Una struttura tutta di cartapesta! Un’armata brancaleone!

di don Giorgio De Capitani
La visita a Milano il 25 marzo prossimo del Papa – pontifex maximus, principe della chiesa, santità venerabile e venerata come un idolo in carne ed ossa, incarnazione dello Spirito fattosi dogma intoccabile di fede, il personaggio più popolare del mondo ecc. ecc. ecc. – lascerà tanto amaro in bocca ad una diocesi, a cui non è rimasto neppure un briciolo di pudore di sana auto-coscienza.
Fumo, tutto fumo in una giornata quando perfino il sole si coprirà di vergogna!
A parte le grosse e sempre più diffuse lamentele per un apparato faraonico che metterà in crisi, paralizzandola, la vita sociale di numerosi e grossi paesi a ridosso di Monza e di Milano (ma forse questo non è il vero problema di fondo!), a parte le ferite per un ambiente che vedrà ancora una volta il divario ipocrita tra il bel dire o scrivere e lo strafare dissacratore (questo sì che potrebbe essere un serio problema!), ciò che denuderà le apparenze della diocesi milanese sarà proprio l’esposizione di muscoli pompati al massimo  tanto da opprimere ancor più lo spirito, soffocandolo fino a mettere in crisi la speranza di anime pure e libere, destinate perciò a vivere ancora nel limbo.
Povera diocesi! Povera, appunto, di Spirito!
Povera diocesi, castrata nelle sue più belle eredità di geni di fede di un passato che fu!
Povera diocesi, ridotta a un bel giocattolo, ma frantumato da mani avide di uno strafare scriteriato e così alienante da aver reso il popolo milanese senza testa.
Non è forse blasfemia aspettare il miracolo dalla visita di un personaggio di cartapesta, con tutto il rispetto per la persona?
 Ma da dove partire per una conversione interiore? Forse da una chiesa, struttura di cartapesta?
Sbaglierò, certamente, e magari da domenica 26 marzo la diocesi milanese riprenderà a rivivere, come le ossa aride nella distesa di una grande valle nella visione di Ezechiele (cap. 37).
Ma il problema sarà che il sommo pontefice o l’imperatore cattolico troverà una montagna d’oro luccicante e poi tornerà nella Roma disfatta di Virginia Raggi e nel Vaticano corrotto come un capitano soddisfatto di aver trovato un’armata pronta alla lotta, senza magari accorgersi di avere a che fare con un’armata brancaleone.

2 Commenti

  1. GIANNI ha detto:

    Non so a cosa servano queste visite.
    Ma so che il tempo potrebbe essere meglio impiegato almeno per capire quale sia la dottrina, il magistero, il messaggio della chiesa.
    Ancora molti, ad esempio, non hanno capito cosa preveda la Amoris laetitia sull’eventuale somministrazione dell’aucaristia ai divorziati.
    Di lavoro da fare ce ne sarebbe molto, ed il tempo potrebbe essere utilmente sfruttato per chiarire meglio, invece che per dedicarsi a manifestazioni faraoniche e causa di non pochi problemi di gestione.
    Anche a fronte di un rischio terrorismo sempre presente, come abbiamo potuto constatare, una volta di più, anche ieri.

  2. Giuseppe ha detto:

    Se il papa fosse venuto a Milano nel pieno dello splendore della tanto osannata Expo, o l’anno successivo durante il giubileo della misericordia, ci sarebbe stata qualche differenza? Io non credo. Quello che tu paventi, in una visione quasi apocalittica, a mio avviso è già nei fatti, ma non solo nella tua diocesi. Ho l’impressione che la Chiesa cattolica, almeno nel vecchio occidente, stia passando quella che si potrebbe definire con un eufemismo, una fase di transizione, anche se sarebbe più opportuno definirla di disaffezione. Nella società urlata di oggi, se non ti fai notare con qualcosa di straordinario, che possa mettere in crisi i potentissimi media e ammaliare la pubblica opinione, perdi terreno e popolarità. Certo il Vaticano e soprattutto la figura del Papa, in quanto capo di milioni di credenti, rappresentano sempre un punto di riferimento politicamente importante, a cui è opportuno e conveniente dare ascolto, anche se poi alla resa dei conti si tratta più che altro un atto dovuto, ma ininfluente sul modo di gestire la cosa pubblica. Tutto ciò mentre in genere i cattolici che non sono condizionati dall’ossessione di una osservanza bigotta e pedissequa, pur professandosi credenti tendono a vivacchiare in una dimensione ibrida, che sebbene rispetti e apprezzi gli alti valori e i sani principi della fede, ognuno adatta a se stesso, dando anche spazio all’intolleranza e all’insofferenza verso chi, come le minoranze, i diseredati e i profughi, mette a repentaglio il nostro trantran quotidiano. E il clero d’altro canto, continua a perdere credibilità travolto com’è dagli scandali della pedofilia, della corruzione e della collusione coi poteri forti. La storia della Chiesa ci racconta di una comunità che, seppure nata da un evento miracoloso come la resurrezione di Gesù, è cresciuta e si andata affermando quasi di nascosto, sussurrando, senza mai alzare la voce o ricorrendo a proclami e isterismi, ma poi, una volta stabilizzata e compromessa con il potere, è diventata qualcosa di diverso. Non poteva certo rinunciare alla sua dimensione di casa comune dei credenti e depositaria del messaggio evangelico, ma nel frattempo è andata via-via privilegiando l’aspetto temporale che le conferiva visibilità e importanza di fronte ai potenti della terra.

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