Varsavia – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso delle dichiarazioni alla stampa, oggi 17 aprile 2023.
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio Stampa per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
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Dichiarazioni alla stampa
del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
in occasione della Visita di Stato
nella Repubblica di Polonia
Varsavia, 17/04/2023 (II mandato)
Ringrazio molto il Presidente Duda per l’accoglienza così amichevole che mi riserva, insieme alla delegazione che mi accompagna. Ed è per me molto importante questa visita per ribadire, insieme, l’amicizia tra Polonia e Italia, la simpatia che lega i nostri popoli da sempre e la grande collaborazione che vi è.
Come il Presidente Duda ha ricordato, abbiamo una collaborazione economica importante; l’interscambio dell’anno passato è stato in crescita, speriamo che cresca ulteriormente e che si sviluppi sempre di più la collaborazione fra le nostre aziende.
Abbiamo una collaborazione di grande importanza anche sul piano culturale, come ha ricordato il Presidente, tradizionale. Uno scambio culturale che è nato tanto tempo addietro e che vede in Italia un grande interesse per la cultura polacca.
Quest’anno sarà celebrato in Italia il centenario della nascita di Maria Wisława Anna Szymborska, la poetessa che ha conquistato il Premio Nobel. Vi sono diverse iniziative in Italia per ricordarla.
Sono lieto di andare dopodomani alla grande Università Jagellonica e di andare a Cracovia – la città del Presidente – per ribadire, anche lì, la grande amicizia che lega i nostri Paesi.
Naturalmente è un’amicizia che è stata consacrata a Montecassino. Non dimentichiamo il contributo per la nostra libertà che i giovani polacchi hanno offerto in quella battaglia importante per l’esito della Seconda Guerra Mondiale in Italia. È stato per me non soltanto un piacere, ma un onore essere presente quattro anni fa con il Presidente Duda a Montecassino al cimitero. E lo sarà anche l’anno venturo.
Naturalmente, in questo momento, su tutti questi aspetti di grande collaborazione, importante, – che continuiamo a curare – è preminente l’interesse e l’attenzione al settore della sicurezza, per quel che sta avvenendo, con la brutale aggressione della Federazione russa all’Ucraina. Con un’esigenza di sostegno all’Ucraina in cui abbiamo registrato una piena sintonia nei colloqui di poc’anzi.
Sintonia piena che significa sostegno all’Ucraina finché è necessario, finché occorre, sotto ogni profilo: di forniture militari, finanziario, umanitario, per la ricostruzione del Paese, con una convinzione che questo riguardi non soltanto l’Ucraina, e non soltanto i Paesi vicino all’Ucraina come la Polonia, ma riguardi tutti i Paesi che si richiamano alla libertà delle persone e dei popoli.
Perché questo è quello che è in questione ed è messo in pericolo dall’aggressione russa.
Come ha detto bene il Presidente Duda, se l’Ucraina fosse lasciata alla mercé di questa aggressione, altre ne seguirebbero. E la connessione mondiale precipiterebbe.
Ma l’Ucraina ha diritto alla solidarietà, e noi la garantiamo in pieno finché è necessario, sotto ogni profilo. Anche perché siamo tutti quanti, come è ben noto a tutti noi, inorriditi da alcuni comportamenti disumani che, nella guerra, vengono utilizzati da parte delle Forze armate russe, colpendo bersagli di infrastrutture civili, colpendo luoghi di abitazioni civili, in maniera da rendere ancor più crudele l’aggressione in corso. Tutto questo ha richiesto, naturalmente – ed è un dato molto importante – una grande coesione di tanti Paesi intorno all’Ucraina.
I Paesi europei stanno svolgendo nell’Alleanza atlantica una grande opera di sostegno sotto ogni profilo. E siamo lieti che quest’anno abbia visto l’ingresso nella NATO della Finlandia. E ci auguriamo che possa giungere presto l’ingresso effettivo della Svezia.
La compattezza dell’Alleanza è un dato importante, così come lo è stato parallelamente alla compattezza dell’Unione europea che esprime, in tutti i modi, sostegno all’Ucraina, impegnandosi attivamente e concretamente.
In questo vi sono state adesioni alle sanzioni nei confronti della Russia indispensabili per far comprendere la gravità del comportamento di quanto avvenuto; così come è importante che l’Unione europea abbia manifestato che vede in questa vicenda, in questa brutale e inaccettabile aggressione alla libertà, all’indipendenza, all’integrità territoriale dell’Ucraina, in gioco i suoi valori di fondazione.
