Assedio sovranista all’Ue, Draghi e Merkel provano ad arginarlo

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ESTERI
22/10/2021

Assedio sovranista all’Ue,

Draghi e Merkel provano ad arginarlo

Polonia, gas, migranti infiammano il Consiglio europeo. La cancelliera ammette: “Lascio in una fase preoccupante”
By Angela Mauro
“Il mondo ti è grato per la tua leadership”, dice Barack Obama nel suo videomessaggio ad Angela Merkel nel giorno in cui la leader tedesca saluta i colleghi europei per il suo ultimo summit a Bruxelles prima di lasciare la cancelleria. All’Europa Building la celebrazione per Angela raggiunge livelli infiniti. La presidenza del Consiglio Ue diffonde un video che omaggia le sue 107 partecipazioni ai summit europei. Charles Michel parla della sua assenza come di un evento incalcolabile, “tipo Roma senza il Vaticano”, addirittura. Il grande ‘osanna’ per Merkel rivela le preoccupazioni per il futuro. “Lascio in un momento preoccupante per l’Ue”, ammette la stessa cancelliera.
A due passi dall’Europa Building c’è Marine Le Pen in persona, arrivata in città in soccorso al suo sodale nazionalista Mateusz Morawiecki, il premier polacco protagonista dello scontro epocale con Bruxelles sullo stato di diritto. Si incontrano in mattinata. Poi lei vede anche l’altro alleato in Consiglio, lo sloveno Janez Jansa. Prende accordi con Viktor Orban per un incontro martedì (mentre ieri aveva visto in videoconferenza Salvini). “L’atteggiamento da parte dell’Ue verso l’Ungheria e la Polonia è sintomatico di una visione autoritaria e profondamente anti-europea”, attacca la leader del Rassemblement National in una conferenza stampa convocata alla fine dei lavori del Consiglio, mentre i leader lasciano Bruxelles. “Con Morawiecki proponiamo un modello democratico dove le nazioni siano sovrane. L’Ue contesta alla Polonia il diritto di organizzare il suo sistema giudiziario. Io invece difendo la sovranità polacca, così come difendo quella francese: le costituzioni nazionali sono superiori a tutte le giurisprudenze internazionali”.
La propaganda sovranista riesce a condizionare i lavori del vertice europeo. Inaspettatamente, i 27 restano inchiodati a discutere di immigrazione per oltre 5 ore. L’agenda prevedeva solo un punto di discussione sulla cosiddetta ‘dimensione esterna’, il finanziamento dei progetti di sviluppo nei paesi d’origine decisi al Consiglio di giugno. Bene, otto piattaforme di progetto vengono approvate, ma il resto è una lotta ad armi impari.
Polonia, Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca fanno fronte comune con la Danimarca, ma anche con la Grecia e altri interessati al confine orientale. In tutto sono 12 paesi, gli stessi che tempo fa hanno firmato una lettera per chiedere fondi europei per costruire muri anti-migranti al confine. Oggi riescono a imporre questa discussione agli altri leader che condividono i timori sull’uso “strumentale” dei migranti da parte della Bielorussia contro l’Ue, sottolinea Mario Draghi, nella conferenza stampa che si tiene nella nuova sala assegnata all’Italia, ereditata dalla Gran Bretagna dopo la Brexit, si trova ai piani alti con Germania e Francia, non più nello ‘scantinato’ come altri paesi del sud dell’Europa. Fine delle belle notizie. In Consiglio i leader riescono a mala pena a sventare il tentativo di usare i fondi comunitari per innalzare le barriere, cosa che del resto sarebbe una sconfessione dei valori di un’Europa che usava criticare i muri di Trump col Messico.
Nelle conclusioni finali, il riferimento ai “diritti fondamentali e agli obblighi internazionali già restringe il senso dell’ipotesi”, dice Draghi. Anche se “la prima parte sembra un’apertura al finanziamento” delle barriere ai confini, “non è assolutamente così – assicura il premier – perché tutto questo dovrà essere proposto dalla Commissione, che è contraria, e approvato dal Consiglio Europeo, dove non siamo d’accordo in tanti, a cominciare da noi”. Anzi, aggiunge, “per una strana eterogenesi dei fini” il testo apre uno “spiraglio” alla ripresa della discussione sul nuovo patto per le migrazioni e l’asilo, rimandata a dopo le presidenziali francesi. Perché si tratta di un “invito a cambiare la struttura legale dell’Ue e la stessa von der Leyen ha detto che, con questo linguaggio, allora si può aprire la discussione sul patto, ferma da oltre un anno”.
