Eminenza, mi può spiegare qual è la differenza tra legalità e giustizia?

scola angelo

di don Giorgio De Capitani
Non ho motivo per non credere a quanto sostiene il comunicato della Curia milanese in riferimento alle “vicende oggetto delle indagini in corso a Venezia”, che, secondo alcuni “servizi giornalistici”, avrebbero coinvolto anche Angelo Scola, quando era patriarca di quella città.
Il nome di Scola, comunque, è trapelato, ed era giusto segnalare la notizia, chiedendo all’interessato di chiarire la vicenda. Ora è stata chiarita, e siamo contenti per l’innocenza del porporato, così che egli possa continuare serenamente, ovvero “non sia disturbato”, nella sua missione pastorale tra i milanesi. Casomai, le ragioni per non lasciarlo tranquillo e in pace sono di ben altra natura. Sono ragioni che toccano la visione di fondo del suo essere pastore in una diocesi che di colpo si è arenata tra le sabbie mobili.
Ma vorrei tornare alle vicende che riguardano la legalità e che – lo confessa perfino papa Francesco – toccano alcuni membri della stessa gerarchia della Chiesa. Il marciume del Vaticano non è di colpo sparito con l’arrivo di Bergoglio al soglio pontificio. È vero che qualche scandalo è uscito alla luce, ma quanti altri rimangono ancora nascosti, e fino a quando?
Non ho ancora capito quale sia il concetto di legalità presso la Chiesa cattolica. Screditando continuamente lo Stato e la sua legalità, la Chiesa si è creato un mondo tutto proprio, dove la legalità è diventata sinonimo di diritto canonico. Ma, in particolar modo, la Chiesa-struttura ha diviso i cattolici dai non cattolici come se i cattolici appartenessero ad un altro mondo. Non è vero forse che la Chiesa mette ancora oggi i suoi seguaci  sull’avviso di fronte ad uno Stato, ritenuto pericolo pubblico? È come se i cattolici si sentissero prima credenti, e poi cittadini.
E allora per la Chiesa che cos’è la legalità? Legale è ciò che corrisponde alle sue regole, ai suoi comandamenti, ai suoi precetti, ai suoi dogmi, ai suoi valori etichettati “cattolici”. La legalità è solo una questione di fede religiosa.
Anche per lo Stato succede la stessa cosa. Legalità è ciò che corrisponde alle sue regole, alle leggi stabilite dal Parlamento. Ma chi dice che le leggi della Chiesa-struttura o del Parlamento siano “giuste”?
Ecco la parola-chiave: giustizia. Legalità e giustizia di per sé non sempre si equivalgono. Non è perché una cosa è legale sia di per sé giusta. Dobbiamo stare attenti. Legale, come dice la parola, è tutto ciò che corrisponde alla legge, ma succede talora che la tal legge sia contro la dignità della persona umana. Del resto ogni legge è imperfetta, e perciò la legalità è sempre mutevole, soggetta agli umori dei legislatori e soggetta agli sforzi di miglioramento della legge in rapporto al bene comune.
La giustizia, che comprende il bene comune, è al di sopra della legge e perciò della legalità. È in rapporto alla giustizia che la legalità trova il suo punto di riferimento, la sua positività, e ad essa deve continuamente confrontarsi. Questo dovrebbe essere il compito principale di ogni legislatore, sia civile che religioso. 
Dire in poche parole in che cosa consista la giustizia non è facile. Dire che è il bene comune è dire solo qualcosa. È certo che la giustizia non dipende né dalla religione né dallo stato. La giustizia non dipende neppure dal consenso popolare. Il popolo può chiedere leggi giuste, ovvero conformi alla giustizia, ma la giustizia non la fa né lo Stato né la Chiesa. E neppure il popolo. 
Allo Stato spetta emanare leggi che corrispondano alla giustizia, che è al di sopra dello Stato. La Chiesa parla di giustizia divina, che dovrebbe essere il disegno originario di Dio, ma purtroppo la Chiesa, in quanto struttura religiosa, si è fatto un proprio dio e perciò una propria giustizia, che ha chiamato legge divina. 
Eminenza, quando si parla di legalità, e per legalità s’intende non violare la legge umana, dovremmo chiederci se ciò basti per sentirci a posto in coscienza. Ci sono mille modi per non violare la legge, andando però contro la coscienza universale.
In altre parole, Eminenza, possiamo essere a posto con la legge, ma non con la Giustizia (G al maiuscolo per meglio intenderci sulla entità della parola). I Suoi avvocati La difenderanno da quanti insinueranno anche solo qualche dubbio sulla Sua legalità nella vicenda Mose di Venezia, ma non c’è qualcosa che potrebbe turbarLa anche solo pensando a tutto quel mondo affaristico di cui, bene o male, con malizia o anche per scopo di bene, siamo vittime?
Eminenza, non basta dire: “Sono a posto in coscienza! Non ero io il responsabile diretto di quella Associazione! Non ne sapevo nulla! Ho agito in buona fede!”. Non è questo il vero problema. Il vero problema è quel mondo affaristico da cui, volere o no, dipendiamo, per sostenere qualche struttura. I soldi ci vogliono. Ma i soldi da dove provengono?
Lei, Eminenza, non può negare che il suo Movimento ciellino, tramite Compagnia delle Opere, faccia parte di questo mondo affaristico. E non parlo di legalità o di illegalità. Lei sa benissimo che tra legalità e illegalità i confini sono sottilissimi, e basta poco per sfuggire alla legge. Il problema è se il nostro modo di pensare e di agire corrisponda alla Giustizia, che va oltre, glielo ripeto, la legalità.
Noi cattolici siamo così scaltri che riusciamo sempre a trovare qualche cavillo, in nome della fede, per sentirci esenti dal rispettare le norme comuni di legalità civile, sempre però rimanendo in un cerchio di legalità, diciamo farisaica: quella religiosa.
Eminenza, mi sa spiegare la differenza tra legalità e giustizia? Forse io ho le idee confuse. Provi Lei a spiegarmi meglio in che cosa consista la legalità farisaica e in che cosa consista la giustizia, che per noi credenti dovrebbe assumere un tale valore da scrollarsi di dosso ogni etichetta, ogni formalità, ogni ipocrisia.
Mi hanno colpito le parole che concludono il comunicato della curia milanese: «È intenzione del cardinale Scola tutelarsi legalmente nei confronti di chi continuasse a dare informazioni imprecise, scorrette o false. Una tutela necessaria perché sia rispettata la verità e perché non sia disturbata la missione pastorale del cardinale Scola nella Chiesa di Milano».
Penso che questa minaccia non serva, e sia del tutto fuori posto per un pastore della Chiesa. Noi credenti diciamo che il nostro avvocato è lo Spirito santo, e poi ci garantiamo con ben altri legali. Comunque, sarebbe il colmo che un vescovo dovesse querelare un suo prete.
Eminenza, Io non L’accuso di chissà quali illegalità. Dico solo che anche Lei, come tanti altri membri della Chiesa gerarchica, sarà rimasto talora vittima di qualche gioco poco chiaro di tangenti chiamate sovvenzioni; che anche Lei ha fatto parte e tuttora è simpatizzante di un Movimento ecclesiale per nulla cristallino in fatto di legalità (troppi anni di strapotere ciellino, poco trasparente e per nulla evangelico, tuttora pesano sulla nobile tradizione ambrosiana); che anche Lei non è ancora uscito da quel fariseismo che privilegia la legge ecclesiastica sulla giustizia, che ha ben altro respiro infinito.
COMUNICATO

