L’EDITORIALE
di don Giorgio
Questa oscena mania
di esaltare carnalmente il passato…
Ultimo caso, è morto monsignor Luigi Bettazzi, e ancora una volta della persona o personaggio si ricordano subito e solo i fatti: ciò che ha fatto. Oppure, si dice: è stato uomo di dialogo perché ha fatto questo o quello; è stato uomo di pace, perché ha fatto questo o quello; è stato un appassionato del Vangelo, perché ha fatto questo o quello.
A me sinceramente urta questo modo di presentare o di ricordare un personaggio, ovvero una persona famosa, ma solo perché ha fatto qualcosa di speciale.
E non dimentichiamo che sono proprio i fatti nel campo assistenziale o dell’impegno contro la guerra o la mafia o le ingiustizie sempre del tipo politico che esaltano un personaggio davanti allo stato, alla chiesa e alla società civile e religiosa.
I fatti, ecco ciò che conta. E più i fatti sono eclatanti e anche numerosi, più sono il criterio per valutare un personaggio, fosse anche un prete che dovrebbe casomai essere giudicato non dal suo fare ma dal suo essere nel mondo divino.
E la Chiesa istituzionale ha sempre esaltato come santi gli uomini o donne, anche preti o suore, che hanno testimoniato il Vangelo nel campo assistenziale. Ma in realtà il Vangelo che cos’è? Non è la Buona Novella, ovvero la Notizia del Bene che si fa Sorgente di Luce e di Vita nel profondo di ogni essere umano?
Avrei voluto sentire o leggere che don Luigi Bettazzi era stato un autentico ministro del Vangelo, indipendentemente da quanto ha fatto nel campo sociale o assistenziale, in favore della pace e della giustizia. Non è stato anche vescovo di Ivrea, e come vescovo della città come ha vissuto in tutta la sua interiorità quell’immagine di quel Buon pastore di cui parla il Vangelo di Cristo? Sì, “immagine”, perché il Buon Pastore è uno solo: Dio con il Figlio, il Logos eterno che si è incarnato per dare qualche immagine di come dovrebbe essere il Buon Pastore. Anche Cristo, come uomo, Gesù di Nazaret, era solo un’immagine del Buon pastore, che è il Bene Assoluto, da cui emanano bellezza, giustizia, pace, ecc. ecc.
E a propositi di giustizia e pace, quale era l’idea di don Luigi Bettazzi? Aveva le idee chiare sul rapporto tra pace e giustizia? È una domanda credo lecita, dal momento che è difficile trovare anche tra cristiani, tra preti, tra vescovi, perfino da parte del papa avere idee chiare sulla pace, che è anzitutto giustizia.
Infine, stando nel tema, vorrei citare ancora una volta una tra le più grandi filosofe francesi di tutti i tempi, Simone Weil che nel suo libro, “La persona e il sacro”, scritto a Londra all’inizio del 1943, poco prima della sua morte, esprime a fondo questo pensiero, che Giancarlo Gaeta nella Postfazione così traduce: «Per la Weil la questione decisiva è come far sì che il soprannaturale possa circolare nel tessuto sociale in modo da nutrire i rapporti umani e le espressioni del pensiero in tutte le sue forme».
Il Soprannaturale non dovrebbe essere il pane sostanzioso preferito da un ministro di Cristo? Un pane sostanzioso di cui lui, il servitore del Vangelo, per il primo dovrebbe nutrirsi! Senza il Soprannaturale, che possiamo anche chiamare Grazia, che cosa noi credenti vorremmo ottenere: che i popoli diventino tra loro fratelli, che la società migliori in vista del bene comune? Secondo la Weil, il Soprannaturale deve circolare nel tessuto anche sociale e politico, ma come può se nemmeno la Chiesa ci crede, immersa com’è nella carnalità più consumistica?
Ancora Giancarlo Gaeta scrive: «Nella concezione di Simone Weil l’individuo è allo stesso tempo cittadino di due mondi di due mondi, quello a cui appartiene effettivamente, che è l’ambito dei fatti, e quello a cui aspira segretamente, che è l’ambito del bene a cui appartengono ogni verità, bellezza e giustizia. L’errore della modernità per la Weil sta nel considerare una conquista storica l’esclusione del secondo dalla ricerca di ciò che è bene per l’essere umano…».
Qui mi fermo. Ognuno tragga qualche conclusione.
22 luglio 2023
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