Tra la noia omiletica di Angelo Scola e…
una città omologata
di don Giorgio De Capitani
Come faccio sempre ogniqualvolta intendo contestare l’operato o il magistero di Angelo Scola, ho ascoltato per intero l’omelia del cardinale, durante la Santa Messa solenne, concelebrata in occasione del centenario della Parrocchia di S. Giuseppe, Sesto San Giovanni, domenica scorsa 22 maggio 2016.
Che dire dell’omelia? Diciannove minuti e undici secondi di prolissità sconclusionata, senza dire neppure qualcosa di inerente alla storia della comunità di San Giuseppe. Almeno il cardinale avesse fatto un’omelia decente, anche profonda sul mistero trinitario, tale da attirare l’attenzione dell’assemblea! Penso che i presenti, a partire dalla sindaca e dalle autorità civili, si siano annoiati, stanchi di sfogliare il libretto che avevano in mano, alla ricerca di qualcosa di interessante.
Mi chiedo come si possano deludere le attese anche di coloro che hanno organizzato anche con grande enfasi l’evento del centenario.
Mi aspettavo che almeno il nome di San Giuseppe, a cui è intitolata la parrocchia, desse lo spunto al cardinale per parlare del mondo del lavoro. Nulla. Pensavo che essere in una città come Sesto San Giovanni gli ricordasse qualcosa dei tempi andati. Nulla. Pensavo che andasse oltre il fatto di avere davanti una assemblea venuta numerosa in chiesa per la circostanza, e magari poi pronta a sparire nel nulla.
Ma anche se fossero tanti coloro che frequentano la chiesa, in una parrocchia di 17.500 abitanti (ai miei tempi era di 22/25 mila), che cosa sono? Ma non è questo il problema: il vero problema è che la pastorale non deve chiudersi tra le quattro mura di una visione strettamente religiosa. Anche le attività sociali e assistenziali in fondo hanno di mira attirare la gente dalla “nostra” parte.
Sono rimasto sorpreso nel vedere in chiesa l’amministrazione comunale di Sesto San Giovanni, rappresentata degnamente dal sindaco e dal gonfalone. Comunque, preferivo i miei tempi, quando tra i “rossi” e la chiesa c’era un reciproco rispetto, senza mescolare però le carte. Sì, tempi in cui i rossi erano ancora rossi, la contestazione giovanile era vivace, il terrorismo incuteva paura, anche perché invisibile e presente là meno te lo aspettavi: nelle fabbriche e tra gente insospettabile. Ma erano “bei” tempi, in cui chi credeva negli ideali lottava a viso aperto, rispettato anche dai terroristi: posso testimoniarlo personalmente. I terroristi combattevano i sistemi sbagliati, ma rispettavano chi voleva una società più giusta.
Certo, l’ho già scritto, i tempi sono cambiati. Per fortuna, o per sfortuna. Non lo so. Ma questi tempi in cui le città sono finite per essere grossi borghi, alla deriva, copiando la pancesca mentalità paesana, non sono più i miei, e mi sento un emarginato. Anche per vocazione.
In una piccola frazione, Sant’Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lc), ora La Valletta Brianza, ero riuscito, anche grazie alle esperienze precedenti, tra cui quella di Sesto San Giovanni, ad aprire la mente della gente, dal punto di vista religioso e anche dal punto di vista socio-politico, così da richiamare in chiesa forse più gente di quella che ora frequenta la chiesa di San Giuseppe, a Sesto San Giovanni. Venivano da tutte le parti, anche da lontano. Certo, non avevo la possibilità di organizzare chissà quali iniziative (la comunità era di 500 abitanti), ma tanto meno puntava su queste: il mio impegno era lanciare un messaggio forte, che uscisse da Monte. Un messaggio, ripeto, che andasse oltre la solita catechesi tradizionale, e che sapesse coinvolgere i cosiddetti “lontani”.
