Perché Meloni non ha condannato il pestaggio di Firenze (un’ipotesi)
Foglio, Repubblica, Otto e mezzo
Perché Meloni non ha condannato
il pestaggio di Firenze (un’ipotesi)
di GIANLUCA MERCURI
Giorgia Meloni quel posto lo conosce bene. Lo ha raccontato Giovanni Donzelli a Claudio Bozza in un’intervista per 7 del dicembre scorso, quando il coordinatore di Fratelli d’Italia era in piena ascesa e non aveva ancora commesso il mezzo suicidio politico dell’attacco al Pd sul caso Cospito, col relativo coinvolgimento del collega di partito Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia ora indagato per rivelazione del segreto d’ufficio, quello che riguardava i contatti in carcere tra l’anarchico e due boss.
Disse Donzelli a proposito del suo primo incontro con la futura presidente del Consiglio:
«Era il ‘99, fuori dal liceo Michelangiolo, nella mia Firenze, durante un volantinaggio contro le falsità nei libri di testo. Giorgia e Francesco (Lollobrigida, attuale ministro che ancora non era suo cognato, ndr) vennero da Roma. Poi, nel 2001, Fini avvia la rifondazione del movimento giovanile di An, che era in una fase di stanca. Dopo una lunga impasse, io, che avevo come riferimento Gasparri e La Russa, da leader degli universitari dissi a una riunione dei giovani dell’allora corrente di Destra Protagonista: “Meloni è la più brava, sarà la nostra candidata”».
Forse queste parole aiutano a capire, almeno in parte, perché Meloni non abbia detto una parola sul pestaggio di sabato mattina proprio davanti al liceo Michelangiolo, con due studenti di sinistra picchiati, uno con particolare accanimento, da sei giovani di destra, tre minorenni e tre maggiorenni, militanti di Azione studentesca, movimento giovanile legato a Fratelli d’Italia, ora denunciati per violenza privata e manifestazione non autorizzata.
Il silenzio della premier e la reticenza del suo partito nel condannare in modo chiaro la violenza di Firenze hanno suscitato ovvie critiche da sinistra, ma quella più articolata è arrivata da un giornale come il Foglio, non certo rossissimo:
«Ciò che sorprende è il silenzio del governo e di Fratelli d’Italia che per il momento non ha condannato l’episodio ma ha presentato un’interrogazione parlamentare, anche se l’autore, il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, si è già espresso sostenendo che si sia trattato di “una rissa”. Sorprende il silenzio della premier Giorgia Meloni, che anche in Parlamento nei suoi primi discorsi ha espresso simpatia nei confronti dei giovani di sinistra, che la criticano, perché le ricordano la comune passione ed esperienza giovanile di militanza politica. E sorprende il silenzio di Giovanni Donzelli, il reggente de facto di FdI che racconta (sempre nell’intervista a Claudio Bozza, ndr) di aver subìto da studente il bullismo dei suoi coetanei di sinistra che lo appesero a testa in giù, tenuto per le caviglie, dal terzo piano della facoltà di Scienze politiche a Firenze».
Da sinistra, in molti hanno fatto notare che Meloni, appena arrivata a Palazzo Chigi, fu invece prontissima a commentare gli incidenti di fine ottobre alla Sapienza di Roma, e a difendere i poliziotti che avevano fermato con durezza gli studenti di sinistra — «per nulla pacifici», disse la premier — che non volevano far parlare quelli di destra.
Questa differenza l’ha usata pro domo sua anche Italo Bocchino, direttore del Secolo, già uomo di punta del tentativo finiano di costruire una destra moderna e ora tra i più efficaci volti televisivi del melonismo. Lunedì, in una delle sue frequenti apparizioni a Otto e mezzo su La7, Bocchino ha spiegato la loquacità della leader sugli scontri di Roma proprio col fatto che lì era evidente la responsabilità degli studenti; poi ha detto che lei in questi giorni non poteva certo intervenire avendo ben più urgenti impegni internazionali; infine non si è tenuto più e ha detto quello che pensa davvero: a Firenze nessuna violenza squadrista ma una semplice «rissa», in cui quelli di destra avranno esagerato ma a provocare sono stati quelli di sinistra. Il tutto mentre le indagini sull’episodio, e su un episodio analogo avvenuto a dicembre, sono in pieno svolgimento.
Bocchino va seguito alla lettera perché è sveglissimo — errori come quello di Donzelli su Cospito non ne farà mai — e venendo da un lungo periodo nell’ombra sta attentissimo a essere l’esegeta perfetto del pensiero meloniano. E non sorprende che il pensiero meloniano sulla «rissa» di Firenze sia il suo. La premier non parla perché, se difendesse i picchiatori di Azione studentesca come ha sostanzialmente fatto Bocchino, subirebbe una tempesta politica pericolosa. E non parla perché, se al contrario li condannasse, compirebbe un atto che considera probabilmente contro natura.