Il cardinale Scola e le vicende

oggetto delle indagini in corso a Venezia

Alcune precisazioni per consentire un giudizio più pacato e rispettoso della verità
di don Davide MILANI
Portavoce del cardinale Angelo Scola
16.06.2014
Con riferimento ai servizi giornalistici che nella scorsa settimana hanno connesso il cardinale Angelo Scola alle vicende oggetto delle indagini in corso a Venezia, al fine di consentire un giudizio più pacato e rispettoso della verità, si rende noto che:
• La Fondazione Studium Generale Marcianum è stata costituita nel dicembre 2007 ed è stata riconosciuta come persona giuridica di diritto privato nell’aprile 2008. La Fondazione è stata promossa dal Patriarcato di Venezia come polo pedagogico, accademico e di ricerca aperto a tutta la società civile, inserendosi nella grande tradizione culturale e internazionale di Venezia. Alla luce di questo progetto, nella Fondazione si sono coinvolti da subito, come Fondatori e Sostenitori, soggetti pubblici e privati, locali e internazionali.
• Il cardinale Scola non ha mai esercitato “pressioni” né “richieste indebite” per reperire le risorse necessarie alla Fondazione Studium Generale Marcianum. I contributi economici, compreso quello indicato dalla stampa, sono stati corrisposti in virtù della qualifica di Fondatore o Sostenitore della Fondazione, secondo le previsioni dello statuto e dell’atto costitutivo. Tali contributi sono stati acquisiti, contabilizzati e utilizzati dalle competenti strutture della Fondazione secondo criteri di trasparenza e correttezza, in conformità agli scopi istituzionali propri dell’ente.
• Il cardinale Scola non ha mai svolto pressioni di alcun tipo, esplicite o implicite, nelle vicende che hanno portato all’identificazione dei candidati e all’elezione dei Sindaci di Venezia.
• I fondi erogati dalla Legge speciale e dalla Regione Veneto dal 2004 per il restauro del Patriarchio (sede della procuratoria e della curia diocesana, abitazione del Patriarca e dei canonici) e del complesso del Longhena della “Basilica della Salute” (sede del Seminario e dello Studium Generale Marcianum) sono stati regolarmente approvati dalle istituzioni competenti e rigorosamente impiegati secondo le finalità assegnate.
• È intenzione del cardinale Scola tutelarsi legalmente nei confronti di chi continuasse a dare informazioni imprecise, scorrette o false. Una tutela necessaria perché sia rispettata la verità e perché non sia disturbata la missione pastorale del cardinale Scola nella Chiesa di Milano.