Così come l’Alleanza atlantica, l’Unione europea è nata per difendere la libertà delle persone e dei popoli, per difendere la democrazia, per difendere lo Stato di diritto. Tutto questo è in gioco in questo momento. E per questo l’Unione europea è in gioco sul fronte ucraino, come lo è l’Alleanza atlantica. E questa coesione dei Paesi dell’Alleanza e dell’Unione europea è particolarmente importante da preservare in ogni passaggio, anche in avvenire.
Abbiamo parlato, con il Presidente – come ha cortesemente ricordato – anche delle migrazioni: fenomeno che la Polonia conosce bene, non soltanto per la grande ospitalità che è generosamente offerta a milioni di profughi ucraini – e questo è oggetto di ammirazione da parte dell’Italia – ma anche per quello che è avvenuto, ai confini con la Bielorussia, di introduzioni clandestine di immigrati.
Tutto questo richiede – come noi sappiamo bene in Italia, per la grande affluenza, in crescita dai Paesi africani, e non soltanto da quelli africani ma anche da Paesi asiatici – che venga affrontato il problema dall’Unione europea come problema dell’Unione.
Nessuno Stato, da solo, può affrontare un problema così epocale. Ma l’Unione europea può farlo con un’azione coordinata e ben organizzata. E questo è un tema che richiama alla responsabilità dell’Unione, e richiama a una nuova politica di immigrazione e di asilo dentro l’Unione, superando vecchie regole che sono ormai della preistoria.
Tutto questo richiama anche al rapporto che vi è con il Continente africano, come il Presidente Duda ha cortesemente ricordato.
È un rapporto importante, in cui si stanno esercitando pressioni e iniziative destabilizzanti.
Quanto avviene in queste ore in Sudan è allarmante. L’azione della Wagner in tanti Paesi africani richiama a grande allarme la NATO e l’Unione europea.
Questo richiede un’azione dell’Unione europea attiva, protagonista, che si impegni fortemente su questi fronti.
Tutto questo richiama anche – e vorrei concludere su questo per sottolineare l’importanza di quanto ha detto il Presidente Duda – alla configurazione dell’Unione europea, al suo allargamento.
L’anno passato l’Unione ha adottato la storica decisione di assegnare lo status di candidato all’ingresso nell’Unione all’Ucraina e alla Moldova. È stata una scelta storicamente importante, anche nel senso della storia, che va coltivata fino alla sua concreta realizzazione.
Naturalmente questo riguarda anche i Paesi dei Balcani occidentali. Come ha detto il Presidente Duda, abbiamo registrato pieno consenso e sintonia anche su questo. Paesi che da tempo sono in lista d’attesa per entrare nell’Unione stanno facendo sforzi importanti per farlo. E occorre accelerare quel processo di adesione per creare una compattezza reale di libertà e di valori comuni in Europa che contrasti questa nuova offensiva antistorica cui stiamo assistendo in questo periodo.
Per tutto questo ringrazio il Presidente Duda, per i colloqui che abbiamo avuto, per la sintonia registrata e per l’ospitalità così affettuosa che ci riserva.
Grazie Presidente, con molta amicizia.
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17 Aprile 2023
Basta Dublinanti.
