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Tumori causati dall’amianto,
finalmente si fanno passi avanti
con l’immunoterapia
di Vera Martinella
Duemila italiani ogni anno si ammalano di mesotelioma, malattia aggressiva spesso diagnosticata tardi. Uno studio coordinato dal nostro Paese apre una nuova via per far guadagnare tempo ai pazienti
Sono all’incirca duemila i nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia di mesotelioma pleurico, tumore aggressivo e ancora molto difficile da curare, che in nove pazienti su dieci è dovuto all’esposizione all’amianto. Se ancora fino a pochi anni la prognosi era spesso sfavorevole, con una sopravvivenza media inferiore a un anno, oggi la ricerca ha fatto progressi grazie all’arrivo dell’immunoterapia, che appare più efficace della chemioterapia. Lo indica uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet , i cui esiti dimostrano l’efficacia di una nuova opzione terapeutica in caso di neoplasia non operabile o metastatica.
Una malattia professionale
Il mesotelioma è una neoplasia particolarmente aggressiva che colpisce il mesotelio, una membrana fibrosa che riveste vari organi e strutture tra cui i polmoni e la parte interna della gabbia toracica (pleura), il cuore (pericardio), l’intestino (peritoneo) e i testicoli. È strettamente collegato all’esposizione all’amianto o asbesto e nonostante l’impiego di questo materiale (estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione) nel nostro Paese sia vietato dal 1992, il picco di incidenza del mesotelioma non è stato ancora raggiunto perché il periodo di latenza tra il contatto con i fattori di rischio e la comparsa del tumore è di 20-40 anni. Senza considerare che in Italia restano importanti le quantità ancora presenti in molti territori e le bonifiche procedono a rilento. «Questo tumore può insorgere a distanza di decenni dopo l’esposizione all’amianto: oggi, quindi, continua a essere diagnosticato proprio per l’uso intenso del minerale dal secondo dopoguerra fino all’inizio degli anni Novanta — conferma Federica Grosso, responsabile della Struttura Mesotelioma e tumori rari dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria —. I settori più coinvolti sono l’edilizia e l’industria pesante, dai quali deriva il 60% dei casi presenti negli archivi del Registro Nazionale. In alcune zone del nostro Paese, come Casale Monferrato, Mestre, Savona, Ancona, in Friuli Venezia Giulia, nell’area di Monfalcone e Trieste e a Bari il mesotelioma è un tumore frequente per la presenza dei cantieri navali e di fabbriche in cui si utilizzava l’asbesto, ma nella maggior parte del territorio è raro».
I sintomi del mesotelioma
L’amianto è un agente cancerogeno certo, oltre che per il mesotelioma pleurico, anche per polmoni, laringe, ovaio, peritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo (mesotelio che ricopre il testicolo), colon-retto, esofago, stomaco e faringe. «È fondamentale la sorveglianza sulle persone più esposte al rischio di ammalarsi, cioè gli ex lavoratori degli stabilimenti che producevano o trattavano amianto — sottolinea Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica —. Le figure professionali più comunemente colpite sono: addetti ai cantieri navali e edili, operai in aziende di meccanica automobilistica, di materiali isolanti, di tubi e di installazione di impianti di riscaldamento. Il mesotelioma si manifesta, generalmente, attorno ai 70 anni di età e nella maggior parte dei casi viene diagnosticato in stadio avanzato o metastatico, quando la chirurgia non è un’opzione possibile e le percentuali di sopravvivenza sono basse. Purtroppo, nelle fasi iniziali, il tumore non dà segnali chiari della sua presenza». I primi sintomi, di solito presenti da alcuni mesi quando viene diagnosticato, sono dolore toracico, difficoltà respiratoria e tosse. Il segno più frequente è la formazione di liquido pleurico nel torace.
Migliora la sopravvivenza
«Studi recenti hanno evidenziato il ruolo dell’immunoterapia in questa neoplasia e lo studio IND.227 segna un ulteriore importante progresso della ricerca» aggiunge Grosso. Gli esiti della ricerca, pubblicati su The Lancet a inizio novembre 2023, sono stati presentati nei giorni scorsi, durante la sessione plenaria del congresso nazionale Aiom a Roma: l’immunoterapia con pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia con platino e pemetrexed, in prima linea, ha migliorato significativamente la sopravvivenza globale, riducendo il rischio di morte dei pazienti del 21%. A tre anni il 25% dei pazienti trattati con la combinazione era vivo, rispetto al 17% con la sola chemioterapia. Anche la sopravvivenza libera da progressione è risultata significativamente migliore. «Diciassette centri italiani hanno partecipato alla sperimentazione — spiega Marilina Piccirillo, dirigente medico dell’Unità Sperimentazioni cliniche del Pascale di Napoli e coordinatore scientifico dello studio IND.227 in Italia —. Un miglioramento della sopravvivenza a tre anni dalla diagnosi dell’8% è un risultato significativo in una patologia come il mesotelioma, che ha una prognosi ancora infausta. Lo stesso vale per la sopravvivenza libera da progressione di malattia (ovvero il tempo che intercorre fra il termine delle cure e il momento in cui la neoplasia si ripresenta) e per la risposta. Quest’ultima, che equivale alla riduzione delle dimensioni del tumore, si è ottenuta nel 62% nei pazienti trattati con pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia, rispetto al 38% di quelli trattati con la sola chemio, quindi quasi un raddoppio del tasso di risposta. Questo aspetto è importante, perché i pazienti con il mesotelioma spesso sono molto sintomatici e la riduzione delle dimensioni del tumore in genere corrisponde a un miglior controllo dei sintomi respiratori e del dolore. Ci auguriamo che questa nuova opzione terapeutica sia resa disponibile in pratica clinica quanto prima».
Il valore della ricerca indipendente
IND.227 è un trial clinico indipendente («non profit», ovvero non promosso direttamente dall’industria farmaceutica), condotto da tre gruppi cooperativi e coordinato dall’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, dal Canadian Cancer Trials Group (CCTG) e dall’Intergruppo cooperativo toracico francese (IFCT). «Lo standard di cura del mesotelioma pleurico per 20 anni è stato rappresentato dalla chemioterapia, con risultati insoddisfacenti — conclude Perrone, che è anche direttore dell’Unità Sperimentazioni cliniche al Pascale —. Questo studio di fase 3 ha coinvolto 440 pazienti di 51 Centri in Italia, Canada e Francia e dimostra l’alto valore della ricerca indipendente. Va inoltre evidenziato che quasi la metà dei pazienti, 212, erano italiani, a dimostrazione del ruolo centrale svolto dal nostro Paese. Il disegno dello studio è frutto del lavoro di ricercatori italiani e canadesi. Collaborazioni accademiche internazionali come questa rappresentano uno strumento importante per esplorare nuove strategie contro il cancro e per definire nuove cure in grado di migliorare la prognosi dei pazienti, soprattutto nel caso di malattie poco frequenti come il mesotelioma pleurico. I risultati di questa ricerca, infatti, sono destinati ad avere un impatto tangibile e significativo sulla vita dei pazienti».
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