Cara tanto amata Sesto San Giovanni, non ti riconosco più!

scolasesto
di don Giorgio De Capitani
Ascoltando il video dell’incontro del cardinale Angelo Scola per l’apertura della Visita pastorale con i tre Decanati di Alto Lario, Lecco e Valsassina (l’incontro è avvenuto nella Basilica di San Nicolò di Lecco, giovedì 10 dicembre 2015), l’impressione è sempre la medesima: un insieme caotico di parole prolisse, di concetti buttati fuori alla rinfusa, di riflessioni divaganti, per cui alla fine uno si chiede: che cosa ha detto il cardinale? Non parliamo poi degli interventi dell’assemblea, preconfezionati e sottoposti alla censura, per poi essere consegnati al cardinale, ancor prima dell’incontro, così che preventivamente egli possa essere già pronto per le risposte.
La gente presente se ne va a casa, come prima, forse ancor più disamorata della vita ecclesiale. Il “buon” pastore non c’è proprio. Ha la testa altrove, e il cuore non batte per il suo popolo.
Ero tentato di rinnovare la mia protesta nei riguardi di questa ultima “geniale” trovata del cardinale, che si giustifica dicendo di essere stato spinto dai suoi subalterni a iniziare la Visita pastorale per tutta la Diocesi milanese. Pensate: un anno prima di lasciare la Diocesi!  E la Visita pastorale – udite! udite! – durerà solo un anno e mezzo, ovvero fino alla fine di maggio del 2017. La Diocesi milanese è forse ancora la più estesa del mondo!
Avevo preparato il materiale per un articolo, con cui intendevo commentare l’incontro di Lecco. Poi, ho deciso di lascia perdere, per evitare di esagerare nel contestare in continuazione il cardinal Scola, che tutti sanno quanto lo sopporti!
Ma, in occasione dell’apertura della Visita pastorale al Decanato di Sesto San Giovanni (composto di dieci parrocchie presenti nella Città), non sono riuscito a tacere, visto che, proprio in una parrocchia di Sesto, San Giuseppe, la più vasta (contava allora più di 20 mila abitanti) ho trascorso forse i migliori anni della mia esperienza pastorale (potete saperne qualcosa, leggendo il libro: “Da Introbio a Monte di Rovagnate”): dal 1974 al 1983, anni in cui, come potete già intuire, la Stalingrado d’Italia era ancora fortemente industriale, e scossa a causa delle contestazioni sessantottine e del terrorismo. Anni, quindi, di forte impegno che ha rivoluzionato anche la mia vita di fede, tanto da essere emarginato dalle altre parrocchie della Città, e rifiutato nella mia stessa parrocchia di San Giuseppe da un parroco che proprio non voleva accettare l’evolversi dei tempi, restando prigioniero del proprio buco. 
Nel 1983 me ne sono andato, anche perché tra due litiganti chi deve cedere è sempre l’inferiore, così pensano ancora oggi le autorità competenti. Anche se il parroco ha torto, ha sempre ragione! Venivo destinato altrove.
Da allora, a Sesto non sono più ritornato, anche perché non sono mai stato ufficialmente invitato. Solito discorso: fai e disfi, ti dai da fare e t’impegni, e poi basta poco, uno o due anni, perché tutti ti dimentichino. Succederà alla fine anche da parte dei miei ex parrocchiani di Monte.
Dunque, non posso sapere ciò che è successo dopo la mia partenza da Sesto San Giovanni: la Città si è evoluta dal punto di vista socio-politico e dal punto di vista ecclesiale? E come si è evoluta?
Ecco perché mi sono fatto prendere dalla curiosità, quando ho saputo che Angelo Scola era venuto a Sesto per la Visita pastorale. Ed è per questo che ho voluto vedere il video dell’incontro. Un incontro con il solito clichè: prima parla il cardinale (per circa 20/25 minuti), ripetendo le solite cose sul significato e sui tempi della Visita pastorale che sta coinvolgendo tutta la Diocesi, poi si lascia lo spazio agli interventi che non superano il numero di sei o sette, per dare poi al cardinale la possibilità di replicare. Se pensate che gli interventi durano pochi minuti e che l’incontro solitamente dura un’ora e mezza, potete capire lo spazio che si prende il cardinale.
Che dire dell’incontro di Angelo Scola con il decanato di Sesto San Giovanni?
A parte la premessa del cardinale, ciò che mi ha ulteriormente colpito sono gli interventi dell’assemblea. Mi aspettavo che a Sesto le comunità cristiane fossero un po’ più sveglie di quelle del lecchese. Bei quelli, quando gli stessi preti contestavano il loro vescovo: mi ricordo ancora vivamente lo scontro avvenuto in un salone della mia parrocchia (sono stato diretto testimone) tra il cardinal Giovanni Colombo e un prete operaio della Parrocchia della Resurrezione.
