coraggio o la spudoratezza di dire che la fede cristiana non abbia un fascino del tutto esaltante?
Certo, se la fede viene ridotta a un insieme di credenze, di riti, allora sì che il fascino viene meno.
Ma pensate alla bellezza di un Mistero, quello divino, che ogni giorno mi chiede fede purissima, perché il Logos divino si rigeneri nel mio essere.
Dunque, Via, Verità e Vita, ed ecco il Mistero del Cristo risorto.
E noi siamo ancora qui ad accostarci a qualcosa di carnale di un Cristo carnale?

1 Commento

  1. Luigi Sirtori ha detto:

    Solo con una fede sincera e genuina si può essere seguaci di Cristo, accoglierne la verità e la vita? In due parole: essere cristiano? Credo: sì. Allora non solo i preti, i frati, le suore, i monaci …, ma tutti possono diventare discepoli, ovvero seguaci della Via. C’è un rischio: quello di sostituire il proprio io a Dio. Come? Quello di sostituire ego eimì (Io sono) in greco con sono io traslitterato in italiano. Il Cristo divino eterno con il Cristo umano del tempo o storico. Quello che don Giorgio evidenzia: l’Io sono dello Spirito (il roveto ardente che non si consuma o passione eterna) con il sono io carnale che lo sostituisce (passionalità carnale). La passione eterna non solo salva e libera dai poteri terreni, ma redime creando un spirito nuovo, libero. La via di Cristo è il cammino verso la salvezza che porta alla liberazione e alla redenzione mediante una fede cristallina e pura che troviamo nel beati i puri di cuore che già vedono Dio, che è vangelo (Bella e Buona Notizia). Occorre liberare la mente dalle immagini false di Dio e dai tentativi di sostituire Dio (Io sono) con il proprio io (sono io). Qui c’è un rischio che è una beatitudine, quella di essere perseguitati da tutti professionisti delle mediazioni tra Dio/Cristo e l’uomo, tra l’umano e il divino. Non scoraggiamoci se sulla Via incontreremo non solo gioie, ma anche tribolazioni. Cristo ha vinto la morte. E’ meglio essere una rosa che emana profumo senza un perchè con le sue spine, che essere un corpo cadaverico oggetto di devozione.

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