Mattarella striglia la Ue
per bacchettare sovranisti e Meloni
di Angela Mauro
Il presidente chiede di superare le norme europee “preistoriche” sull’immigrazione. Lo fa, non a caso, a Varsavia, in casa dei più fieri avversari della riforma del regolamento di Dublino. Polacchi che, non a caso, sono i migliori alleati della premier italiana. E lo fa proprio nel giorno, non a caso, in cui il Ppe Weber rilancia l’Europa dei muri e rinsalda l’asse con Giorgia
Quanto sta accadendo sul fronte dei flussi migratori, con la grande affluenza che si registra non solo in Italia, “richiede che il problema venga affrontato insieme, come problema dell’Unione europea perché l’Ue può farlo con un’azione coordinata. Serve una nuova politica di asilo superando vecchie regole che sono ormai preistoria”. Da Varsavia, tappa di un tour europeo che si concluderà il 25 aprile nel cuneese, Sergio Mattarella chiede la riforma del regolamento di Dublino e regole più adatte a gestire i flussi migratori per come sono attualmente. Il capo dello Stato, che nei prossimi giorni si ritroverà a dover esaminare la nuova stretta sulla protezione speciale sulla quale però non dovrebbe sollevare questioni, lo chiede all’Europa, ma il suo non è un richiamo generalista. Mattarella parla agli Stati membri, che insieme regolano le politiche di Bruxelles. E si rivolge in particolare a quelli a guida sovranista, che in questi anni hanno sempre bloccato la discussione per un nuovo sistema di regole basato sul concetto che chi mette piede in Italia, Spagna o Grecia, arriva in Europa e non solo in uno Stato nazionale. Non solo. Mattarella lo dice in un paese a guida sovranista: la Polonia governata dal Pis, il partito di Mateusz Morawiecki, primo alleato di Giorgia Meloni in Europa. C’era anche la Lega tra le forze politiche con responsabilità di governo che, nel corso di questa legislatura europea nata nel 2019, hanno bloccato la riforma del regolamento di Dublino disertando le riunioni sul tema a Bruxelles come a Strasburgo. Quanto a Meloni, la premier ha sempre sottolineato che la riforma del regolamento di Dublino “non è una soluzione per l’Italia”.
Intanto oggi a Strasburgo passa la proposta avanzata da socialisti, liberali, Verdi e sinistra di avere un dibattito in aula con rappresentanti del Consiglio e della Commissione sulla “necessità di solidarietà europea e di salvare vite umane nel Mediterraneo, in particolare in Italia”. Sarà il quarto punto all’ordine del giorno della plenaria di domani. Bocciata la proposta del Ppe che si limitava a chiedere “solidarietà” senza l’espressione “salvare vite”.
Per tornare a Mattarella, il richiamo del capo dello Stato vale anche per i sovranisti di ‘casa nostra’, si apprende da fonti qualificate. Mattarella parla dopo un colloquio con il presidente polacco Andrzej Duda, che non ribadisce lo stesso appello, ma si complimenta con l’Italia per il “grandissimo sforzo per fronteggiare le migrazioni dall’Africa settentrionale”. Duda fa un paragone con la situazione in Polonia, dove, dice, “abbiamo il problema della migrazione per opera del regime bielorusso” che “è diventata una specie di attacco ibrido sul territorio. Quindi, noi aspettiamo un sostegno maggiore per i Paesi che devono affrontare le immigrazioni illegali e iniziative più decise da parte dell’Unione europea, vorremmo sentire di più questo sostegno”.
Ma il capo dello Stato va oltre rispetto al collega polacco, con cui si trova d’accordo sul sostegno a Kiev nella guerra avviata da Putin. Proprio nel giorno in cui il capo del Ppe Manfred Weber dà un’intervista al Corriere della Sera per complimentarsi ancora con Giorgia Meloni e rilanciare l’idea di un’Europa fatta di “muri” contro i migranti, Mattarella sterza in direzione opposta. Se il tedesco Weber, bavarese dell’Unione Cristiano Sociale, pianta paletti per un’alleanza strutturale con i Conservatori e riformisti di Meloni e Morawiecki per le europee del 2024, le parole del capo dello Stato sembrano invece più affini all’altra opzione in campo per la prossima legislatura europea: quella tentata dalla Cdu, il partito di Angela Merkel, ora guidato da Friedrich Merz, alleato della Csu di Weber, ma in disaccordo sull’idea di allearsi con Meloni.
L’idea di Weber e della premier italiana è di candidare la nazionalista maltese Roberta Metsola alla presidenza della Commissione europea. Quella di Merz è di puntare ancora su Ursula von der Leyen: “Ha il nostro sostegno in caso di corrispondente disponibilità”, ha detto proprio oggi il leader della Cdu dopo aver incontrato la presidente della Commissione a Berlino. Quanto alla diretta interessata, il cui nome è in ballo anche per la successione a Jens Stoltenberg al timone della Nato, dice che ancora non ha deciso: “Per me è molto importante mostrare unità e forza nell’Unione europea in questi tempi critici. Non è il momento giusto per rispondere alla domanda su un prossimo mandato”.
