Pier Silvio B. e la visione padronale della politica

da www.strisciarossa.it

Pier Silvio B.

e la visione padronale della politica

18 Luglio 2024

di Oreste Pivetta

Si è avviato sulle orme del padre, prendendone però, per il momento, le distanze, perché non entrerà in politica, ma nella politica vuol mettere il naso, come suo diritto, come diritto di qualsiasi cittadino, con l’atteggiamento che la tradizione di famiglia, i soldi, le aziende, la televisione, gli consentono: padronale.
Pier Silvio Berlusconi, l’ormai cinquantacinquenne erede di Silvio, ha regalato momenti di vivacità ad una, presumo, noiosissima presentazione dei noiosissimi palinsesti televisivi di Mediaset, senza dover annunciare, al contrario del padre trent’anni fa, la sua “discesa in campo”, preconizzata peraltro da infinite gazzette, ma distribuendo sberle e sberloni soprattutto a destra (Salvini) e al centro-centrodestra (Tajani).
Contro Salvini si poteva prevedere dopo la proposta leghista di abbassare il canone Rai e di alzare invece il tetto pubblicitario del servizio pubblico. Il che vorrebbe dire complicare la vita ai pubblicitari di Mediaset: “Un pasticcio assoluto, il contrario di quello che andrebbe fatto…La morte dell’editoria italiana”, si è chiarito Pier Silvio Berlusconi, senza chiarire a noi perché “la morte”.

Quel partito piccolo piccolo

Contro Tajani un po’ meno e qui sta il nocciolo della questione e si capisce perché, per il momento, Pier Silvio non scenda in politica, anche se la politica lo affascina. Non scende in politica, perché potrebbe “scendere” solo appropriandosi di Forza Italia, che considera un partitello insignificante senz’arte né parte, tenuto in piedi dai soldi del passato e del presente (seicentomila euro per le europee più soprattutto novanta milioni di debiti garantiti dalla famiglia), partitello nei numeri e nelle strategie, nei decimali dei voti (9,72 per cento alle ultime consultazioni) e soprattutto nell’ancoraggio nel mare torbido della destra, che non rappresenta, come conferma Pier Silvio, la maggioranza degli elettori. Lui vuole il “grande centro”, perché gli italiani sono soprattutto “moderati”, che non hanno a disposizione qualcuno che li rappresenti veramente, perché gli italiani non aspirano ad altro che alla tranquillità, che solo il “grande centro” con il marchio Forza Italia può garantire. Immaginiamo Calenda e Renzi in ascolto.
Niente estremismi: alla Meloni riserva solo qualche complimento di circostanza (“bene la stabilità”) e molta freddezza, dopo lo scontro sugli extraprofitti delle banche e prima di quello, possibile, sulla pubblicità Rai (bella arma di ricatto in mano a Giorgia). Della sinistra neppure parla, senza tuttavia trascurare quanto dichiarato dalla sorella Marina, a proposito dei diritti civili e di una battaglia che è della sinistra, non certo dei meloniani. “Più in sintonia con la sinistra di buon senso”, aveva dichiarato al Corriere Marina. “Ha espresso la sua opinione personale, oltre che personale anche da editore, non da personaggio attivo in politica”, precisa il fratello, giusto per cancellare l’impressione che Marina si sia sbilanciata un po’ troppo, per sopire lo “scandalo” e calmare i tremori che l’apprezzamento ha suscitato nelle file della destra, compresa Forza Italia.
Insomma, si ha la sensazione che Pier Silvio (d’accordo con Marina) veda in Forza Italia un partito seduto, stanco, vecchio, passivo, in coda a Fratelli d’Italia. Lui vorrebbe dopo “Forza Italia di resistenza” (un riconoscimento in fondo a Tajani, che ha fatto in modo che il partito non scomparisse), “Forza Italia di sfida”. Cioè: andiamo a rompere la calma piatta, andiamo avanti con le proposte, riconquistiamo originalità e iniziativa politica, rivendichiamo la nostra identità e la nostra autonomia.
Detto così, un bel proposito. Ma siamo sempre sul terreno del mercanteggiamento: si può cambiare idea, quando c’è l’avvenire delle aziende da tenere in conto.
Per ora ha mandato solo un segnale: considerata la provenienza, vale come un ordine. D’altra parte, Pier Silvio ha “la politica nel Dna”: come il padre. Che, al contrario del padre, non voglia impegnarsi nel partito modello Tajani è comprensibile: rischierebbe la parte della caricatura. Però comandare piace a Pier Silvio, che ha fatto sapere che occorre cambiare, rinnovare, rianimare, facce nuove e nuovo entusiasmo. Sembra persino un invito a sloggiare ai “poltronisti” di Forza Italia (tipo Gasparri), sopravvissuti grazie ai miracolosi influssi di Berlusconi (quello vero).

Bye bye Tajani, qualche duro colpo a Salvini

Un progetto politico quindi Pier Silvio lo ha presentato: basta con la subalternità alla destra meloniana, avanti con il “centro”. Non ha lasciato capire se sarà lui a realizzarlo (ha persino tirato in ballo il conflitto di interessi). Gli piace per ora la posizione del padrone (e del suggeritore) dietro le quinte.
A proposito del nemico Salvini, Pier Silvio gli ha pure rinfacciato la intitolazione al padre dell’aeroporto della Malpensa: “Siamo stati informati praticamente a cose fatte. Le modalità non mi sono piaciute… è evidente che si sarebbero accesi attacchi e discussioni”. Aggiungiamo: critiche, polemiche, proteste pubbliche: come dar torto all’amministratore delegato di Mediaset, evidentemente molto più accorto del leader leghista.
Sempre per via di Malpensa, però, Pier Silvio non ha rinunciato a prendersela con il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che si era rivolto a Marina Berlusconi, perché favorisse un ripensamento. E qui la battutaccia, per Sala: “Non rompere”. È vero che “non rompere” ha preso il volo dopo la conferenza stampa, tra le chiacchiere coi giornalisti. Ma non se ne capisce la ragione e non se ne può giustificare la volgarità. Caduta di stile, non degna del Dna di Silvio, che pure in vita sua ne aveva dette di tutti i colori. Replica elegante del sindaco: “Mi pare di aver posto la questione con garbo e educazione. Se poi mi tocca interloquire con chi si rivolge a me dicendomi di non rompere, io non muto comunque il mio comportamento. Nel merito, io userei la dedica per fare politica? Vorrei sommessamente ricordare che c’è in Italia un partito politico che porta il nome di Berlusconi. L’intitolazione non è quindi un atto politico?”.
Speriamo che si chiuda qui. Probabilmente si chiuderà, per il momento, anche la pagina politica aperta da Pier Silvio Berlusconi, che intanto sarà tornato nella sua villa di Portofino (Milano gli fa sinceramente schifo: troppe buche nelle strade e troppa delinquenza). Toccherà a Tajani, che si è fatto gentilmente sentire da Pier Silvio e naturalmente ha comunicato di sentirsi in piena sintonia con il capo.
Che qualche problema alla maggioranza di governo la sortita possa creare è probabile. Già ci pensa Salvini a crearne. Potrebbe pensarci anche il timido Tajani, finora al carro della Meloni, per rispettare le consegne. Pena il pensionamento.

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