Peggio di Peppa Pig. La censura più citrulla della storia

da www.huffingtonpost.it
20 Aprile 2024

Peggio di Peppa Pig.

La censura più citrulla della storia

di Alfonso Raimo
È Telemeloni, bellezza, e i tempi in cui si tuonava dall’opposizione contro la maialina dei cartoni animati sembrano oggi acqua fresca. I Fratelli di Rai tentano di cancellare Antonio Scurati, ma ottengono un boomerang: del monologo sul 25 aprile parla tutta Italia
Destra maldestra: andò per censurare, finì censurata. Lo stop dei dirigenti Rai ad Antonio Scurati è la censura più citrulla della storia. Finora Telemeloni si era fatta avanti con scelte discutibili, ma sempre in qualche modo difendibili. La bizzarra richiesta di oscurare Peppa Pig nella puntata con le due mamme, la cancellazione della trasmissione di Roberto Saviano, le polemiche sanremesi: fin qui una pezza ce la potevano sempre mettere e ce l’hanno messa. Questa volta c’è poco da girarci intorno. Nella settimana del 25 aprile, la Rai prima programma il monologo dello scrittore che più di altri sta raccontando il fascismo. E poi lo cancella. Di fronte a una diffusa indignazione, la Rai col cuore a destra tenta una difesa, ma è più goffa della censura. Alla fine deve intervenire Giorgia Meloni, con un giro di parole che in sostanza è una presa di distanza dai suoi: “Sarà pure propaganda pagata coi soldi del governo, ma non andava censurata”.
Il minculpop de noantri a cinque giorni dal 25 aprile. La destra che governa la Rai ne combina una peggio dell’altra. La partecipazione dello scrittore a Chesarà, la trasmissione in prima serata condotta da Serena Burtone, era annunciata nei palinsesti, con tanto di comunicati stampa. L’accordo era che Scurati avrebbe tenuto un monologo in vista della Liberazione. Con lui in studio ci sarebbero stati Walter Veltroni e Maurizio Landini. Ma in extremis arriva la decisione di non trasmetterlo.
Serena Bortone lo scopre a sera. Prova a informarsi. “Ho appreso ieri sera, con sgomento, e per puro caso, che il contratto di Scurati era stato annullato. Non sono riuscita ad ottenere spiegazioni plausibili”, dice in un messaggio sui social, che solo su facebook viene condiviso 10mila volte.
La Rai prova a rimediare, ma peggiora la situazione. Così quella che era solo “un’aria di controllo politico e di censura preventiva”, come disse dopo il Festival la consigliera d’amministrazione Francesca Bria, diventa un atto censorio messo nero su bianco. A differenza del Festival, stavolta i vertici aziendali non ci mettono la faccia. L’imbarazzo è lampante nell’assenza di una nota ufficiale della Rai. Si incarica del caso il direttore dell’approfondimento Paolo Corsini. Detto per inciso: è il giornalista che ad Atreju si profuse in critiche ad Elly Schlein, dopo essersi definito dal palco “militante del nostro partito”, il partito della premier.
Il direttore sbaglia clamorosamente la difesa. Tenta di ammantare la decisione come una questione commerciale. “Nessuna censura. La partecipazione di Antonio Scurati – spiega – non è mai stata messa in discussione, come dimostrano i comunicati stampa e gli elenchi ospiti a uso interno. Credo sia opportuno non confondere aspetti editoriali con quelli di natura economica e contrattuale, sui quali sono in corso accertamenti a causa di cifre più elevate di quelle previste e altri aspetti promozionali da chiarire connessi al rapporto tra lo scrittore e altri editori concorrenti”. Corsini si espone e fa una magra figura.
Si scopre in fretta che le “cifre più elevate di quelle previste” sono in realtà 2mila euro scarsi. Che per uno scrittore premio Strega, tradotto in 39 paesi, al quarto volume su Mussolini con centinaia di migliaia di copie vendute, non sono affatto tanti. E se Corsini cita le note interne alla Rai, ecco che Repubblica scova quella che lo smentisce senza possibilità di fraintendimenti. “La partecipazione è stata annullata per motivi editoriali”, si legge.
Partita chiusa? Per niente. “Fonti Rai” via agenzia fanno sapere che erano disposte a ospitare lo scrittore, ma a titolo gratuito. Da Fratelli d’Italia provano una rovinosa manovra di sostegno, insistendo ancora sulla motivazione economica. I membri della Vigilanza chiedono che sia discussa in commissione la cifra destinata a Scurati, i 2mila euro al minuto. I fratelli ignorano che intanto il compenso è calato per stessa ammissione Rai: a Scurati sono stati promessi 1800 euro per quattro minuti. Eppure insistono, definiscono Scurati “antifascista a tariffario”.
Ma la strategia è sbagliata. Perchè intanto è partita una campagna che fa viaggiare il testo di Scurati anche oltre l’effetto che avrebbe avuto se fosse stato trasmesso. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori chiede ai colleghi di leggerlo in piazza per il 25 aprile. Aderiscono in tanti, da Firenze a Livorno, a Roma, dove sarà letto alla manifestazione del 24 in ricordo di Giacomo Matteotti. Anche Massimo Gramellini e Roberto Vecchioni lo leggeranno su La7 a Che tempo che fa. Tutta pessima pubblicità per Telemeloni.
La situazione è talmente compromessa che la titolare del marchio, Giorgia Meloni, rompe gli indugi e si schiera con il fronte contrario alla censura. Una clamorosa sconfessione dei suoi. Lo fa alla sua maniera, senza scoprire i compagni di partito. E senza concedere un millimetro alla questione di fondo, quel che lei pensa dell’antifascismo. Perchè il monologo di Scurati è in definitiva un atto di accusa alla premier. Dopo le elezioni “il gruppo dirigente post-fascista aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale- scrive Scurati -la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza”.
Con queste premesse, era oggettivamente difficile che Meloni si dichiarasse antifascista oggi. Ma la premier, con molti distinguo e tanta polemica, un po’ alla Fonzie, finisce per dare ragione al fronte della protesta. “In un’Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta montando un caso”, dice. Definisce “presunta” la censura al monologo e ricostruisce: “La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo. Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo”. È la sconfessione dei suoi, più realisti della regina, vittime di un eccesso di zelo. Pur augurandosi di “non dover pagare” Scurati, Meloni rompe lei stessa la censura per due motivi: “Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno, neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini”. E poi “perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto”. Che è appunto il motivo per cui la censura non dovrebbe esistere.
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Ecco il testo

del monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile:

lo scrittore avrebbe dovuto leggerlo su Rai3

Ecco il testo integrale del monologo di Antonio Scurati, incentrato sul tema del 25 aprile, che lo scrittore avrebbe dovuto leggere durante la trasmissione “Che sarà” su Rai3. Intervento che è stato invece annullato. Il testo è stato pubblicato da Repubblica.it
“Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato.
Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023). Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.

La replica di Antonio Scurati a Giorgia Meloni letta da Serena Bortone

 

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