Ora, vedere che una città come Sesto è caduta in una pastorale ancora tipicamente religiosa, alla stregua di quel pragmatismo tipicamente brianzolo, vecchio stampo, ciò mi fa paura. Una volta erano le città ad essere il fulcro della novità e della contestazione, delle aperture e del progresso, oggi si sono omologate alle tradizioni più becere dei paesi.
Notate bene. Non è tanto la carità a poter dare un volto nuovo alla Chiesa di oggi, ma quella vis profetica o mistica, che purtroppo è venuta meno, anche con la grande popolarità con cui papa Francesco ha conquistato anche i cosiddetti dissidenti.
Certo, la vis profetica e mistica si realizza anche nel concreto: nella carità come apertura agli ultimi. Ma la carità assistenziale deve risentire della profezia e della mistica. C’è modo e modo per stare con gli ultimi. A proposito, non ho mai capito perché la Chiesa ufficiale non ha mai condannato gli operatori della carità, ma ha sempre temuto i mistici e i profeti. Perché? E come mai la Chiesa ha sempre scelto per le grandi città pastori in linea con la pastorale ufficiale e, appena si accorgeva che qualcuno usciva dalle regole, lo allontanava?
Non è la carità a far paura la Chiesa, e nemmeno i preti d’avanguardia nel campo assistenziale: anzi, questi fanno comodo alla Chiesa. A far paura alla Chiesa sono i preti “scomodi” per la loro visuale di fede, per le loro aperture nel campo dottrinale.
Ecco, basta poco a dare credibilità alla Chiesa ufficiale: impegnarsi per il sociale o per il campo assistenziale, ma dietro a questo impegno la religione è sempre la stessa, nei suoi dogmi dottrinali e morali.
E allora diciamolo chiaro: a rinnovare la Chiesa, a portarla fuori da se stessa, non saranno più le città o i grossi borghi, ma i piccoli paesi, dove si può agire con una certa libertà (don Lorenzo Milani docet!), ma, purtroppo, nei piccoli paesi, ora accorpati nelle Comunità pastorali, non ci sono più né profeti né mistici, ma case canoniche vuote e feste mangerecce a iosa.
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Probabilmente, il tema essenziale, principale, era decisamente difficile da svolgere in tutte le sue implicazioni, sopratutto se si decide, come dire…di non far riferimento a quegli approfondimenti che spesso si considerano spinosi.
Che non fanno comodo.
La presenza della trinità, e quindi della metafisica, nel quotidiano.
Tema come dire….annunciato, ma non declinato nella sua effettiva complessità……
L’omelia si riferisce all’importanza di richiamarla nel quotidiano, da cui anche il richiamo alle giaculatorie, ma…..
se andiamo ad approfondire il tema, vengono in mente almeno due questioni fondamentali, appunto non approfondite, e forse anche per non essere stato svolto in tutta la sua complessità, un tema decisamente interessante, forse non è stato neppure compreso, o comunque è stato occasione solo per un richiamo formale all’importanza..di certi richiami metafisici..mi si scusi il bisticcio di parole.
Domandiamoci, quindi: ma se DIo è padre, e la sua presenza assume forme diverse, conformemente ai canoni della concezione trinitaria, occorre necessariamente chiamarlo perchè ci protegga?
Probabilmente no, perchè si ricorda di noi anche quando noi ci dimentichiamo di lui.
E, quindi, come si concilia la sua presenza con il male del mondo?
Se interpretiamo questa frase con riferimento all’ambito materiale, allora già conosciamo la risposta, il famoso principio del libero arbitrio, per cui sembrerebbe (uso il condizionale perchè naturalmente quella che segue è una concezione teologica, non necessariamente per tutti condivisibile) che Dio non intervenga, per non interferire nel libero arbitrio.
E questa risposta, tutto sommato, un qualche fondamento parrebbe averlo, sul piano logico, fermo restando che probabilmente affrontare in modo logico le questioni metafisiche non è certo il modo migliore per arrivare a capirci qualcosa…
Ma, a mio avviso, non è nell’ambito materiale e prettamente umano, che si manifestano i dubbi principali, ma proprio in ambito metafisico, e parlando di un tema spinoso, che quasi tutti dimenticano, o meglio volontariamente omettono, perchè decisamente scomodo, ma che fa sempre parte della teologia cattolica, il male metafisico.
