Celsius 47. I gradi farlocchi di Roma come le bufale No Vax

www.huffingtonpost.it
22 Luglio 2023

Celsius 47.

I gradi farlocchi di Roma come le bufale No Vax

di Mattia Feltri
Pompare i termometri per aizzare sul climate change non è tanto diverso dal dare i numeri per aizzare contro i vaccini: significa buttarla in vacca. Con tanti saluti all’informazione scientifica
Siccome a differenza dei barbieri, dei tassisti (si scherza) e dell’utente medio di Twitter (si scherza meno) non sono edotto sull’intero scibile umano, mi sono dato un metodo: quando non so, mi affido all’ufficialità. Per esempio: non so se i vaccini anti covid siano stati adeguatamente testati, quanto fossero efficaci, e non so se io abbia subito effetti collaterali di cui non ho contezza né se ne subirò, ma siccome i vaccini erano garantiti e raccomandanti dal governo italiano, da tutti i governi occidentali, dalle istituzioni scientifiche internazionali e nazionali, da medici che conosco e ai quali mi affido, da una quantità di persone la cui competenza è fuori dalla mia portata, se non dopo un decennio di studi, cioè fuori tempo massimo, allora mi sono fidato e vaccinato. E oggi credo di aggiungere al dibattito niente più della mia soddisfazione se allego di essere fra i pochi fortunati a non avere mai contratto il covid, che io sappia e incrociando le dita.
Allo stesso modo non so se il pianeta sia piagato dal cambiamento climatico né se sia un cambiamento di cui l’uomo porta responsabilità e nemmeno se ci restino pochi anni per porre rimedio, prima di finire assetati e arrostiti, come per millesimo e per la millesima volta ha ripetuto venerdì su Repubblica il premio Nobel per l’economia Jeremy Rifkin – economista ma accanito studioso di ambientalismo. Però, come prima, poiché per capire se abbiano ragione gli apocalittici o i negazionisti (brutte espressioni, poi ci torno) dovrei prima prendermi un paio di lauree, per me il cambiamento climatico c’è, è colpa dell’uomo, bisogna fare alla svelta e per me è così perché dall’Onu in giù lo sostiene la stragrande maggioranza dei titolati al dibattito. La vita è così: coltivare il dubbio e rimettersi a chi ne sa di più: all’idraulico se si guasta il lavandino e al pilota d’aereo se si vola a Singapore.
Ma se fossi più incline al complottismo – il cambiamento climatico è un’invenzione di Bill Gates, di George Soros, delle multinazionali della transizione energetica, dei rettiliani di Davos dediti a sottomettere l’umanità a un nuovo regime mondiale – la lettura dei giornali di questi giorni mi avvamperebbe più del Sole. Ho letto per esempio un’appassionata cronaca da una stazione meteorologica del centro di Roma, da dove il responsabile calcolava in 39.3 gradi la temperatura ed esclamava “quasi record!”, restando imbattuti i 40.1 rilevati il 4 luglio del 1905, centodiciotto anni fa. Ma non è il primato di allora a scuotermi, pure un profano del mio calibro sa che non c’entrano i picchi bensì le medie, e più ancora le temperature medie del mondo intero. Una singola stazione meteorologica non può raccontare nulla di generale ma soltanto qualcosa di particolare. Ed è una riflessione trascurata non soltanto dai negazionisti (oh, come è fresca quest’estate qui al paesello mio), ma anche dagli apocalittici, in particolare quelli incompetenti come me da una settimana inviati a dettagliare di suggestive immagini il boccheggiare della città del fuoco.
E infatti lo stesso responsabile della nostra stazione meteorologica, in coda all’articolo, allertava l’articolista che la città ha una temperatura e la campagna un’altra, di almeno tre o quattro gradi più bassa, essendo la città coperta d’asfalto e percorsa da automobili, popolata sempre più da palazzi e sempre meno da alberi. Siamo dunque in un luogo particolare e in una condizione particolare, sconosciuta alla Roma di oltre un secolo fa, che poco dice di generale. Cerco di spiegarmi meglio con le parole di Daniele Cat Berro, della Società meteorologica italiana, intervistato qui da Linda Varlese: “L’Esa alcuni giorni fa ha pubblicato una carta delle temperature non dell’aria, ma della superficie, del suolo che ovviamente sotto il sole si arroventa: se misuro la temperatura del suolo del mio orto in questo momento magari raggiunge i 40 gradi, quando l’aria è a 30. Oppure può raggiungere i 55 gradi, quando l’aria è 40. Non è un dato sbagliato, è un dato misurato da satellite da un’agenzia autorevole, ma è un’altra cosa”.
