da L’Espresso
LA TESTIMONIANZA
«Io, partigiana della memoria
contro l’avanzata del nuovo fascismo»
A colloquio con Vera Vigevani Jarach, una delle madri di Plaza de Mayo, ebrea costretta a rifugiarsi in Argentina per sfuggire alla Shoah. «Si stanno ripetendo i tragici errori del passato, in Europa i sintomi ci sono già»
di NATASCIA RONCHETTI
17 febbraio 2020
In Argentina è la “militante della memoria”, una delle madri di Plaza de Mayo, tenace e agguerrita nella ricerca di giustizia e verità sulle sorti di sua figlia Franca, una delle tante vittime della feroce dittatura militare di Jorge Rafael Videla. “Ma è una definizione che non mi piace molto. Più che una militante io mi sento una partigiana della memoria. Perché prendo parte alle cose, perchè non mi volto mai dall’altra parte”.
Vera Vigevani Jarach ha 92 anni e due storie da raccontare. Quella di ebrea italiana, costretta da bambina a rifugiarsi con la famiglia nel Paese sudamericano per sfuggire alle leggi razziali nazifasciste, per mettersi in salvo dalla Shoah. E quella di donna e madre nell’Argentina del dispotismo, della brutale repressione di qualsiasi manifestazione di opposizione politica e sociale. “La mia memoria ha un valore storico – dice – e il mio compito è quello di trasmetterla alle nuove generazioni. Ancora di più oggi, di fronte all’avanzare di nuove forme di fascismo e di razzismo. Perché purtroppo la gente dimentica in fretta: dimentica i genocidi, i regimi totalitari, le grandi tragedie del Novecento. E perché quello che è accaduto può riaccadere, la storia può ripetersi. I sintomi ci sono già”.
Jarach in questi giorni è in Italia ospite della Fondazione Fossoli di Carpi, nel Modenese, costituita per valorizzare un luogo della memoria, il campo di concentramento di Fossoli, centro di transito – da qui passò anche Primo Levi – degli ebrei destinati ai campi di sterminio.
Signora Jarach, lei dice che ci sono già i segnali allarmanti, anche in Italia e in Europa, di una possibile ripetizione della storia. Dove li vede?
Li vedo nel nuovo fascismo che sta avanzando. Nell’ondata sempre più dilagante di fanatismo e di razzismo: gli episodi si stanno moltiplicano. Li vedo nelle scritte antisemite sulle porte di casa degli italiani di origine ebraica. Ma anche nell’odio e nel livore nei confronti degli immigrati che attraversano il mare per cercare migliori condizioni di vita in Europa e che spesso affogano nell’indifferenza di tanti. Li vedo nella derubricazione del valore del lavoro, nel diffondersi di nuove forme di sfruttamento di cui fanno le spese i più deboli. Penso a ciò che ci dovrebbe avere insegnato la storia, e cioè che le crisi e le fragilità economiche determinano sempre l’individuazione di un capro espiatorio sul quale scaricare un malcontento che si trasforma in avversione. Si stanno creando quelle circostanze che possono portare al rifiuto e all’ostilità, al negazionismo o alla dimenticanza di ciò che è accaduto in passato. Sta montando un odio che può anche essere l’anticamera di persecuzioni. E tutto ciò ha a che vedere con la politica.
Politica inadeguata?
Servono nuove idee. Tutti noi esseri umani dobbiamo convivere con il fatto che siamo in grado di provare odio e di generare distruzione. Ma ci sono persone, movimenti , poteri politici ed economici, che innescano la miccia, aprono la strada a parole e ad azioni che sono impregnate di violenza. Anche in questo io vedo nuove forme di fascismo e di razzismo. E’ per questo motivo che non solo non dobbiamo dimenticare ma anche evitare con tutte le forze che abbiamo che la storia si ripeta.
Le circostanze che lei elenca possono anche logorare le nostre democrazie?
Sì, anche se le considero sufficientemente salde, seppure non perfette ma perfettibili. La democrazia ci fornisce molti mezzi per esprimere il nostro pensiero, per denunciare revisionismi, atti di razzismo. Ma li dobbiamo utilizzare tutti, dagli organi di informazione alle istituzioni. Nessuno deve voltare la testa dall’altra parte, dobbiamo essere molto attenti a tutto ciò che accade intorno a noi. E difendere i valori della solidarietà, del rispetto delle differenze nell’uguaglianza, della difesa della dignità umana.
Che cosa la preoccupa di più?
Il silenzio: lo dobbiamo rompere, è la possibile anticamera dei dispotismi. E mi preoccupa l’indifferenza. Continuo a chiedermi come sia possibile ricadere negli stessi errori del passato. E l’incuranza verso questi errori è un grave pericolo.
Lei incontra spesso studenti. A loro cosa dice?
Che dobbiamo ricordare. Il nazifascismo e le leggi razziali. E anche ciò che è accaduto in Argentina, dove noi madri dei desaparecidos abbiamo agito. Siamo scese in piazza, abbiamo parlato, abbiamo costretto tutti ad ascoltarci. Dico che abbiamo la possibilità di sviluppare un pensiero critico e la possibilità di scegliere da che parte stare. Dico che dobbiamo resistere. E che la nostra scelta deve essere coraggiosa.
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