Una Diocesi senza testa e senza cuore… Delpini, dimèttiti!

di don Giorgio De Capitani
Certi “uomini di Chiesa”, oramai in pensione, sembrano preoccupati di dichiarare pubblicamente di essere stati buoni (o bravi) servitori di una struttura religiosa, più che di aver servito quel regno di Dio, annunciato da Gesù, che è all’interno di ogni essere umano.
In altre parole, dimenticano di porsi la domanda fondamentale: “Ho servito il Vangelo di Cristo oppure ho servito una Chiesa nella sua struttura mortificante lo Spirito?”.
Durante una trasmissione di Rai3, “Quante storie”, ho ascoltato l’intervista di Corrado Augias all’ex arcivescovo di Milano, Angelo Scola, con domande inerenti alla sua autobiografia recentemente edita presso Solferino libri, dal titolo “Ho scommesso sulla libertà” (leggi le mie riflessioni personali qui).
Ho avuto all’inizio la netta impressione di ascoltare un “ingenuo” o, meglio un “sempliciotto”, alla ricerca affannosa di mille giustificazioni per coprire un operato pastorale che ha lasciato  dietro di sé un vuoto d’essere, del quale (vuoto) noi ambrosiani in particolare stiamo pagando le conseguenze.
Ma, più che un ingenuo, sembrava quasi un “disperato” che si aggrappa a tutto pur di salvare la propria faccia.
Nessuna autocritica o mea culpa, neppure un minimo pentimento per aver commesso qualche sbaglio! Tutto ok!
Come si può avere una tale faccia di bronzo da coprire evidenti manchevolezze e magagne, anche all’interno di una Chiesa istituzionale, che non si è ancora liberata di quel peso strutturale che, lungo i due millenni dall’inizio del cristianesimo, ha schiacciato il respiro dello Spirito?
Così pensavo, quando ascoltavo le risposte così sicure di Angelo Scola: “Quando questi ‘uomini di Chiesa’ impareranno la lezione di quel
Cristo che non ha inteso istituire una nuova religione, ma dare avvio a quell’era dello Spirito che ancora oggi è represso sotto il peso di una Chiesa così dogmatica e rigidamente sacramentalista da allontanare milioni di credenti, confusi e distratti da ben altri interessi?”.
Angelo Scola, quando eri arcivescovo di Milano, non ti sei mai accorto che stava succedendo ciò che ora è sotto gli occhi di tutti, ovvero che il mondo dello Spirito e dell’essere umano stava morendo all’insorgere di una ideologia narcotizzante le coscienze e tutta protesa ad accarezzare solo la parte più carnale della gente?
Una Chiesa che per decenni e decenni aveva lottato contro una ideologia pregnante di un materialismo ritenuto diabolicamente ateista (dimenticando di distinguere tra ateismo e anticlericalismo!), ora non si sta accorgendo di essere caduta nelle braccia del più lurido razzismo, dietro cui sta una spaventosa frammentazione di ogni diritto umano o, ancor peggio, della stessa realtà spirituale dell’essere umano?
Come, allora, arginare questa frammentazione dell’essere, che è la nostra più reale identità come esseri umani?
È successo che, anzitutto, la religione ci ha rivestito di cose e di strutture, così come la società civile, nei suoi apparati statali, ci ha ridotti a vittime di strutture alienanti.
Quante volte ci chiediamo: “Io chi sono? Noi chi siamo?”.
La domanda neppure ce la poniamo, tanto ci hanno decapitati, togliendoci perciò la capacità di pensare.
“’Siamo’ avere”, e il paradosso è bestiale!
“Siamo” quel grosso animale di cui parlava Platone.
L’”essere” è stato reso una massa di istinti selvaggi, giustificati dai vari populisti in nome di quell’ego diabolico che, come dice etimologicamente il termine “diavolo”, ci separa come spirito interiore dal grande animale esteriore.
Come si può allora non ribellarci, almeno dentro di noi, e urlare in difesa dei diritti del nostro essere, e dei diritti di ogni essere umano?
Perché non chiederci come mai si possa giungere ad una simile barbarie? Chi ha prodotto quel vuoto d’essere che immancabilmente viene riempito da ideologie “carnali”?
Ecco, mi chiedo come un “buon pastore” non si ponga queste domande che sono cruciali, ma che possono essere di stimolo per riaprire quella strada di salvezza che porterà l’umanità a ricomporre l’identità e l’unitarietà dell’essere umano.
Soffro, sto male al pensiero che nemmeno la Chiesa faccia un serie esame di coscienza, il che significa rientrare in quel sé, che è l’incontro con il Sé divino, e da lì partire per dare inizio ad una vera coscienza, a quel ritornare nella realtà più interiore dell’essere.
E poi sento ancora Angelo Scola parlare di religione come un toccasana per ogni problema dell’umanità, e poi vedo sulla cattedra di Sant’Ambrogio un insulso ministro dell’effimero, con quel suo agitarsi a vuoto, con una sfornata di proposte che definire “ridicole” sarebbe ancora un complimento, se non vedessi una diocesi allo sbando, preda del grosso animale.
Basterebbe un po’ di coscienza perché ci si possa sentire almeno in colpa, e riscattarci finalmente e riattivarci con tutte le nostre forze per trovare la via migliore per dare un senso diverso alla pastorale. 
Ma noi preti non ci siamo ancora accorti che viviamo di una pastorale frammentaria, che è un vuoto d’essere e perciò di quel mondo del Divino che viene sistematicamente represso?
Temo, fortemente temo che questa Diocesi milanese non potrà più riprendersi, proprio per la cocciutaggine dei suoi pastori nel persistere (dunque, diabolicamente) sulla strada di uno strafare pastorale senza senso.
Sogno un pastore che abbia l’umiltà e il coraggio di ascoltare le voci più dissonanti di quanti, critici e dissidenti, più che impegnati nell’assistenza caritativa e sociale (lodevolissima, comunque), vorrebbero che si riprendesse l’insegnamento della grande Mistica medievale.
Non basta essere monaci nel privato. Urge una testimonianza di quella realtà dello spirito che, proprio perché boicottata o repressa o tenuta nascosta, ha bisogno di essere risvegliata e riproposta nella sua radicalità alla società cosificata.
Quando un vescovo, ad esempio, parte subito in quinta facendo “proposte” pastorali di pelle, ha iniziato male, e, se insistesse proponendo e proponendo cose e cose da fare restando nel giro “carnale”, creerà ulteriori vuoti d’essere, che saranno riempiti da altri populisti dell’avere.
Ecco perché sogno un vescovo sulla cattedra di Sant’Ambrogio che ci parli anzitutto dell’essere interiore, che scuota la Diocesi con il grande Pensiero mistico, contrapponendo così al mondo “carnale” il mondo “spirituale”, che non è di per sé quello religioso, ma quella realtà, che è l’identità dell’essere umano, in quanto spirito vitale. 