E lo è perché in meteorologia, sono parole di Cat Berro, ci si riferisce sempre alla temperatura dell’aria. Non soltanto è fuorviante mettere sui giornali le temperature al suolo, ma lo è a maggior ragione mettere le temperature in città perché “le linee guida si adeguano anche a contesti particolari come quelli urbani, ma l’importante è che la temperatura venga misurata il più possibile lontano da influenze di edifici, di alberi, di strutture che possano perturbare la rilevazione. Poi ovvio che se a me interessa la temperatura urbana, che poi è quella che sperimenta la maggioranza della popolazione, posso anche misurare la temperatura in un contesto più artificiale, però per fini climatologici occorre attenersi il più possibile agli standard internazionali”, e gli standard internazionali prevedono che “la temperatura si misura a un’altezza di un metro, un metro e mezzo da terra, dentro delle apposite capannine di legno colorate di bianco, con le pareti a persiana: le cosiddette capannine meteorologiche. Lì dentro viene alloggiato il termometro o comunque dentro schermi protettivi che lo riparino sia dalla radiazione solare diretta, sia dalle intemperie, ad un’altezza di 1,5/2 metri rispetto al suolo. Un suolo che deve essere naturale, nei nostri climi un suolo naturale è un suolo inerbito quindi solitamente queste capannine meteorologiche vengono collocate su un prato tenuto raso. Lì abbiamo le condizioni considerate standard”.
Dunque, tutto quanto abbiamo letto in questi giorni vale poco o niente. Vale per mettere in pagina ciò che già sappiamo – fa molto caldo – e niente allo scopo di certificare il cambiamento climatico. Valgono niente anche gli stimati studiosi, perlomeno niente in questo caso, che hanno diffuso in tv e sui giornali fantascientifiche temperature romane avviate ai 43 ai 45 o ai 47 gradi: si è sentito di tutto, e talvolta col supporto della prova fotografica del termometro piazzato sulla croce delle farmacie o sul cruscotto dell’auto, cioè i luoghi perfetti per ottenere un esito adulterato e di molto.
Robe del genere valgono la denuncia del medico no vax che l’altro giorno, con approccio trionfale, pubblicava una tabella che totalizza in 857 mila gli italiani morti lo scorso anno per malore improvviso, e negli anni precedenti erano in media poco più di ventimila. Che vogliamo dire ora dei vaccini? Ma poi è arrivato Roberto Burioni a ricordargli il numero totale dei morti in Italia nel 2022: 713 mila. Non sembrava rigorosamente scientifico sostenere che su 713 mila, 857 mila erano morti di malore improvviso. Pronosticare 47 gradi a Roma per aizzare sul climate change non è tanto diverso da dare i numeri per aizzare contro i vaccini: significa buttarla in vacca. E purtroppo buona parte dell’informazione scientifica è stata buttata in vacca da sensazionalismi, superficialità, risse in stile talk, animate anche da esimi studiosi dediti non più a spiegare come stanno le cose ma a dichiarare l’imbecillità di chi la pensa in altro modo.
E si è quindi planati su un terreno di battaglia in cui ci si chiama gli uni con gli altri negazionisti e apocalittici, cioè su fronti dai quali è possibile soltanto lo scontro ed escluso il confronto. Per esempio, io mi sono molto sollazzato nel nostro giugno freschissimo, senza trarne conclusioni sul cambiamento climatico, finché non ho letto l’intervista a Luca Mercalli, uno dei più apprezzati e citati e ricercati meteorologi italiani, a smentire il mio sollazzo: non faceva più fresco, sembrava perché era nuvoloso, ma faceva caldo. Forse non è stato abbastanza accurato l’intervistatore, ma davvero non l’ho capita. Però mi sono fidato. Poi venerdì ho letto di un report di Terna (una delle più grandi aziende europee di energia elettrica) secondo cui a giugno la temperatura media in Italia è stata di 2.3 gradi più bassa del giugno scorso. E adesso? Adesso niente: adesso siamo qui a discutere di scienza come si discute di salario minimo, festival di Sanremo, mondiali di calcio, immigrazione clandestina e dell’autentica ricetta della carbonara senza venire a capo di nulla, se non di qualche manganellata digitale.
Ps 1. Stamattina (sabato 22), Luca Mercalli sul Fatto cataloga le temperature estreme rilevate in Italia, respinge l’accusa di concorso in enfasi e sollecita punizioni per i giornalisti indisposti a riconoscere la verità. Spero di non rientrare nella categoria se cito ancora Cat Berro: “Chi lo nega (il cambiamento climatico, ndr) o è in malafede o non conosce la realtà fisica dei fatti. Non è questione di creare allarmismo, è questione di avvisare nella maniera corretta e senza esagerazioni”. Oppure il meteorologo Paolo Sottocorona: “Non sono un negazionista, la crisi del clima è grave, ma non serve sparare temperature esagerate”. Probabilmente non si riferivano a Mercalli, ma spero di non vedere la climatologia condotta davanti al Tar del Lazio.
Ps 2. Il report di Terna è incentrato sui consumi energetici, e a giugno si è consumata meno energia elettrica dello scorso anno perché i condizionatori erano spenti. Ma in questi giorni vediamo sui giornali che si è ricominciato a consumarne una quantità: i picchi, i record. Perché abbiamo davvero a cuore la salute del pianeta e la riconversione green, ma intanto bisogna stare al fresco e consumare e consumare e consumare. In fondo ci sono 47 gradi.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*