Il linguaggio popolare ed equivoco di papa Francesco

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Il linguaggio popolare ed equivoco

di papa Francesco

Le due recenti uscite del Papa sulle vignette di Charlie Hebdo e sulle famiglie numerose, con l’immagine del pugno a indicare che, quando si offende la propria madre, ci si può anche aspettare una forte reazione; e con l’immagine dei conigli che fanno figli a tutto spiano, a indicare la responsabilità procreatrice dei genitori che, appunto, non devono fare come i conigli, hanno scosso il mondo mediatico, in particolar modo quello italiano.
Un papa fuori delle righe, un papa senza più ritegno, un papa che le spara grosse…
Non riporto altro, perché ci sarebbe anche da riderci sopra.
Ciò non toglie che papa Francesco abbia effettivamente detto ciò che tutti abbiamo ascoltato. Basta rivedere i video.
Tutto però dipende dal contesto, e tutto dipende dal linguaggio usato.
Sul contesto, siamo alle solite: noi italiani, soprattutto, amiamo estrapolare parole e gesti dall’ambito di un discorso o di un comportamento, con lo scopo di colpire di più l’opinione pubblica, preda delle nostre ambiziose doti ingannatrici.
Questa è l’arte dei mass media. Ma, più che di arte, parlerei di ignoranza! Ora poi che anche i bravi anticlericali ottusi stanno strizzando almeno un occhio alla Chiesa di papa Francesco, succede di tutto. Digiuni come sono di questioni e di terminologie religiose, dicono di quelle cazzate che non avete l’idea. E citano anche la Bibbia, autori cristiani, rubano il posto agli esegeti e ai teologi. Prima mettono sul piedistallo il papa, e poi lo distruggono, con la loro stupida ironia. Alla Charlie Hebdo! E proprio questo temevo, e si è verificato. Papa Francesco ingenuo? Forse qualcuno lo doveva avvertire!
Ma la sua ingenuità si è rivelata soprattutto nel linguaggio. Certo, piace un papa che parla come uno del popolo. Si fa capire, finalmente! Basta con il teologhese! La Chiesa ha allontanato la gente, stando in cattedra a pontificare rivolgendosi solo agli accademici.
Ma… un rischio c’è, ed è quello che, non essendo abituati, possiamo restare un po’ sorpresi, per non dire scandalizzati. Per anni, ho subìto anch’io le conseguenze di un linguaggio forse troppo pittoresco e colorito. Poi la gente si è abituata, ma non troppo. Ancora oggi mi rimproverano duramente!
Strano questo popolo di Dio, che si lamenta perché la gerarchia parla difficile e, poi quando si fa capire, dà fastidio, forse perché, ecco il vero problema, la verità è come una lama a doppio taglio. Se la lama rimane nella custodia, non è dannosa. La custodia della verità è un linguaggio forbito, accademico e astruso.
Non preoccuparti, papa Francesco! La prossima volta si scandalizzeranno di meno. Sempre di meno, e la conseguenza sarà che anche tu parlerai al vento!
Ma… vorrei farti due appunti critici. Sì, sei stato ingenuo, ma, nello stesso tempo, scaltro. Sei andato contro l’onda quasi generale di sostegno a Charlie come emblema dissacrante della libertà di pensiero, e poi hai dato corda a quanti sostengono una procreazione più limitata. Mentre, però, hai continuato a difendere, anche tramite i tuoi mediatori, il rispetto per la libertà religiosa, subito dopo ti sei sentito in obbligo di chiarire la storia dei figli, tenendo un discorso alle famiglie numerose, elogiandole. Dunque, un passo avanti, e due indietro. È quanto temevo! 
Che dire?
Credo che, senza dettare legge a nessuno, e tanto meno al papa, bisogna avere il coraggio di aprire con decisione una Chiesa che, tra tira e molla, rimane ancora vittima della propria struttura secolare.
Non basta usare un linguaggio apparentemente popolare, se poi, dietro, gli schemi sono quelli che sono. Io, ad esempio, non ce l’ho con Charlie Hebdo solo perché pubblica vignette oscene su Maometto o sulla Chiesa cattolica. Il vero problema è il rispetto per qualsiasi fede religiosa, o per altre credenze anche semplicemente umane. Satira per me è un’altra cosa. E tutta quella ondata di consensi dei mass media italiani mi ha fatto imbestialire, toccando con mano la loro perfida ipocrisia.
Ma è sulla procreazione responsabile che il Papa, secondo me, ha fatto uno scivolone, usando un’immagine, quella del coniglio, tanto equivoca quanto accattivante. Il problema non è tanto il numero dei figli: pensate, ha indicato il tre come quello ideale! Poi il portavoce ha corretto, dicendo che quel numero era il minimo, al di sotto del quale non si può andare. Ma chi ha stabilito il numero tre come il minimo? Forse la Santissima Trinità?
Gli sposi devono essere talmente responsabili che il numero non conta affatto! Se tu, Chiesa, stabilisci il numero (e talora anche lo Stato s’intromette, favorendo più figli!), mi rispondi allora che cosa intendi per responsabilità procreativa? Come quando si va dal prete, e gli si chiede: “Cosa devo per la Messa?”, e il prete risponde: “Offerta libera, ma dai 30 € in su!”.
Non devo essere io, Chiesa, o io, Stato, a stabilire il numero dei figli. E tanto meno devo proporre come modello una famiglia numerosa.
Nella Festa della Sacra Famiglia, la Chiesa, e i preti in testa, nelle loro omelie la propongono come la famiglia modello. Modello di che? Madre vergine, padre putativo, figlio unico! E allora, come la mettiamo? Non c’è nulla di “normale” nella Famiglia di Nazaret! Nulla che possa essere di modello. O sbaglio?
E non parliamo poi dell’autorità dei genitori, che Gesù dodicenne ha contestato, rivendicando la propria autonomia. Che valore dare all’obbedienza?
Non voglio dilungarmi, anche se sarei tentato.
Concludendo. Nulla di nuovo sotto il sole! Papa Francesco ha fatto grande scalpore, ma… tanto tuonò che non piovve! O, se piovve, si trattò solo di una tempesta di parole o di commenti dei nostri stupidi mass media italiani.
24 gennaio 2015   
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