Sono due idee di Europa che si scontrano in vista delle europee dell’anno prossimo, così diverse da riuscire a spaccare anche l’alleanza storica della Cdu con la Csu, alleanza che sotto Merkel ha governato la Germania per oltre tre lustri. Il richiamo di Mattarella arriva in questa cornice. E suona forte per chi in questi ultimi anni ha sempre bloccato l’idea di riformare il regolamento di Dublino, impegno di von der Leyen quando fu nominata alla presidenza della Commissione. Promessa evidentemente mancata, visto che l’Ue non riesce nemmeno ad approvare il nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo presentato a Bruxelles tre anni fa, sull’onda emotiva dell’incendio che a settembre 2020 ha distrutto il campo di accoglienza più grande d’Europa a Lesbo.
Ma è storia il fatto che i partiti della destra sovranista ora al governo anche in Italia abbiano disertato tutte le riunioni europee che discutevano della riforma delle norme che obbligano i paesi di primo approdo ad esaminare le domande d’asilo di chi arriva. Lo ha fatto la Lega, quando era al governo. Quanto a Meloni, la premier non ha mai inquadrato la riforma del regolamento di Dublino come una priorità nella sua agenda. Perché le creerebbe problemi con gli alleati nazionalisti. “Il regolamento si riferisce a chi ha ragionevolmente la possibilità di avere una protezione internazionale e questa percentuale di migranti da noi è una minoranza”, sono le parole di Meloni nell’informativa al Parlamento in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo. Dunque, la riforma “non è una soluzione per l’Italia”.
Mattarella invece insiste sul fatto che l’Unione ha “la responsabilità di una nuova politica dell’immigrazione e dell’asilo”. Non sono parole in contraddizione con il piano Mattei per l’Africa, lanciato e rilanciato dalla premier. Ma il capo dello Stato si fa interprete di un richiamo con paletti ben piantati in un’idea di ‘Europa comunità’, che si faccia carico dell’immigrazione anche agendo sulla solidarietà tra gli Stati e negli Stati. Nei prossimi giorni il presidente della Repubblica dovrà esaminare la nuova stretta sulla protezione speciale per i migranti, disposta dalla maggioranza in Italia, misura che insieme alla dichiarazione dello Stato di emergenza porta Weber a complimentarsi con Meloni. Non sembra che il presidente della Repubblica porrà questioni. Nel 2018, quando il governo Lega-M5s eliminò la protezione umanitaria, Mattarella ricordò che bisognava rispettare la Costituzione e il diritto internazionale. Le parole di oggi sembrano riecheggiare l’approccio adottato cinque anni fa. Domani visita ad Auschwitz, per un’altra tappa in vista del 25 aprile.
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17 Aprile 2023
Mattarella dice quello che non dice Meloni
(e dovrebbe dire)
di Alessandro De Angelis
Le parole di verità del presidente sulle responsabilità europee sui migranti sono l’opposto dei finti trionfi sbandierati per mesi dalla premier. E disvelano il fallimento strategico che il governo prova a coprire con misure di propaganda a favore di curva
Il protagonista: Sergio Mattarella, l’equilibrio fatto persona, l’incarnazione vivente della Costituzione, il sommo Pontefice dell’europeismo. Le parole: “L’Ue superi norme preistoriche. Serve una nuova politica di asilo”. Il luogo: Varsavia, cuore pulsante dell’Europa di Visegrad, sovranista e anti-migranti. Quella dei muri, per intenderci, evocati in un’intervista al Corriere anche dal presidente del Ppe, Manfred Weber, che sogna, nelle urne delle Europee, un ribaltamento dei rapporti di forza che porti a un’alleanza del Ppe con i Conservatori di Giorgia Meloni, squadernando così il vero valore politico del voto del prossimo anno.
E ora, premendo il tasto rewind, fermiamo l’immagine su Giorgia Meloni, quando, al termine dello scorso Consiglio europeo si dichiara ampiamente soddisfatta dell’esito, pur essendo uscita a mani vuote (l’immigrazione fu inserita tra le “varie ed eventuali”). E a quello prima, quando parla di “risultato storico”, a proposito di una risoluzione scritta sull’acqua. Proprio colei che ha fatto della critica, anche a sproposito dell’Ue, la sua cifra, inspiegabilmente si allinea sul terreno dove l’Europa ha le sue maggiori colpe e nel momento in cui la situazione degli sbarchi inizia ad andare fuori controllo. Un po’ forse perché vittima del paradosso sovranista, dottrina che rappresenta il principale ostacolo ai problemi che pone, in quanto, essendo ognuno sovranista a casa sua, sono i vari Salvini e le varie Meloni europee a dire ai Salvini e Meloni e italiani “affari vostri”, a maggior ragione quando si ritrovano ad accogliere milioni di profughi ucraini. Un po’ perché – questo il calcolo tutto da verificare – spera che l’allineamento acritico sui migranti venga ricompensato da una benevolenza sul negoziato in corso sul Pnrr, e qui siamo sul terreno del wishful thinking.
