
Mario Delpini,
quanto ipocrita e quanto bugiardo sei!
L’avevo sentito in un video: che, all’inizio del Giubileo, Mario Delpini avrebbe dedicato il mese di gennaio 2025 al silenzio, inteso come rinuncia a quel voler sempre essere presente in ogni evento, come quando si mette un po’ di prezzemolo nelle più disparate preparazioni culinarie. Ma forse il paragone non è del tutto esatto: il prezzemolo dà un certo sapore alla minestra. Il problema è la minestra, che, con o senza il prezzemolo, quando non è buona, rimane in ogni caso disgustosa.
Ogni evento può essere una buona occasione di Grazia, ed è qui che occorre quella apertura mentale, ovvero intelligenza o saggezza divina, perché si colga qualcosa del cuore del Mistero. Ogni sciatteria di parole o di gesti sarebbe disdicevole per non dire blasfemia.
Talora mi chiedo se la nobiltà d’animo sia o no una dote naturale, che faccia parte del nostro servire il regno che Dio apre a tutti i suoi figli.
Quando ero più giovane, penavo come si potesse essere nobili d’animo, avere uno stile di vita che non scendesse mai alla banalità o alla ovvietà, e mi preoccupavo di ciò che dicevo e di ciò che facevo.
E anche mi chiedevo se non ci fosse una scuola che insegnasse il buon dire e il buon agire. E poi, man mano, ho capito che tutto dipendeva dal mio essere: più stavo fuori, più mi sentivo rozzo; più rientravo in me, più mi sentivo a mio agio per far star bene gli altri nel loro essere.
Forse avevo delle pretese, ovvero che i superiori, così chiamavo coloro che avevano delle responsabilità educative e pastorali, soprattutto i gerarchi nel campo religioso, avessero già acquisito un certo stile di vita, una certa autorevolezza nel pensare e nell’agire.
Poi mi accorsi di avere a che fare con gente anch’essa impastata di fango: gente bugiarda, falsa, incoerente, ingannevole e non bastava che mi dicessero che, in ogni caso, erano “superiori” da rispettare, da venerare, da obbedire.
Imparai anche a discutere con i più “superiori” più autorevoli, pensando che un confronto servisse sempre, anche se io rimanevo sempre su un gradino più basso. Ed è proprio perché mi sentivo più libero, meno ingessato, libero da responsabilità che volere o no sono sempre vincolanti, sentivo il dovere di dire la mia. Ma, nello stesso tempo, da prete, sapevo che avevo a che fare con i miei parrocchiani: io superiore, con qualche potere in più, loro con qualche potere in meno.
In poche parole, vorrei dire che la dialettica è il sale della democrazia, ma anche della chiesa che vorrebbe essere serva di quel Cristo che si è incarnato per ascoltarci più da vicino nelle nostre miserie.
Dialettica, ovvero confronto tra spiriti liberi, soprattutto quando le strutture sono talmente rigide da ingessare i superiori, i quali, proprio per questo, dovrebbero chiedere aiuto agli spiriti più liberi. Non si ha dialettica quando i superiori fanno quello che loro vogliono come pastori anche mercenari che tengono a bada le pecore più ribelli.
Ultimamente, noi milanesi abbiamo avuto pastori scriteriatamente “autoritari”, senza il minimo senso di umiltà di saper ascoltare i preti più aperti. Dopo Scola, ecco Delpini – mi fa rimpiangere Scola! – che è come una trottola, che ascolta nessuno. Lo dicono i suoi Vicari episcopali, come lo dicevano anche nei riguardi di Angelo Scola.
Ma ciò che non sopporto, e non l’ho mai sopportato neppure quando ero prete giovane, è la palese ipocrisia di un vescovo che dice anche bugie. Qui non è questione di essere “uomini” con tutte le debolezze umane, ma è questione di ciò che, senza giri di parole, vorrei chiamare perversione mentale e morale. Quando un vescovo è ipocrita e bugiardo non c’è nulla che giustifichi il mio dovere di obbedirgli, tanto più che, in nome della dialettica, ho il dovere di dirgli in faccia la verità.
Siamo nell’anno del Giubileo, iniziato nei giorni natalizi. E subito c’è stata come una diarrea di parole e di gesti, come se in quest’anno tutto cambiasse in meglio, pur sapendo che stiamo vivendo momenti drammatici su tutto il globo terrestre. Dire Giubileo sarebbe come dire che tutto cambierà in un mondo di pace. I mezzi miracolosi ci sono: porte che si aprono, pellegrinaggi, convegni, conferenze, momenti di silenzio e di preghiera (qualcuno addirittura ha sospeso le attività parrocchiali, come catechismi, incontri del consiglio pastorale, ecc. il tutto per concentrare la mente… su che cosa?). E poi ci sono le indulgenze, le confessioni, ecc. ecc. Il papa ogni giorno insiste sulle carceri da svuotare, sul condonare i debiti ai paesi poveri, tutte cose che hanno la loro importanza (basterebbe pensare ai giubilei ebraici), ma si dimentica che il vero motivo del giubileo è la conversione delle menti e dei cuori, se si vuole dare spazio dentro di noi alla Grazia divina.