Non è un contrattacco. È un tentativo di resistenza. La ‘nuova’ morsa sovranista sull’Europa fa leva sulle divisioni tra gli europeisti. Quando all’Europa Building la discussione sull’immigrazione prende quota a briglie sciolte, l’olandese Mark Rutte si lamenta dei movimenti secondari dei migranti dai paesi di arrivo verso il nord Europa. Anche questa spina si infila nella discussione e fa molto male all’Italia, prima indiziata dei movimenti che danno fastidio all’Olanda, ma anche alla Germania. Ne nasce un braccio di ferro lungo e complicato, risolto a fatica. La mediazione è di includere nel testo finale “l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità”, la bozza “parlava solo di movimenti secondari”, riassume Draghi guardando il bicchiere mezzo pieno.
Resistenza, nelle divisioni. Lo stesso premier ammette per esempio che ci sono “posizioni molto divisive” sull’energia, “alcuni paesi vogliono includere il nucleare tra le fonti di energia non inquinanti”. Deciderà la Commissione a dicembre. E pure su cosa fare contro il ‘caro bollette’ non c’è unione: ieri la discussione si è prolungata anche su questo argomento. Draghi ha sottolineato la necessità di “preparare subito uno stoccaggio integrato con le scorte strategiche. Dobbiamo proteggere tutti i Paesi dell’Ue in egual misura”.
La sfida Polacca sullo stato di diritto riporta a galla tutte le tensioni messe sotto il tappeto in questi anni. “Le regole sono chiare – dice Draghi – In discussione non c’è una legge secondaria dell’Unione ma la primaria, il Trattato. E dunque non ci sono alternative. La Commissione non può far altro che andare avanti” nelle decisioni da prendere contro Varsavia: procedura di infrazione o blocco dei fondi del recovery. L’attivazione dell’articolo 7, che prevede la sospensione dei diritti anche di voto per quei paesi che violano le leggi dell’Ue, non è possibile perché – anche qui – non c’è unanimità tra i leader. Inoltre, “è necessario mantenere un dialogo con la Polonia”, continua Draghi, evidentemente esperto ormai di trattative e riconciliazioni con la parte sovranista del suo governo: la Lega. Gliene chiediamo conto in conferenza stampa: “L’adesione della Lega al governo – ci risponde – è stata decisa sulla base del principio che chi fa parte di questa maggioranza deve rispettare il diritto dell’Unione, l’euro. Nessuno degli altri leader europei ha posto domande su questo punto perché nessuno ha dubbi sul fatto che questo governo sia europeista”.
Cala il sipario sull’ultimo vertice di Merkel, si apre definitivamente lo squarcio tra le divisioni nell’Ue. “Potrebbe esserci la sensazione che coloro che hanno aderito all’Unione europea in un secondo momento si trovino nella posizione di dover accettare qualcosa che esisteva già quando sono entrati e che non abbiano il diritto di metterlo in discussione”, dice la cancelliera uscente. Ma “l’hanno accettato perché i Trattati erano ben noti, tutti li hanno firmati e ratificati”.
La leader tedesca prova a parlare con Morawiecki a quattr’occhi. Ma finora i suoi tentativi di riconciliare, il suo sforzo di trascinare gli altri leader europei sulla via del dialogo con Varsavia non pagano. Morawiecki se la intende di più con Le Pen, sull’idea di un’Europa delle nazioni, non unita, più disunita di quanto non sia già. “Lascio ora questa Unione europea sotto la mia responsabilità di cancelliera in una situazione che mi preoccupa. Abbiamo superato molte crisi, ma abbiamo una serie di problemi irrisolti”. Il saluto di Merkel è triste quanto le celebrazioni della sua ultima presenza tra i leader Ue.
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da AVVENIRE
23 ottobre 2021
Ue.

