Angelo Scola, te ne vai o no?
di don Giorgio De Capitani
Dicono che in Curia siano già pronte le valigie.
Dicono che in Curia ci sia già un certo strano movimento, per cambiare look per il prossimo vescovo. D’altronde, è sempre stato così: la Curia è sempre pronta al cambio bandiera. C’è chi ha già deciso di andarsene, e c’è chi è disposto ad adattarsi alle nuove situazioni.
Dicono che stia preparando la lettera di addio, con tanti ringraziamenti e con poche scuse. Ringraziamenti a chi? Poche scuse di convenienza?
Dicono che…
Ma dicono anche che resterà ancora. Magari per un altro anno. Magari per vedere la Diocesi crollare in fondo al mare.
Dicono che il Papa abbia già pronto il nome del successore. Anzi no, dicono che ci stia ancora pensando, che i nomi sono diversi e che non saprebbe scegliere il più adatto alla più grande Diocesi del mondo, mal ridotta com’è!
Dicono che Angelo Scola, il giorno della Festa del Duomo, l’8 settembre prossimo, faccia finta di nulla, e presenti il nuovo Piano triennale, come se dovesse ancora restare chissà fino a quando. Anzi no, dicono che in Duomo non ci sarà, preferendo starsene da solo a piangere sulle rovine della Diocesi.
Dicono che aspetterà l’ultimo secondo della sua scadenza pastorale (è nato il 7 novembre 1941), poi rifletterà, poi disobbedirà, poi resterà, e poi…? Chissà cosa succederà?
Mentre si dice e si sussurra, mentre si fanno i nomi più disparati di possibili successori, mentre il Papa va a pregare sulle tombe dei Santi più taumaturghi per ottenere una particolare illuminazione, mentre la Diocesi milanese, come al solito, attende e se ne frega, mentre i preti e le suore hanno la testa altrove, tanto a loro ciò che interessa è fare i cavoli propri senza essere disturbati nel loro orticello, mentre lo Spirito santo freme perché sia finalmente ascoltato, mentre… che devo dire?
Ma una cosa la devo dire: come la Chiesa avrebbe bisogno di un Papa fortemente “mistico”, così la nostra Diocesi milanese avrebbe bisogno di un vescovo particolarmente “mistico”. Ovvero: un vescovo che stimoli la Diocesi a rientrare in sé, perché la comunità rientri in sé, ma prima di tutto spinga preti e suore a rientrare in sé. Solo rientrando nel sé del proprio essere, si potrà scoprire il Sé divino, e così si scoprirà che il Sé divino non è il dio religioso, fonte di divisioni e fonte di confusioni.
Il nuovo Vescovo dovrà far rinsavire i propri preti e i propri fedeli. E l’unica strada è quella della Mistica, ovvero del risveglio di quel Sé divino che è dentro ciascun essere umano.
Soprattutto noi ambrosiani siamo praticoni, ovvero alieni, fuori del nostro essere più profondo. Pensiamo solo alle strutture da far funzionare, ai grossi organismi da proteggere, alla programmazione di attività e attività, super attività.
Per far ragionare la gente che pensa solo alla pancia, non serve la religione con i suoi riti: essa troverà sempre un modo per conviverci. Occorre farla rientrare nel proprio essere.
I primi alieni siamo proprio noi preti, che parliamo tanto di religione e del suo dio, e, nello stesso tempo, non ci rendiamo conto che la vera sfida, ancora e soprattutto oggi, è quella della Mistica. Sì, parliamo di valori “spirituali”, intendendo per “spirituali” i cosiddetti valori “cattolici”, che, gratta gratta, hanno ben poco del mondo dell’essere interiore, o di quel regno dello Spirito che è dentro di noi.
Se questo Papa ha fallito perché ha solo dato più credibilità alla Chiesa, ma nel suo aspetto strutturale, spero che lo Spirito ci dia la grazia di un Vescovo che inizi proprio da Milano la grande rivoluzione della Chiesa: una Chiesa che riscopra il suo mondo interiore, quel mondo che appartiene a ciascun essere umano, dove non c’è distinzione di sesso, di razza, di cultura, ma Spirito che unifica il molteplice umano nell’Uno divino.
Perché è importante la “conversione mistica” dell’eventuale nuovo vescovo della diocesi di Milano?
Non essendo in grado di dare una mia risposta personale mi affido a C.M. Martini:
partire dalla “conversione religiosa” delineata nel vangelo di Marco (Agostino), proseguire nella “conversione morale” delineata nel vangelo di Matteo (Ignazio di Loyola), attraversare la “conversione intellettuale” delineata nell’opera di Luca – vangelo e Atti – (Henry Newman), per approdare alla “conversione mistica” delineata nel vangelo di Giovanni (Teresa d’Avila).
Teresa credeva in Dio, viveva una vita buona, ma lei stessa scrive che il monastero non l’aveva aiutata a compiere veramente il salto di qualità. Dopo più di vent’anni di “mediocrità” ella entra, per grazia, in quello stato di semplificazione nel quale contempla il Signore presente in lei, in ogni membro del suo Corpo mistico, in ogni persona e in ogni situazione, e contempla tutta la realtà in lui. La conversione mistica è infatti quella condizione che ci permette di cogliere immediatamente la presenza di Dio ovunque. E’ lo stato contemplativo del quarto vangelo, il più consono per chi ha responsabilità di altri. Il responsabile di Chiesa è l’uomo della sintesi, l’uomo capace di vedere sempre lo Spirito in azione nella storia. Deve saper cogliere l’unità nei frammenti, l’unità nelle disparate attività, e non può farlo se non è giunto alla “conversione mistica.”
Scola è stato capace di far questo? Se no, è meglio che se ne vada.
Il sogno è un vescovo con le caratteristiche sopra indicate.
Se ho capito bene la Chiesa che ha istituto Gesù avrebbe dovuto essere un’entità essenzialmente spirituale, che badasse poco o niente alla forma esteriore e ai riti, rivolgendosi direttamente ai cuori. Mentre, all’atto pratico, i suoi ministri l’hanno trasformata man mano in una struttura vera e propria, con tanto di rigida gerarchia, assimilabile a un’istituzione socio-culturale coi suoi regolamenti e precetti, che col tempo ha assunto una valenza politica di rilievo, tale da diventare determinante nelle vicende storiche dell’umanità. Certo, continua a predicare il vangelo e a svolgere la sua azione missionaria e pastorale, ma è soprattutto un centro di potere non solo politico, ma anche economico, con tutte le conseguenze che questo comporta.
rinvio, per i commenti, all’editoriale….