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Intervento del Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella alla cerimonia di inaugurazione
dell’anno scolastico 2023/2024
Forlì, 18/09/2023 (II mandato)
Rivolgo un saluto molto cordiale ai Ministri e alle Autorità del territorio.
Ringrazio la Rai per l’organizzazione, unendomi al ricordo di Claudio Donat Cattin.
Ringrazio l’Istituto che ci ospita, il “Saffi Alberti”, in questa bella ambientazione così ben organizzata.
Ringrazio coloro che hanno partecipato – dagli artisti, agli sportivi, agli studenti, ai tanti che hanno partecipato – rendendo così coinvolgente questo incontro, con il supporto indispensabile e prezioso dell’Orchestra.
Ringrazio Flavio Insinna e Malika Ayane, per averci condotto per mano, passo dopo passo, in questo splendido pomeriggio.
Grazie.
Care ragazze, cari ragazzi, la scuola riparte. E con la scuola riparte il ritmo consueto e dinamico della società.
La scuola scandisce l’anno non soltanto dei giovani, ma anche delle famiglie, delle comunità, delle città e dei paesi.
La riapertura della scuola da sempre rappresenta un’opportunità, una forte ragione di impegno comune, un motivo di speranza.
È il percorso verso il nostro futuro.
Abbiamo deciso, per questo inizio, di ritrovarci qui, nel cuore della Romagna, colpita a maggio scorso da una devastante alluvione, che ha causato vittime, distrutto abitazioni e aziende, allagato campi di coltivazione, sconvolgendo la vita di tante persone.
L’anno scolastico si apre in queste terre con regolarità, nonostante i danni subiti dalle strutture. Anche se il terremoto di questa notte, in un Comune non lontano da qui, ha creato problemi alla scuola del luogo. Questo inizio così in Romagna è segno, forte e concreto, di tenacia e di resistenza.
L’apertura qui, oggi, rappresenta – attraverso la scuola e al di là di essa – un messaggio di inalterata vicinanza alla gente di Romagna.
Nei giorni successivi all’alluvione tanti volontari provenienti da tutta Italia, soprattutto ragazze e ragazzi, hanno impugnato pale, scope e secchi. Il loro contributo è stato prezioso nella lotta contro il fango e nel manifestare cultura della solidarietà.
Hanno dimostrato, concretamente, che l’Italia è una comunità. Che dai problemi si esce tutti insieme.
La scuola italiana, nel suo complesso, è una grande realtà. Dispone di preziose energie. È ricca della passione, della cultura, della dedizione di insegnanti, dirigenti, personale addetto.
Come ogni anno rammentiamo che non mancano problemi, lacune e insufficienze, spesso tamponate dall’impegno quotidiano del personale docente e non docente. Non sempre si riesce ad attribuire al sistema educativo risorse e investimenti adeguati.
Ma cresce, in ogni ambiente, la consapevolezza del valore strategico della formazione: per la realizzazione personale dei ragazzi, per le loro future prospettive di lavoro, per l’acquisizione di una coscienza civile e democratica.
La Costituzione repubblicana – la Carta fondamentale che regola e ispira la nostra convivenza – ha disposto che “la scuola è aperta a tutti.”
Perché tutti i cittadini, sin dalla nascita, sono uguali.
Sul diritto universale all’istruzione si fonda uno dei pilastri della Repubblica.
La scuola è, dunque, per tutti e di tutti. Non tollera esclusioni, marginalizzazioni, differenze, divari. Ne sarebbe – e, talvolta, ne viene – deformata.
È il luogo dove i bambini e i ragazzi apprendono i fondamenti della conoscenza. Dove fanno i conti con la propria storia e con le proprie radici. Dove si cimentano con la diversità e la convivenza. Dove si appassionano all’arte, alla letteratura, alla scienza, alla tecnica, disegnando il cammino del proprio domani. Dove sperimentano la padronanza di sé, dei propri sentimenti, del vivere insieme.
Non c’è futuro individuale senza il sapere. Non ci può essere società libera e ordinata senza la scuola.
L’inclusione è, quindi, un obiettivo di importanza decisiva. Molti passi sono stati fatti negli ultimi decenni per i giovani portatori di disabilità, grazie anche allo straordinario lavoro degli insegnanti di sostegno. Ma su questo fronte non possiamo fermarci né, tantomeno, tornare indietro.
Va considerato anche con attenzione che le nostre classi sono frequentate da circa 800 mila studenti, migranti o figli di migranti stranieri. Un decimo degli iscritti nei nostri istituti. Si tratta di un impegno educativo imponente. Studiano da italiani, apprendono la nostra cultura e i nostri valori, e possono costituire un grande potenziale per il nostro Paese. Dal loro positivo inserimento può dipendere parte importante del futuro dell’Italia.
