Omelie 2024 di don Giorgio: DEDICAZIONE DEL DUOMO DI MILANO

20 ottobre 2024: DEDICAZIONE DEL DUOMO DI MILANO
Is 26,1-2.4.7-8; 54,12-14a; 1Cor 3,9-17; Gv 10,22-30
Vorrei soffermarmi sul brano del Vangelo. È un brano di Giovanni.
Anzitutto, vediamo il contesto. Secondo gli studiosi sembra che l’autore del IV Vangelo raggruppi gli avvenimenti intorno alle festività giudaiche: in tal modo, per contrasto, il Messia viene presentato come l’unico vero centro religioso, il nuovo culto, non legato ad alcun popolo e ad alcun luogo. Ne viene che il clima è anche di forte tensione, per cui la lotta è tra i sostenitori di Cristo e i suoi nemici, ovvero gli scribi, i farisei e anche i capi del Sinedrio, compresi certi suoi ammiratori occasionali. A volte Gesù si difende, a volte accusa. Le sue dichiarazioni non lasciano scampo. Lui è una cosa sola con il Padre.
Anche il brano di oggi riflette questa situazione di tensione. L’Evangelista presenta un nuovo dibattito-processo. È in corso un’altra festa, la Dedicazione del Tempio, celebrata verso la fine di dicembre, è perciò inverno come specifica lo stesso Giovanni: si commemora la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme avvenuta nel 165 a.C. ad opera di Giuda Maccabeo, dopo che il luogo sacro era stato profanato dal re pagano Antioco IV, che vi aveva installato una statua idolatrica.
Durante la festa, che durava otto giorni, si accendevano i grandi candelabri della “festa delle capanne”. In un’atmosfera gioiosa si viveva la “festa delle luci” e “delle Capanne d’inverno”. Sembra che per l’occasione si leggessero le stesse letture bibliche e, in particolare, il testo di Ezechiele 34, con la celebre profezia del Messia, nel sabato più vicino alla Dedicazione. Il Messia è il vero pastore suscitato da Dio, è il grande atteso.
Riporto una pagina di don Raffaello Ciccone, sacerdote milanese, deceduto nel 2015, aveva avuto diversi importanti incarichi in diocesi, tra cui quello di essere responsabile per l’Ufficio del Lavoro e delle Acli in particolare. Le omelie di questo sacerdote le ritengo ancora attuali e interessanti.
A proposito del brano della Messa di oggi così commenta: «Poiché siamo in un tempo in cui spesso sorgono personaggi che si proclamano Messia, la domanda, posta a Gesù, vuole verificare la sua identificazione, avendo intravisto in Gesù atteggiamenti di pretese messianiche. Il testo di Ezechiele (capitolo 34) è straordinario e si dimostra un preciso antefatto, legato alla discussione di Gesù durante la Dedicazione del Tempio, spiegando in tal modo la tensione fortissima suscitata».
Che cosa dice Ezechiele al capitolo 34? «Mi fu rivolta questa parola del Signore: “Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele (i pastori erano le guide religiose e politiche), profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pastore… così io, il Signore, passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò… Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia… Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore. Io, il Signore, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro… Voi, mie pecore, siete il gregge del mio pascolo e io sono il vostro Dio» (Ez 34,1-31).
Con questi testi, riletti nella festa, nella promessa del nuovo pastore, le domande diventano stringenti ed anche provocatorie. Di fatto i Giudei “circondano Gesù”: la Cei ha tradotto “gli si fecero attorno”, mentre il verbo greco usato da Giovanni indica “chiuderlo dentro in un cerchio”, per costringerlo quasi con la forza a rispondere alle loro domande. Un gesto che manifesta una minaccia e rabbia per quello che Gesù insegna e fa: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
La domanda è riferita a Gesù, ma i Giudei sanno già che egli si rivela Messia, discendente di quel Davide, di cui parla Ezechiele. Però vogliono sentire a piene lettere la risposta per poi accusarlo.
Gesù come risponde? Li richiama nella loro incapacità di capire. Non accettano le sue parole e quindi non sanno interpretare le opere che Lui fa. Questa mancanza di intelligenza dipende dal fatto che non sono del suo gregge. E l’accusa è grave perché proprio loro, i responsabili del popolo di Dio, non sanno cogliere i segni di Dio e interpretarne il significato.
Gesù dice: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono».
Ascoltare la voce di Gesù significa avere attenzione coraggiosa e fedele alla volontà del Padre senza pregiudizi, senza interessi di parte, senza difese o paure. Ascoltare significa aprirsi al nuovo e il nuovo è sentirsi accolti da Gesù che conosce ciascuno ad uno ad uno.
Seguire Gesù fa aprire gli orizzonti sulla moltitudine, sul mondo dei lontani e dei disperati, sugli esclusi e disprezzati, come Gesù fa. Egli è il modello.
E allora, ecco una domanda che ci tocca: come possiamo dirci cristiani, ovvero seguaci del Cristo evangelico, se il nostro baricentro, ovvero il centro di tutto, è l’ego talmente individualista da essere peggiore di quello degli scribi e farisei del tempo di Cristo? Quando sentiamo parole come “prima i confini di una nazione poi i diritti umani”, e si ha poi il coraggio di proporre per legge la reintroduzione del crocifisso nelle scuole e negli ambienti pubblici, ecco, non solo ci troviamo davanti a un criminale, ma a un credente blasfemo.
Non è che anche gli attuali cristiani che frequentano la chiesa siano coerenti, visto che basta che un prete nell’omelia dica queste cose facendo nomi e cognomi, come del resto faceva Gesù Cristo, e la domenica successiva questi cristianelli della mutua non vengono più in chiesa, accusando il prete di fare politica. E vi scandalizzate, quando gli stessi pastori d’anime votano certi partiti xenofobi?
Quando (non dimentichiamo che Ezechiele e lo stesso Cristo si riferivano ai pastori del gregge), ci sono numerosi preti e suore che votano partiti della destra più razzista (qui da noi nella nostra zona ce ne sono, potrei fare dei nomi), allora per costoro non rimane che una strada: andarsene dalla diocesi o dalla chiesa, a pascolare altrove; se rimangono ancora, a noi non rimane che svergognarli pubblicamente, usando le stesse parole di Ezechiele e dello stesso Cristo.

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