Che dire di un vescovo che parla magari delle carceri da umanizzare, e tiene in prigione gli spiriti liberi. Certo, solo il corpo può essere imprigionato, la mente no, lo spirito no. Ma è giusto togliere agli spiriti liberi di far sentire la loro voce, tanto più quando la Chiesa è sorda a ogni voce dello Spirito e la diocesi è nelle mani di trottole impazzite?
Qualcuno dirà: il solito esagerato! Certo, si esagera quando l’ipocrisia è talmente forte da soffocare anche le trombe dello Spirito santo. Sareste rimasti indifferenti sapendo da un giornale locale dell’arrivo, nella Comunità pastorale dove risiedete, del vescovo per una celebrazione solenne dei 15 anni della Comunità, quando uno degli artefici è stato il sottoscritto? Siamo nell’Anno del Giubileo! Ma di che giubileo stiamo parlando?
Undici e più anni in cui i preti locali, più o meno quattro, mi hanno sempre dimenticato, eppure ero e sono un loro parrocchiano, residente nella stessa Comunità pastorale! Undici e più anni i cui il vescovo Delpini mantiene ancora in vita provvedimenti, già assurdi in sé, tali da non permettere neppure la partecipazione alle attività della Comunità pastorale, addirittura proibendomi l’uso dei locali della parrocchia per qualche attività culturale o religiosa? Ma vi rendete conto dell’assurdità di provvedimenti disciplinari che, come mi aveva detto il cardinale Tettamanzi, per essere rieducativi devono avere un tempo determinato, possibilmente non troppo lungo.
Delpini è indecente, una vera mummia che firma (quando era Vicario generale di Scola) provvedimenti, e ora dopo tanti anni poi finge di nulla. Quando era venuto in casa mia, in occasione della querela di Salvini, che si era conclusa con la mia condanna, alla domanda esplicita: “Fino a quando dureranno i provvedimenti disciplinari a mio carico?”, sapete qual è stata la risposta? Non ha aperto bocca, e sono ancora qui ad aspettare che dica qualcosa!
SIAMO NELL’ANNO DEL GIUBILEO!
Ma quante cazzate si dicono sul giubileo? Già! Aspettano milioni di pellegrini a Roma, che torneranno poi a casa con le tasche piene di indulgenze plenarie. Indulgenze: la più grossa balla della Chiesa istituzionale!
Si apriranno le porte: quali porte? Se la parola “porta” invita a entrare o a uscire, vorrei vedere quanti entreranno in se stessi, dopo un duro percorso di conversione.
Ma la prima a doversi convertire non è la stessa Chiesa istituzionale, a partire dai suoi vertici? E voi credete che questi piccoli (tappetti) o grandi gerarchi capiscano di mettersi in ginocchio e chiedere scusa a quanti hanno ferito con la loro superbia di potere malefico?
Sì, sì, chiederanno scusa o perdono, ma dopo trecento o più anni da quando hanno crocifisso i veri giusti. E nello stesso tempo emargineranno altri spiriti liberi, che, dopo trecento e più anni, avranno il loro magico momento di gloria sugli altari della Chiesa.
Questi vescovi ipocriti e bugiardi. Parlano anche bene, quando sanno parlar bene e non dicono le solite idiozie, e poi razzolano male, forse perché recitano, come gli attori che un tempo portavano la maschera per rappresentare più parti del dramma. Non per nulla Cristo, nella famosa pagina di Matteo, capitolo 23, chiama “ipocriti” gli scribi e i farisei.
Questi vescovi con la maschera, perciò bugiardi, capaci di promettere e poi di nascondere le false promesse: basterebbe pensare al nostro “piccoletto” di Milano, che aveva promesso di diminuire gli impegni nel mese di gennaio, e poi ne organizzava due al giorno, però aveva dato ordine al suo scudiero, Stefano Femminis, responsabile dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali, di non dire nulla. Ne ho visti nella mia vita sacerdotale di Vicari episcopali bugiardi, che chiamavo eufemisticamente “corti di memoria”.
Se c’è una cosa che non sopporto è la bugia, negare l’evidenza, tanto più che, come mi diceva un Vicario episcopale, allora della zona di Sesto San Giovanni, i parroci hanno sempre ragione. A maggior ragione hanno sempre ragione i capi che fanno parte della piramide gerarchica.
Oggi mi chiedo dov’è la credibilità di una Chiesa che dice bugie, che trova ogni sotterfugio per ingannare una massa già di per sé succube dell’inganno quando nella menzogna tutto sembra più facile.
Se c’è un detto che non corrisponde alla “mens” di Delpini, sono le parole dello stesso Cristo: “Il vostro parlare sia sì sì, no no; il di più viene dal maligno”.
E allora come si fa a obbedire a un vescovo ipocrita e bugiardo? Impossibile, a meno di essere un rincoglionito a cui fa comodo inchinarsi ad ogni mercante di dolci inganni.

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