4 Commenti

  1. zorro ha detto:

    Se la chiesa dovesse aspettarsi le elemosine dai suoi credenti starebbe assai male in quanto la maggior parte dei credenti e’ povera e per aiutarli deve per forza andare dai ricchi i quali lo sono x meriti propri o per ladrocinio.La chiesa dovrebbe almeno eliminare i proventi dei ricchi ladri e tenere in considerazione solo i ricchi degni,ma purtroppo la chiesa non puo’ non accogliere il figlo che ha commesso il peccato e pertanto e’ costretta ad accogliere tutti x la misericordia di DIO e’ questa la pena che la chiesa deve sopportare in questo mondo misero DIO si e’ fatto uomo e ha condiviso le miserie umane riscattandole con la croce.

  2. GIANNI ha detto:

    Spesso sovrapposti, invece i concetti di legalità e giustizia andrebbero sempre separati.
    La legalità rappresenta la conformità ad un ordinamento giuridico, criterio quindi mirante ad una qualche oggettività, anche se poi le norme possono essere diversamente interpretate.
    Invece, la giustizia è la virtù di dare ad ognuno quanto gli spetta, ma non secondo le norme giuridiche, altrimenti equivarrebbe a legalità.
    Invece per giustizia s’intende la conformità alla morale, e, visto che anche in uno stesso ordinamento ognuno di noi può seguire una morale diversa dagli altri, rientra nel regno della soggettività.
    Infatti, se le norme di uno stesso ordinamento hanno destinatari comuni, non così possiamo dire delle morali.
    Ed infatti, ciò che è giusto secondo una certa morale può essere ingiusto per altra morale.
    Parimenti, potrebbe anche accadere che legalità e giustizia non coincidano affatto, e sicuramente non coincidono quando le norme sono contrarie alla morale.
    Peraltro, è scontato che il giudizio sulla giustizia di norme e comportamenti è soggettivo, vista la soggettività della morale.

  3. Giuseppe ha detto:

    A voler essere maliziosi, da quando Scola si è spostato a Milano è esploso pure lo scandalo “Expo”, in cui tra l’altro sembrerebbe che ci sia qualche coinvolgimento di Comunione e Liberazione… potrebbe non essere una pura coincidenza?
    Scherzi a parte la morale ecclesiastica di fronte a giustizia e legalità mi ricorda certe confessioni di quando ero giovane, che erano diventate una fonte di ilarità tra noi ragazzi che frequentavamo la parrocchia. Sembrava quasi che alcuni sacerdoti fossero particolarmente severi se le mancanze riguardavano la frequenza alla messa e alle attività parrocchiali e, in genere, le norme di buona educazione, mentre apparivano molto permissivi e tolleranti per ogni altro tipo di peccato, anche grave, di cui veniva spesso minimizzata l’importanza ed era più facile giustificare. Si potrebbe dire in sostanza che vigeva la regola (non scritta, ma solida) dei due pesi e delle due misure, per cui erano giudicate più gravi le offese -anche di poco conto- verso la Chiesa e i suoi precetti, mentre si poteva anche passar sopra a ciò che era più attinente alle cose del mondo, purché non fossero attinenti alla sessualità, da sempre punto dolente dell’etica cattolica.

  4. fdrk ha detto:

    La chiesa deve rispettare la legge ma non limitarsi a quella. Deve avere valori etici ben superiori e non soggetti a regole di convenienza ma basati sul rispetto del creato, tutto!!!

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