Sia come sia, proprio il confronto posturale dei due fermi immagine è disvelatore della posta in gioco europea, che trova nei migranti il suo principale terreno di svolgimento, e al tempo stesso della via italiana, segnata, con l’aggravarsi dell’emergenza, dall’introduzione di un forte elemento di propagandistico per supplire a un deficit di strategia in Italia e in Europa. Sta accadendo questo: in assenza di un piano complessivo, da portare proprio in Europa anche con un certo vigore prima che la Commissione vada in ordinaria amministrazione perché, appunto, si vota – risorse per l’Africa come quelle stanziate sulla rotta balcanica, riforma dei trattati, meccanismi di relocation – il governo italiano sceglie di ammortizzare politicamente la situazione con norme bandiera, a favor di curva. Rinuncia cioè al “governo” – per incapacità, calcolo, assenza di strumenti – con l’unico obiettivo di non perdere fatturati elettorali, nell’ambito di una competizione tra i due soci della ditta.
Matteo Salvini, nell’assenza di governo, ritrova il ruolo che più gli è consono, anche senza il Viminale, supportato dai giornali di area che menano la grancassa dell’invasione e l’amarcord dei decreti sicurezza. E Giorgia Meloni, entrata nella dimensione dell’inseguimento in quanto esposta sul tema, per non subire Salvini si intesta la radicalizzazione (sempre pensando alle Europee). Guidandola: prima lo stato di emergenza, poi l’abolizione della protezione speciale. Misure che, come l’aumento delle pene per gli scafisti, non hanno effetti sul governo dei flussi, come evidente dai numeri degli sbarchi, ma creano un clima emergenziale: alimentano una pericolosa “strategia della tensione”, proprio perché amplificano l’emergenza senza risolverla, creando i presupposti per un indurimento progressivo. Se smantelli il sistema di integrazione, se non agisci sui rimpatri, se crei, abolendo la protezione speciale, un esercito di invisibili consegnandoli alla delinquenza nelle periferie, in quanto ciò che non esiste legalmente esiste comunque fisicamente, introduci un elemento di insicurezza nazionale. Nutri cioè l’emergenza con l’emergenza, la cui immagine icastica, a breve, saranno le tendopoli nei campi di calcio requisiti dal nuovo commissario, roba che neanche a Marrakech, in un quadro di conflitto istituzionale in cui, alla fine, il prezzo politico lo pagano i sindaci e i costi sociali dell’insicurezza i cittadini, cui offrire una campagna elettorale alla Trump in vista delle Europee.
Il circolo vizioso in atto non è un accidente, ma una scelta: il governo rifiuta il dialogo con le Regioni che, a loro volta, rifiutano di assumersi una responsabilità contribuendo a portare lo scontro dove lo vuole la destra, il che carica tutto sulle spalle dei sindaci, senza peraltro finanziamenti da parte dello Stato, e patatrac. La narrazione ha già assunto il carattere voluto dall’ultradestra che non è costretta a parlare del suo fallimento sugli arrivi, ma gioca sui comunisti che remano contro, gongolandosi nella ferocia securitaria che nel clima di scontro gli viene attribuita, e non l’incompetenza a gestire il fenomeno: “Noi, i gendarmi contro voi che volete l’invasione”. Dove porta tutto questo approccio rivolto al cuore di tenebra pur presente nel paese è difficilmente prevedibile. Ma è chiaro il piano inclinato che sta prendendo il problema.
….ma auguri in ritardo anche da parte mia!
Caro don Giorgio,
se wikipedia non mente oggi è il suo compleanno.
Tanti auguri!
E immensamente grazie per i suoi pensieri, le sue riflessioni e la tenacia con cui tiene vivo questo luogo e la coscienza della gente.
Una preghiera (per quel che son capace) di ringraziamento per il dono della sua vita spesa per avvicinare le genti al vero Dio.
Tanti auguri! Un caro saluto.
Simone
Grazie di cuore…