L’EDITORIALE
di don Giorgio
Un nanerottolo diventa gigante
quando si chiudono gli occhi e la mente
Un amico mi ha mandato questo stralcio di un articolo apparso *** (non mi ha detto su quale giornale), scritto da *** (non mi ha detto il nome). Eccolo.
«Papa Francesco ha elevato a cardinali molti vescovi solo per il merito di essere suoi sostenitori personali, come il cardinale Blase Cupich di Chicago e il cardinale Joseph Tobin di Newark, entrambi considerati progressisti e vicini al pontefice. Non ha mai nominato cardinali tanti vescovi di merito, che guidano Chiese locali prestigiose non solo per la storia ma anche per la caratura teologica e pastorale. È il caso dell’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, diventato emerito nel 2022; anche Sua Ecc.za il Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia ha avuto lo stesso infausto destino solo per essere stato molto vicino a Benedetto XVI. Il caso più brutto però riguarda la nostra terra, la nostra diocesi. L’Arcidiocesi di Milano è tra le cinque più popolose del mondo, senza considerare chi si trova solo domiciliato qui per studio e lavoro; oltre al fatto che il vescovo di Milano è capo-rito, ossia capo del rito Ambrosiano. Mons. Mario Delpini guida con onestà, fermezza, dottrina e carità la grande diocesi di Milano dal 2017. La sua colpa: essere libero, non aver bisogno di incensare alcun uomo, manco il papa. La Chiesa di Milano non ha avuto il merito da Bergoglio di avere un Vescovo Cardinale ma in compenso Cristo, Sommo Pastore della sua Chiesa, ha donato alla Chiesa di Ambrogio un uomo di fede, di dottrina, un uomo buono come suo Pastore».
Mi sto ancora chiedendo chi abbia potuto scrivere cose simili su Mario Delpini. Comunque, libero di esprimere il suo pensiero, per amor di dio e di tutti gli angeli che svolazzano allegri nel cielo.
Senz’altro il tizio avrà delle motivazioni, visto che oggi basta poco per lisciare il pelo anche del bue o dell’asino in vista di qualche promozione o favore o altro, oppure basta poco a fare certi confronti, quando nella Chiesa c’è di tutto, e il fondo è senza fondo, e allora anche il nanerottolo diventa un gigante, un idiota sembra meno idiota.
Non giudico mai la persona in sé (solo Dio può giudicarla!), contesto il suo ruolo, e dico apertamente, a differenza di altri preti che pensano come me ma se ne stanno zitti, che Mario Delpini in quanto vescovo di Milano pastoralmente è una frana, una trottola fuori controllo, lo zimbello del proprio ego, uno che ha fatto una scelta ben precisa: passare alla storia come il vescovo prezzemolo, girovago, senza pensiero, senza idee, senza autorevolezza, che fa della Parola di Dio una tale banalità da svuotare il Duomo e da gelare ogni germoglio di vita. Dialetticamente muto, chiuso ad ogni dialogo con gli spiriti liberi, una mummia, talmente tonto da non capire che ruolo sta svolgendo in nome di quel Dio che chiede ai suoi Pastori di non abbandonare il proprio gregge, di non evadere, di stare accanto soprattutto ai suoi preti più fragili.
Delpini sa di non essere all’altezza di un Martini, e per questo fa di tutto per ignorarlo, citandolo talora a sproposito con il suo modo di fare ironico da tira schiaffi, ma vuole distinguersi da tutti i suoi predecessori per ridicolaggini che rasentano l’oscenità e la blasfemia.
Esagero? No, non esagero, se penso ad una diocesi che nessuno avrebbe mai immaginato che arrivasse uno tanto inetto da rendere immobile, bloccando quella autorevolezza pastorale di nobili pastori che nemmeno si permettevano di nutrire qualche idea malsana di come guidare come una trottola impazzita una diocesi tanto esemplare da essere ammirata da tutti.
Il tizio che ha scritto su Delpini uno smodato apprezzamento che ritengo veramente una presa in giro della realtà, o è cieco e ottuso oppure in cattiva fede, e mi meraviglio che neppure di fronte alla evidenza dei fatti non si abbia il coraggio o di tacere o di constatare la loro gravità.
Certo, in tutti c’è del buono, in tutti ci sarà pure qualche retta intenzione, ma, diamine!, qui c’è in gioco il futuro di una grossa diocesi dalle tradizioni secolari, anche se un fuscello volerà via senza lasciare traccia.
Ma siamo anche umani, anche noi preti siamo fragili, bisognosi perciò di una guida autorevole, e non di un cieco e ottuso che lascia le pecore in balìa del nulla pastorale. E se qualche prete sopravvive, lo fa attaccandosi a qualche rottame di una pastorale del fare tanto per fare con inventive mediatiche che toccano appena la pelle.
Certo non mi diverto a contestare il mondo politico o il mondo ecclesiastico, così perché fa parte del mio carattere o perché non sono positivo. Ogni spirito libero sta stretto in qualsiasi struttura, bella o meno bella che sia. E si è liberi spiriti, solo di dentro; chi sta fuori si lascia abbindolare dalle apparenze della carnalità. E poi gioca molto quel senso del buonismo o della sudditanza psicologica, per cui sembra peccato dire anche solo una mezza parola in più del dovuto stabilito dal galateo della gerarchia. Si contesta per un bene migliore.
Così è per me.
21 settembre 2024
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