Perché? Perché in quei giovani forse, almeno in parte, si identifica. Non certo perché da giovane abbia praticato la violenza — agli atti non c’è un solo episodio del genere in cui sia mai stata minimamente coinvolta — ma perché tutta la militanza di destra degli ultimi 50 anni, nelle sue diverse espressioni, si è nutrita del mito (e della realtà) della solitudine, dell’isolamento, dell’ostracismo politico e istituzionale, dei camerati morti, della soverchiante presenza di una sinistra giovanile che non coltivava certo tendenze gandhiane. Meloni si sarà trovata decine di volte a volantinare mentre le gridavano fascisti carogne tornate nelle fogne, magari in contesti culturalmente ostili come quello di un liceo fiorentino. Forse si è ricordata di lei e Donzelli davanti al Michelangiolo vent’anni fa e allora proprio non ce l’ha fatta a dire che quella dei giovani di Azione studentesca è violenza squadrista tipicamente di destra, come quella della Sapienza era violenza politica tipica della sinistra.
Proprio nelle ore in cui la premier conosce, a Kiev, la consacrazione di leader pienamente integrata nel sistema di valori occidentale, la presa di distanza da questi retaggi della sua matrice politico-culturale è l’ultimo passo che le manca, ma è un passo che forse non ci sarà mai. Alla base del successo meloniano non c’è infatti solo la modernità anti-sofisticazioni del suo messaggio e del suo personaggio, ma anche la fortissima carica revanscista che il suo percorso incarna agli occhi di tutti i militanti della destra «post» fascista italiana, dal 75enne Ignazio La Russa, che conosce perfettamente l’odore acre dei lacrimogeni e delle molotov e non smette mai di ricordarlo, ai giovani picchiatori fiorentini. Sono tre o quattro generazioni di italiani finora laterali o marginali, adesso centrali e decisivi, che si sono tenuti per mano quando gli altri provavano a ricacciarli nelle «fogne» e continuano a farlo ora che dalle fogne si sono presi i palazzi, Chigi, Madama, e allora perché non le scuole. È questo passato, più recente del ventennio e quindi vissuto davvero, che li accomuna e li tiene insieme, attenti a non «tradirsi» a vicenda soprattutto quando c’è un camerata che sbaglia. E che se sbaglia lo fa per eccesso, mai per principio.
Questa comunanza, o meglio questo cameratismo, il radicamento e la radicalità della retorica del noi contro tutti, sono il pilastro del presente e alla fine anche il ponte col passato, come ha spiegato bene Ezio Mauro.
Questa destra, ha scritto, «non sente il bisogno di giudicare la sponda del neofascismo da cui ha preso il largo, ma anzi custodisce non solo simbolicamente quella derivazione come prova ideologica e addirittura antropologica di un’alterità radicale al sistema, che le consente di governarlo e insieme di contestarlo: come se venisse da un altro mondo, paradossalmente libera dalle colpe della politica, proprio mentre non riesce a fare i conti con le colpe della storia».
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Pestaggio al liceo di Firenze,
la lettera di una preside ai suoi studenti:
“Fascismo nato ai bordi di un marciapiede”
Tgcom24 • 22 febbraio 2023
La preside del liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Firenze, Annalisa Savino, ha scritto una lettera aperta agli studenti, ai loro famigliari, al personale Ata e ai docenti della scuola in merito a quanto avvenuto sabato scorso davanti a un’altra scuola fiorentina, il liceo classico Michelangiolo, dove due studenti di un collettivo di sinistra sono stati presi a calci e pugni da almeno sei appartenenti all’organizzazione di estrema destra Azione studentesca. “Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone – si legge -. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee”. La lettera è diventata virale ed è stata condivisa su Facebook anche dal sindaco di Firenze Dario Nardella.
La lettera – La dirigente scolastica nella lettera ha aggiunto: “Siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza”.
“Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura – ha concluso -. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così”.
In un’intervista al Tirreno, la preside ha spiegato di aver scritto la lettera perché “l’episodio mi ha colpito molto come cittadina, come dirigente e come madre di studenti. I ragazzi sanno interpretare il mondo e le cose che accadono. Ho voluto, come in altre occasioni e come altri colleghi fanno abitualmente, fornire spunti di riflessione ulteriori su un fatto grave, accaduto a loro coetanei, davanti a un istituto nella loro città. La scuola deve essere il luogo del confronto, sempre. La violenza, invece, ne è la negazione”.
“Penso che quanto accaduto abbia qualche consonanza con gli aspetti peggiori del conflitto politico degli anni ’70 e che contenga anche delle reminiscenze di squadrismo e violenza di strada a sfondo politico, tipiche del ventennio fascista. Ne penso, dunque, tutto il male possibile”, ha aggiunto Savino.
