Bufera sul consigliere filo-russo Valdegamberi, Parsi: «Pericolosi legami fra Verona e i denari di Putin»
da Il Corriere della Sera
Bufera sul consigliere filo-russo Valdegamberi,
Parsi: «Pericolosi legami
fra Verona e i denari di Putin»
di Martina Zambon
Il politologo Parsi sul caso veneto: «Inopportuno. E dell’Onda rosso-bruna c’è da preoccuparsi»
Nelle sue «osservazioni» a margine del viaggio a Mosca per seguire lo operazioni di voto, il consigliere regionale veronese Stefano Valdegamberi (eletto nella lista Zaia e ora nel Gruppo Misto), ha rimarcato come si sia trattato di un voto «democratico».
Vittorio Emanuele Parsi, politologo, quando si può definire un voto «democratico»?
«Quando le elezioni sono competitive. Cioè quando il potere è contendibile, con candidati che appartengono a partiti diversi con programmi alternativi che scendono in campo in un’arena pubblica politica e mediatica competitive in cui il detentore del potere non ha privilegi particolari rispetto a chi cerca di contenderglielo. E ci deve essere un clima in cui non c’è una continua repressione del dissenso che arriva fino all’omicidio di chi non la pensa come chi è al potere e senza che ci sia un monopolio nell’informazione da parte del potere e senza che ci sia uno strabordare del potere esecutivo sul potere legislativo e giudiziario. Tutte condizioni che sono assenti in Russia».
Rileva un problema di opportunità politica nella scelta del consigliere Valdegamberi?
«Già solo accettare l’invito di una ong che dovrebbe controllare la regolarità del processo elettorale e che è emanazione di chi controlla il potere politico… si vede solo nell’ex Unione Sovietica».
Valdegamberi è veronese, c’è un filo che collega la città alla Russia di Putin come spesso si è scritto?
«I legami fra potere e denari putiniani e la città di Verona sono purtroppo noti e tutti da finire di acclarare. C’è un gruppo di politici ultraconservatori veronesi che occupa posizioni di livello nello stesso partito che esprime il ministro delle Infrastrutture. C’è una colonia di pezzi da 90 della Lega di Salvini che sono vicini alla Russia e provengono dal Veronese. E poi c’è quel milieu neofascista veronese che ha espresso personaggi finiti ai vertici dell’amministrazione pubblica in quella città».
Eppure non c’è solo l’appoggio dell’ultradestra al regime di Putin, si parla spesso di «Onda rosso-bruna»…
«L’Onda rosso-bruna ha un obiettivo comune: delegittimare le istituzioni della democrazia rappresentativa liberale. E non è un inedito: alle elezioni che nel ‘35 vennero vinte da Adolf Hitler, il primo partito fu il partito nazista e il secondo fu il partito comunista. I due partiti esprimevano insieme la maggioranza del popolo tedesco e di fatto fecero crollare la Repubblica di Weimar».
C’è da preoccuparsi?
«Certo che sì. Tanto più se si somma quella parte di qualunquisti e populisti che sono difficilmente collocabili fra destra e sinistra e spesso votano per il M5s, c’è un massiccio gruppo di attori antisistema che non credono nella Costituzione repubblicana».
Chi temeva al governo Fratelli d’Italia che, invece, ha scelto un posizionamento diverso, si dovrebbe ricredere?
«FdI non è la principale preoccupazione direi».
Restando nella maggioranza, Salvini ha nuovamente invitato l’ultradestra europea, è una scelta che pagherà sul piano dei consensi?
«Mi sembra l’ultima risorsa del personalismo e tatticismo esasperato di Salvini. Uno che osserva la Lega dall’esterno si chiede che ha a che fare la Lega di Zaia e di Fedriga con la Lega di Salvini. Magari quando se ne accorgerà anche Attilio Fontana può darsi che la Lega torni a fare ciò per cui era nata e non per mettere insieme estrema destra europea e deliri sovranisti. Era nata per articolare la sovranità a livello territoriale e rendere più efficace il meccanismo della rappresentanza politica. Bossi era fieramente antifascista, Salvini direi proprio di no. Gli amici con cui va parlano per lui».
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