Tuttavia la peculiare condizione di migranti, unita alle condizioni di povertà di molte loro famiglie, fa sì che queste ragazze e questi ragazzi siano esposti – più di altri – a ritardi o abbandoni scolastici.
Non si cresce con il necessario spirito civico nell’isolamento. Perché forme, pur non dichiarate né intenzionali, di separazione producono rischi gravemente insidiosi per l’intera società.
Dobbiamo scongiurare il rischio di giovani che, crescendo al di fuori dei canali scolastici, traducano la loro marginalizzazione in rifiuto della convivenza o come impulso alla ribellione.
Per questo l’inclusione è valore fondamentale della scuola.
I riflettori della cronaca recente si sono appuntati su alcuni casi di gravissima devianza che hanno visto dei ragazzi come protagonisti.
Rapine, omicidi, risse tra bande giovanili, intollerabili violenze e molestie ai danni delle ragazze, inaccettabili episodi di bullismo e di prepotenza che mortifica altri ragazzi.
È necessaria un’azione di ampio respiro a diversi livelli. Con politiche volte a investire sui giovani e sul futuro, con interventi strutturali per colmare i divari tra i territori, con strategie per ampliare le opportunità e i percorsi di integrazione e di solidarietà, con la repressione dei reati, in particolare dell’attività delle organizzazioni criminali che cercano di imporsi come violenta alternativa alla vita civile, alla legalità, alle stesse istituzioni democratiche.
Tutto questo, ancora una volta, rende ancor più fondamentale combattere, con sempre maggior determinazione, l’abbandono scolastico.
Perché la scuola è la prima e la più importante risposta al degrado. E’ la buona scuola lo strumento più efficace e prezioso di cui la Repubblica dispone per creare e diffondere tra le giovani generazioni una cultura della legalità, della convivenza, del rispetto.
Dobbiamo incoraggiare il lavoro di tanti insegnanti, entusiasti e volenterosi, aiutare la loro strada per camminare insieme agli studenti, evitando che cambino ogni anno, con la necessità di ricostruire ogni volta il rapporto con loro. Assicurando agli insegnanti condizioni economiche adeguate, e restituendo pienamente alla loro funzione il prestigio che compete loro nella società e che talvolta è messo in discussione da genitori che non si rendono conto di recar danno ai propri figli.
Perché, come insegnava Platone “Quando i figli presumono di essere uguali ai padri, i maestri tremano davanti agli scolari, e preferiscono adularli anziché guidarli; quando si disprezzano le leggi, e non si sopporta più alcuna autorità, allora è segno che sta per cominciare la tirannide”
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – occasione storica per l’Italia – riguarda ovviamente anche il potenziamento della scuola. Ovunque, in tutto il territorio nazionale, perché la scuola è un patrimonio comune dell’intera Italia. Lo spirito che deve guidarci è quello di un’impresa corale per le istituzioni e la società.
La scuola ha bisogno di continua manutenzione e di aggiornamento. Anche per colmare limiti strutturali.
Si deve operare per evitare l’affollamento delle classi, che penalizza i programmi di studio e le opportunità per gli alunni.
Va garantita anzitutto la sicurezza degli edifici scolastici e quella dell’alternanza tra scuola e lavoro. Ho apprezzato in questo senso le parole dei Ministri Valditara e Calderone.
I genitori e i ragazzi devono vivere l’esperienza scolastica con piena serenità.
L’attenzione ai giovani è fondamentale. Maria Montessori, la grande educatrice italiana famosa nel mondo, scriveva: «La società umana non può cambiare senza che gli adulti e i bambini collaborino».
Occorre rendere appetibile, accattivante, anche divertente l’insegnamento, la frequenza scolastica. Occorre trasmettere il gusto per l’apprendimento, per la cultura, per la vita insieme.
I ragazzi – gli scolari, gli studenti – sono a scuola per imparare ma anche per crescere, per diventare protagonisti del loro futuro. Non per adeguarsi passivamente, tanto meno per essere oggetto di omologazione ma, al contrario, per sviluppare iniziativa e creatività e metterle alla prova.
La scuola deve essere sempre più aperta e accogliente, integrante. È nella compagnia che si apprende “ad avere idee”, come scrive Omero in un canto dell’Iliade.
Ragazze e ragazzi hanno risorse che le generazioni più anziane neppure avrebbero potuto immaginare.
Sono molti passi più avanti nelle conoscenze tecnologiche e digitali. Sono allenati a vivere in un tempo dove tutto è accelerato e globale.
La scuola deve correre per stare al passo con loro, e può farlo soltanto rendendo i giovani protagonisti, rafforzando il dialogo tra insegnanti e famiglie, e con la realtà sociale in cui è inserita.
Dobbiamo credere nei giovani. Puntare su di loro. Aiutarli nella crescita.
Perché la scuola siete voi, care ragazze e cari ragazzi.
La scuola è il vostro cammino di libertà.
Buona strada.
Buon anno scolastico a tutti.
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