Che succede? Ora, si fanno domande delicate, smussate, ripulite, scontate, ripetitive, noiose, senza alcuna provocazione! Che devo pensare? Che la mia Città di Sesto, un tempo fortemente problematica, particolarmente entusiasmante: tanto “rossa” quanto intrigante, tanto violenta quanto amabile, tanto atea quanto cristiana, sia oggi tutt’altra cosa?
Certo, oggi ci sono altri problemi: quello dell’immigrazione e quello del pluralismo religioso; ma non si deve dimenticare che ai miei tempi c’era una difficile convivenza con quei meridionali che creavano difficoltà d’ogni genere; e c’era un forte anticlericalismo e quel mondo operaio che odiava ancora le gerarchie ecclesiastiche.
Però, ecco, non c’era quella indifferenza (l’ho percepita da un intervento del pubblico) che oggi sta allarmando anche le comunità ecclesiali.
Guardando il video e ascoltando gli interventi, mi è sembrato di capire che le dieci parrocchie che compongono il Decanato di Sesto San Giovanni siano tutte più o meno omologate sullo stesso standard. Non ho notato punte di dissenso, come ai miei tempi. Allora si andava nelle strade e si organizzavano attività sociali, come il doposcuola per i ragazzi meridionali disagiati, anche sfidando l’ira dei propri parroci. C’erano preti d’avanguardia che, come ho già detto, sfidavano il cardinale con la loro attiva presenza nel mondo del lavoro.
Mi ha fatto non dico sorridere, ma intristire l’iniziativa lanciata dal cardinale di organizzare incontri nelle famiglie. Che ipocrisia!  Ancora una pastorale a riccio? Ma non è questa la strada giusta! 
Oggi si parla tanto di andare nelle periferie: a parte il fatto che non è necessario andarci, lo siamo già in periferia, in tutti i sensi. Che significa andare fuori dalla parrocchia intesa in senso stretto, e poi portare tale chiusura ovunque andiamo? E il cardinale, se non ho capito male, se la prende se oggi parliamo ancora dei lontani. Ma chi sono i veri lontani? Non sono forse quelli “di casa”? Bisogna, quindi, per prima cosa riformare la parrocchia, e da comunità religiosa renderla comunità umana, senza tirare in ballo il nome di Gesù Cristo.
Qui c’è un’ultima considerazione che vorrei fare. Sono veramente annoiato e stanco di sentire pronunciare il nome di Gesù Cristo, soprattutto quando si parla del suo pensiero o dei suoi sentimenti. Pensate all’ultima lettera del Cardinale, che è rimasta per lo più nel cassetto: “Educarsi al pensiero di Cristo”.
Cristo qui, Cristo là, come la pensa Cristo, quali sono i suoi sentimenti, e così via. Ma chi è in realtà questo Gesù Cristo che la Chiesa, e in particolar modo il ciellino Scola tira fuori ad ogni occasione, anche quando parla del Milan?
Che cosa c’è dietro il nome di Gesù Cristo? Io vedo solo un vuoto esistenziale, o meglio scorgo il volto di una Chiesa che s’è inventato un certo alibi di nome cristo e lo impone in ogni salsa, per evitare di confrontarsi con il mondo moderno che, pur con tutte le sue contraddizioni, è il “nostro” mondo: il mondo in cui viviamo, il mondo dei nostri problemi vitali. Perché temerlo? Perché condannarlo, sempre e in ogni caso, anche quando chiede solo diritti civili?
La Chiesa, fin dal suo inizio, si è inventato un suo cristo, manipolando anche i Vangeli, inquinando le fonti. E in nome di questo cristo, a cui dà forme anche umane (cuore, sentimento, pensiero, ecc.), la Chiesa ha imposto una sua dottrina e una sua morale, ovvero intaccando la mente e il corpo dell’essere umano.
Non si esce da questo circolo vizioso: Gesù Cristo è solo un pretesto perché la Chiesa-struttura-religione s’imponga sul mio pensiero, sui miei sentimenti, sui valori umani.
Vorrei proprio conoscere il vero Gesù Cristo, quando e se vorrà manifestarsi in tutta la sua identità: ma sarà impossibile, in una Chiesa idolatra del proprio idolo?
Concludendo, la visita pastorale di Scola al Decanato di Sesto San Giovanni mi ha lasciato una impressione davvero deprimente: una pastorale chiusa tra le quattro mura di una Città senza più mura.

1 Commento

  1. GIANNI ha detto:

    Francamente, per me il video è troppo lungo, per stare ad ascoltare Scola per quasi un’ora e mezza, tanto penso non abbia nulla di nuovo da dire.
    Questi incontri mi sanno tanto di occasioni formali, in cui si parla tanto, per dire poco o nulla…..

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