L’EDITORIALE
di don Giorgio
Accanimento mediatico di sciacalli mai sazi
di ingrassare il proprio portafogli
Dico subito che non sopporto chi specula su situazioni di difficoltà, di qualsiasi genere, anche di chi potente o ricco ha il suo momento di crisi, e proprio quando si sta dibattendo per salvarsi lo si colpisce a morte con una tale raffica di improperi o di offese da togliergli anche quella speranza di sopravvivere, che si deve negare a nessuno, neppure al peggiore nemico. Lo so: la massa è massa, e passa facilmente dall’incensare i propri idoli a calpestarli appena cadono nella polvere. Da notare che gli idoli sono costruiti dalla stessa massa, la quale non si accontenta mai, sempre pronta a generare altri, peggiori dei precedenti.
E dico anche che nelle mie battaglie passate e attuali ho sempre anche duramente colpito il ruolo o il potere o l’ideologia dei potenti e dei ricchi, specificando sempre: se il tizio o caio o sempronio, si chiami Berlusconi o Salvini o la Meloni, rinunciasse al proprio ruolo o potere e tornasse a casa a vita privata, la mia lotta finirebbe di colpo. Mai mi sono divertito a colpire un uomo già morto o in un inesorabile declino.
E dico anche: mi disgusta quella sete di sangue, lo chiamano giustizia!, nel volere a tutti i costi processare, fosse anche il più delinquente, chi è disteso a letto oramai in agonia, o tirar fuori qualche sbaglio del passato già scontato da quella giustizia che purifica nel tempo, che si chiama voce della coscienza.
Ed ecco allora la domanda: oggi che idea si ha della giustizia? Voglia di sangue, di vendetta, o è quel voler colpire gente anche onesta solo perché non ci serve più o forse perché ci è di rimprovero?
E, in una società fortemente in lotta per prevaricare su ogni emergente che ci mette in difficoltà, sembra del tutto istintivo per non dire bestiale farsi valere colpendo gli altri o, questo si chiama vigliaccheria, sfruttare le occasioni più ghiotte per colpire a morte l’avversario.
Anche qui è facile allargare il discorso accusando in generale il modo dei social di perversione e di una tale cattiveria da coinvolgere anche i più santi, cadendo in quella contraddizione di chi accusa e nello stesso tempo fa parte del gioco.
Infine, non dimentichiamo che il cuore dell’uomo è un mistero di bene e di male, di debolezza e di resistenza, per cui quando si prende una decisione e si giudica una persona, nessuno sa le conseguenze, di bene o di male. Un rimprovero mi ha fatto bene, e un altro mi ha fatto male. Una condanna è servita a cambiare vita, e un’altra ha spinto al suicidio.
Troppa rigidità potrebbe far male, e troppo lassismo creerebbe una società di buoni a nulla.
Qual è la via di mezzo?
Dipende dalla via che si sceglie e dipende dal viandante.
Torniamo al punto di partenza: il cuore dell’uomo è un mistero di vita e di morte. Una cosa è certa: il vero maestro è colui che si sacrifica per gli altri, chi ottiene qualche guadagno è un mercenario.
20 gennaio 2024
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