Draghi duro con la Polonia:

il Trattato si rispetta.

Si torna a parlare di nucleare

Vincenzo R. Spagnolo
Il premier italiano ha però chiesto di mantenere aperto il dialogo con Varsavia. E tutti concordano, considerata la crisi del gas, di affrontare il nodo delle fonti energetiche rinnovabili
In una fase politica europea agitata da tensioni, senza la solida sponda della cancelliera tedesca Angela Merkel e col G20 alle porte, il premier Mario Draghi torna a Roma con alcuni dubbi, ma anche con qualche certezza rispetto a quando era partito per Bruxelles. A lasciarlo intendere è lui stesso, nella conferenza stampa finale: «Questo Consiglio Europeo, immaginato come una riunione di transizione senza grandi discussioni, si è rilevato importante e con discussioni approfondite e complesse». E in effetti, sul tavolo sono finiti, uno dopo l’altro, i dossier più pesanti: dall’energia ai flussi migratori, fino al caso Polonia.

Energia, rinnovabili e nucleare

Draghi ha fatto presente l’urgenza di affrontare la questione delle fonti energetiche: «Bisogna fare presto, pensando a uno stoccaggio integrato, a un inventario delle riserve per creare un sistema che protegga tutti i Paesi Ue in uguale misura». Ma nel lungo periodo «bisogna puntare sulla strategia delle rinnovabili», e se nel frattempo «i prezzi del gas salgono, c’è il problema di finanziare questo percorso». Per affrontare i costi c’è «bisogno di misure strutturali», di «una strategia che punti all’autonomia dell’Ue» senza «dipendere dal gas fornito da altri Paesi». Nella riunione è rispuntato fuori il tema del nucleare: «Ne abbiamo parlato. Alcuni Paesi chiedono di inserirlo tra le fonti di energia non inquinanti». La Commissione procederà a una proposta a dicembre (la presidente Von der Leyen è favore di un nucleare di nuova generazione) ma «ci sono posizioni molto divisive in Consiglio. Vedremo quale nucleare e poi in ogni caso ci vuole moltissimo tempo», fa notare il premier. Ma tanto basta per incassare il plauso di Matteo Salvini e della Lega per l’accenno al tema.

Migranti, l’altolà sui muri

Il confronto sulle politiche migratorie (dai fondi per Piani d’azione verso i Paesi terzi ai movimenti secondari di richiedenti asilo) è stato animato e ha portato alla riscrittura della prima bozza di conclusioni. «Non è vero», puntualizza il premier, che ci sia un’apertura dell’Ue al finanziamento dei muri sulle frontiere esterne: «La Commissione non è d’accordo e anche dentro il Consiglio tanti Stati non sono d’accordo, noi compresi». Il riferimento a modifiche alle regole di Schengen, presente nella prima bozza, «non c’è nel testo finale e siamo soddisfatti», precisa. A lungo l’Italia è stata lasciata da sola, ma «oggi questa situazione è un problema di tutti», perciò – prosegue Draghi – «l’importante è non dividersi e non privilegiare un Paese o una rotta». In questa fase «il regime bielorusso» esercita pressione usando strumentalmente l’immigrazione» verso l’Ue, ci sono masse in arrivo dalla Turchia per via della crisi afghana e c’è la «pressione del Nord Africa». Il primo «quadro legale su cui fare progressi è il Patto sulla migrazione e l’asilo» presentato a inizio mandato dalla Commissione. E nella bozza del Consiglio, c’è un passaggio che lascia sperare: «Per una strana eterogenesi dei fini, quello che doveva essere un paragrafo sul finanziamento dei muri non contiene questa possibilità, ma ha aperto uno spiraglio sulla discussione sul Patto, ferma da un anno».

Polonia: «Regole chiare»

Sullo strappo di Varsavia, Draghi è tranchant: «Non è stata messa in discussione una legge secondaria dell’Unione, ma il Trattato. Le regole sono chiare – considera –. Bisogna però mantenere un dialogo e una strada politica con la Polonia». E a chi chiede se la linea di Palazzo Chigi vada bene anche alla Lega di Salvini, risponde perentorio: «Nessuno ha dubbi che questo governo sia europeista. Chi fa parte del governo deve rispettare il diritto dell’Unione». L’ultima riflessione è sul Recovery Plan: «Non c’è nessun ritardo e non registro nessuna preoccupazione». Infine, il Patto di stabilità Ue: «Abbiamo un anno per parlare di revisione delle regole e affrontarle in modo realistico. Più di uno dubita che il Patto funzioni bene, per affrontare queste sfide abbiamo bisogno di regole di bilancio diverse».

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