Nordio dov’è? Tutti fanno il ministro della Giustizia tranne lui

www.huffingtonpost.it
17 Novembre 2023

Nordio dov’è?

Tutti fanno il ministro della Giustizia

tranne lui

di Federica Olivo
Il pacchetto sicurezza è stato scritto da Meloni, Salvini, Piantedosi e dal suo “soprasegretario” meloniano Delmastro. Contiene tutto quello che lui ha sempre avversato, e in conferenza stampa non si fa vedere. I suoi progetti, abortiti o rinviati. Ma perché non si dimette? Per ora è barricato al ministero
E Nordio dov’è? All’indomani di un pacchetto sicurezza che è la summa del panpenalismo securitario – il contrario di ciò che il ministro ha sempre professato – se lo chiedono in molti. Se lo chiede l’opposizione, ma anche chi ha sempre ammirato il suo pensiero liberale e garantista oggi si si domanda: “Ma perché non si dimette?”. L’ex magistrato, per anni editorialista del Messaggero, fine intellettuale che aveva annunciato una rivoluzione in via Arenula, per ora non sembra intenzionato al passo indietro. Nelle prossime settimane ha in agenda una alcuni eventi istituzionali: il più importante è il plenum del Csm, il 30 novembre, con Mattarella. Nei mesi scorsi qualcuno lo dava come vicinissimo all’addio – “se non mi vogliono, posso tornare alle mie letture”, avrebbe detto a gennaio ai fedelissimi – ma non ci sono segnali evidenti di un ritorno in auge di questo pensiero.
Se un passo indietro formale non c’è, sicuramente c’è un passo indietro di fatto. Un’eclissi, progressiva e costante, che ha raggiunto l’apice in queste ultime 24 ore. Il governo ha approvato un pacchetto variegato di nuovi reati, inasprimenti di pene, rigidità varie ed eventuali. Tutto ciò che il Nordio pre-governo avrebbe osteggiato. Il ministro lo ha seguito da lontano, non figurando in prima fila tra i protagonisti della stesura del progetto. Non che sia stato estraneo del tutto – è pur sempre il ministro della Giustizia – ma non ha certamente giocato il ruolo che al Guardasigilli si chiede. Il pacchetto, ci viene raccontato da chi conosce il dossier, è passato principalmente per le mani di Palazzo Chigi e del Viminale. Per via Arenula se ne è occupato- avendo un ruolo di rilievo – il sottosegretario meloniano Andrea Delmastro. Sulla carta, meno di un vice ministro. Nei fatti qualcosa di più di un ministro ombra. Il “soprasegretario” – così lo chiamano nella sua Biella – ha seguito passo dopo passo la nascita di alcune delle norme importanti di questo pacchetto. E, come ha detto ieri ad HuffPost, rivendica “con orgoglio” quella che introduce il reato di rivolta in carcere, di cui conosce dettagli, genesi e conseguenze. Contrariamente all’entourage del ministro, decisamente poco preparato sul punto.
Dal ministero non è uscita una sola parola sul disegno di legge. Non una nota, né un comunicato, né una scheda esplicativa. Soprattutto, nulla di attribuibile al ministro. A quanto apprendiamo è stata una scelta voluta, pensata per lasciar cantare vittoria a chi davvero in questo pacchetto crede – i ministri Piantedosi e Salvini, la stessa premier – facendo trapelare comunque un minimo segnale di dissenso del vertice di via Arenula. Debole, debolissimo, perché nessuno ha sentito la sua voce.
Nordio si trova in un vicolo cieco: non può criticare delle norme che cozzano con il suo bagaglio culturale, ma non può neanche elogiarle. Sarebbe troppo. E così si è rifugiato in un silenzio che risulta anche un po’ goffo. Assente dalla conferenza stampa in cui è stato spiegato il decreto – “a illustrare il tutto il Ministro dell’Interno. Qualcuno avvisi Nordio”, scrive Enrico Costa di Azione, che pure del Guardasigilli era grande estimatore – si è chiuso nelle stanze di via Arenula. Oggi era atteso in collegamento al convegno dei giovani avvocati dell’Aiga, a Bari. Anche lì nessuno l’ha visto né sentito. “Non sappiamo se si collega”, ci hanno detto più volte nel corso della giornata gli organizzatori. “Abbiamo fatto tardi ieri, forse non ce la fa”, è la scusa che abbozzano da via Arenula, riferendosi al Consiglio dei ministri. Nel quale, però, come abbiamo visto, il Guardasigilli non ha giocato d’attacco. L’impressione è che voglia sfuggire al confronto, per non vedersi costretto a difendere l’indifendibile pacchetto sicurezza. E per non essere indotto nella tentazione di dissociarsi.
Se quella di oggi è la giornata del silenzio, la giornata di ieri per Nordio era iniziata male sin dalla mattina. Nel corso dell’incontro del governo con i sindacati del comparto sicurezza Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, gli ha fatto notare che “a differenza degli altri ministri del comparto, non ha mai incontrato i sindacati di categoria, nonostante espressa richiesta. “Vi chiedo scusa se fino a oggi non vi ho ricevuto, ma ritenevo che fosse sufficiente la presenza del sottosegretario Delmastro”, ha balbettato il ministro, assicurando che aveva in mente di convocare i sindacati per la prossima settimana. Magicamente questa mattina la convocazione è arrivata: l’incontro, a scoppio ritardato, sarà il 23 novembre.
La progressiva sparizione del Guardasigilli ha origini più antiche. Commissariato periodicamente perché aveva osato esprimere il suo pensiero – negli annali è rimasta la querelle sul concorso esterno in associazione mafiosa – di recente ha ricevuto un’altra batosta. Ha dovuto prendere atto che la separazione delle carriere di giudici e pm arriverà, se arriverà, solo dopo la riforma del premierato. Cioè, se tutto va bene, tra due anni, se includiamo anche il referendum. Una disfatta progressiva che mette il ministro in cattiva luce tra i suoi storici estimatori, ma che non lo induce a lasciare. Forse per portare a termine l’impegno preso, forse perché spera ancora di poter incidere in qualcosa.
Il ministro, però, appare sempre più isolato. Le sue comparsate in Parlamento sono rade e veloci: scortato dalle sue collaboratrici, difficilmente si lascia avvicinare dai giornalisti e sono sempre meno i parlamentari che lo fermano per chiedergli lumi su qualche provvedimento. Poche settimane fa i cronisti lo hanno visto intrattenersi alla buvette con Marta Fascina, appena rientrata in Parlamento dopo il lungo lutto. Si lasciava andare a un amarcord di Silvio Berlusconi, davanti alle lacrime di Giusi Bartolozzi, sua vicecapo di gabinetto e un tempo deputata di Forza Italia. “Ho sempre Berlusconi nel cuore”, ha detto Bartolozzi a Fascina, stringendola in un abbraccio mentre qualcuno, a pochi metri, ricordava di quando a un certo punto tra l’ex premier e l’ex fedelissima ha smesso di correre buon sangue.
E chissà se in quel momento un moto di nostalgia nei confronti di Berlusconi non sia stato provato anche da Nordio. Che nel Cavaliere avrebbe trovato una sponda maggiore di quella che (non) trova in Lega e FdI. Almeno in alcuni ambiti della giustizia.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*