 

2 Commenti

  1. simone ha detto:

    Credo che qualcuno dovrebbe mettersi seriamente a riflettere sulla deriva relativista che la chiesa ha vissuto in questi ultimi anni. Davvero bastano pochi pastori non illuminati
    per distruggere tradizioni e risultati ottenuti nei secoli.
    Io penso alla nostra diocesi…che oggi mi preme definire povera diocesi. Quanti disastri! Quanti oratorio deserti! Quanti errori madornali nelle scelte! Penso al nuovo cammino di iniziazione cristiana: come distruggere anni di educazione dei ragazzi. Adesso facciamo incontri ogni 15 giorni, uno lo si demanda alla famiglia che chiaramente non fa niente. Tra poco seguiremo Messa comodamente da casa….ma dico la bellezza di un incontro? La bellezza di migliorarsi ogni giorno? La bellezza di pregare insieme alla comunità? No rinchiudiamoci nelle case e viviamo la nostra vita senza muoversi dal divano. La paura di perdere fedeli ci ha spinto ad allinearci alle logiche del mondo rendendoci ridicoli. Sì siamo ridicoli; nelle nostre liti; nel nostro continuo leccare il culo ai preti manco fossero
    padri eterni; nel nostro sgomitare per farci vedere; nel nostro essere sempre in prima fila. Sì siamo divenuti ridicoli…..tutti. Intanto non praticanti ci mostrano ogni giorno “il Dio vivente in mezzo a noi!”. Aiutando i migranti, accudendo i malati, difendendo i diritti dei deboli (che non
    sono diritti deboli come amava dire il card. Tettamanzi). Sì le nostre comunità son diventate anacronistiche, insensate. Gli ultimi ci stanno mostrando il volto di Dio. Noi intanto aggiorniamo il sito con nuove stronzate, pensiamo a come difenderci, prepariamo la nuova battutina per far ridere
    il Duomo. Al giorno d’oggi meglio essere non-praticanti…purtroppo in chiesa si impara benissimo a NON essere cristiani nella vita.

  2. don ha detto:

    Il problema è che il Papa dice una cosa, fa proclami ma poi non solo si comporta in modo diverso ma fa delle scelte che stanno esattamente agli antipodi di quello che dice. Mi spiace ma Ratzinger era molto più coerente: almeno si sapeva chiaramente come la pensava e le scelte erano conseguenti alle parole. L’attuale Papa è un illusionista

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