Inutile nasconderci dietro un dito, perchè se parliamo di male, non possiamo dimenticare il tema degli indemoniati, o di tutte quelle manifestazioni come dire..perniciose che, pur in forma minore, conducono al paranormale.
Non mi riferisco solo agli indemoniati, ma a variate fattispecie, oggetti che scompaiono nel nulla (esperienza anche personalmente vissuta), voci, e via dicendo.
Non è chiaro a cosa ricondurre sicuramente tutto questo, ma……
Ricordo ancora cosa disse un sacerdote esorcista a mio padre, che aveva conoscenze in tale ambito….
e qui parliamo dei casi più eclatanti…..
a volte, giustamente, questo sacerdote osservava che bisogna discernere nettamente fatti umani, come la follia, da vere e proprie situazioni paranormali, ma..
quando ci troviamo di fronte ad una persona ignorante, che si mette a parlare in latino o in sanscrito, che sputa chiodi dalla bocca, in presenza della quale assistiamo a piogge improvvise di animali..evidentemente la folle rappresentazione mentale, non regge, vista l’evidenza dei fenomeni metafisici..
Non so cosa pensasse di questo tema un mio antenato che, da quanto ho saputo, era egli stesso esorcista, io mi domando sopratutto quanto segue……
DI qui la mia domanda di fondo: d’accordo, ripeto, per l’ambito prettamente umano, ma quando siamo soggetti a certi fenomeni, molti di noi questi fatti non vanno a cercarseli…e quindi, visto che probabilmente tutto questo nulla ha a che fare con il libero arbitrio umano, ma con un ambito metafisico, la metafisica del male, perchè un intervento divino non impedisce tutto questo?
Pare che solo con reiterati cerimoniali, come preghiere, esorcismi, far dire la messa in certi luoghi, certi fenomeni cessino o smettano del tutto.
Ebbene, mi domando, Dio non potrebbe intervenire preventivamente?
Come notiamo, anche da interventi magari apparentemente formali, qualche volta possiamo trarre considerazioni che vanno oltre le mere intenzioni celebrative, ma probabilmente, proprio il fatto di non volerle affrontare in tutte le loro più ispide implicazioni, è dovuto al fatto che mancano risposte, se non del tipo: mistero della fede……
che per molti non è soddisfacente. Sicuramente non lo è per il sottoscritto….
Relazione utile data dal parroco al cardinale; Scola conosce quindi lo stato di fatto della parrocchia e dei problemi e di presa sociale ai temi religiosi da parte dei fedeli.I partecipanti sono pochi come fare breccia nei cuori inariditi dal consumismo battaglia epocale; solo la difficolta del vivere porta l’uomo verso la chiesa il benessere lo allontana inevitabilmente e il clero conosce bene questi meccanismi e sa aspettare.A fine vita l’uomo debole ormai privo del suo vigore si avvicina al mistero religioso vedi Pannella Scalfari.
Dietro le opere della carità, alle quali non tutti possono accedere, si nasconde di tutto. Mia zia suora si trova in un istituto religioso con annessa clinica (assurta sulla scena pubblica per aver procurato aborti di nascosto) ha dovuto rivolgersi a me per pagargli le ricariche del suo telefonino. Mi è venuto da ridere vedendo la contraddizione tra un istituto sotto la tutela del presidente dei vescovi italiani, che penso sia ricco, e la mia povera zia che ha dato tutto per loro che mi chiede aiuto per ricaricare il suo telefonino. Mio papà si è arrabbiato quando l’hanno costretta a chiedere l’eredità di un suo fratello morto e che loro volevano come fratelli lasciare alla vedova. E’ da tempo che non credo più in certi organismi caritativi, anche se in certi casi sono necessari.