Nardella: “Grazie alla preside del liceo Da Vinci per la lettera” – “I pestaggi avvenuti da studenti di Azione Studentesca davanti al liceo Michelangiolo hanno portato il silenzio di alcune istituzioni ma hanno aperto il megafono della cultura e dell’istruzione, la migliore parte dell’Italia. Grazie alla preside del liceo ‘Leonardo Da Vinci’ per la sua riflessione chiara e pacata. Firenze sarà sempre antifascista”. Così su Facebook il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che nel post ha pubblicato la lettera aperta che la preside del liceo scientifico fiorentino Leonardo Da Vinci ha indirizzato ai suoi studenti e al personale della scuola.
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dal corrierefiorentino.corriere.it
Il ministro Valditara:
«La lettera della preside Savino è impropria,
nessun pericolo fascismo»
di Ivana Zuliani e Redazione Online
Il ministro dell’istruzione interviene sulla lettera aperta che la preside del liceo fiorentino Leonardo da Vinci ha inviato ai suoi studenti dopo l’aggressione al liceo Michelangiolo. E scoppia la bufera politica
La preside e il ministro
«È una lettera del tutto impropria». Così il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara commenta alla trasmissione “Mattino 5” la lettera scritta dalla preside del Liceo da Vinci di Firenze Annalisa Savino agli studenti, dopo l’aggressione avvenuta sabato mattina davanti al liceo Michelangiolo. «Mi è dispiaciuto leggerla, non compete ad una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo o con il fascismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure». «Difendere le frontiere e ricordare il proprio passato o l’identità di un popolo – sottolinea ancora il ministro – non ha nulla a che vedere con il fascismo o, peggio, con il nazismo. Quindi inviterei la preside a riflettere più attentamente sulla storia e sul presente».
La nota della preside
Dopo le dichiarazioni di Valditara, la preside Savino ha diffuso una nota: «La dirigente ringrazia, ma non ha intenzione di aggiungere niente altro». Quindi prosegue: «Il messaggio era rivolto agli studenti della nostra scuola, a cui si deve dedicare con attenzione ogni giorno». La preside quindi chiarisce che vuole evitare ulteriore esposizione mediatica.
La lettera della preside
In un’accorata lettera ai ragazzi la preside Savino aveva scritto: «Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti. “Odio gli indifferenti” diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee».
In un’intervista al «Corriere Fiorentino», Savino spiega i motivi per cui ha deciso di scrivere la lettera: «Il mio voleva essere un messaggio agli studenti affinché non fossero indifferenti a quanto accaduto a Firenze davanti al Liceo Michelangiolo. La peggior cosa è pensare che questi episodi non contino niente e che tutto sempre evolva verso più rosei orizzonti. La violenza politica è un pericolo e va sempre stigmatizzata».
La raccolta firme
Intanto una raccolta firme lanciata dal comitato di genitori e insegnanti «Priorità alla scuola» («Sosteniamo la preside Annalisa Savino, minacciata dal ministro Valditara», qui il link) ha raggiunto le 30.000 firme, «tante, tantissime da Firenze». «Abbiamo dato voce all’indignazione crescente rispetto all’aggressione fascista al liceo Michelangiolo e alla minaccia di Valditara alla preside – si spiega – Lavoriamo insieme ad altre associazioni e gruppi democratici e antifascisti, realtà politiche e sindacali, che oggi hanno risposto alle intimidazioni del ministro. Ci incontreremo nei prossimi giorni a Firenze».
Le reazioni politiche
Sulle parole del ministro Valditara, sono state immediate le reazioni da parte della sinistra. Moltissimi gli interventi che denunciano l’attacco del ministro, non solo da parte di esponenti politici della Toscana ma anche a livello nazionale. Il Pd chiede al ministro di riferire in Parlamento, trovando la condivisione del M5s che, con la capogruppo al Senato, Barbara Floridia, legge in aula uno stralcio della lettera della preside. Enrico Letta, lancia su twitter l’hashtag, #GraziePresideSavino e non mancano i commenti dei due principali candidati alla segreteria del Pd, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein. Per il leader del Terzo Polo, Carlo Calenda, Valditara è «inadatto al ruolo».
E sempre la deputata dem e candidata per la segreteria nazionale, Elly Schlein, durante l’evento elettorale al Tuscany Hall, prima di cantare insieme al pubblico, oltre un migliaio di persone, «Bella Ciao» sottolinea: «Penso che un governo che tace su un’aggressione squadrista fatta davanti ad una scuola, e che invece minaccia di punire una preside che si rivolge agli studenti scrivendo di antifascismo, è un Governo che legittima quel metodo».
Il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo commenta l’accaduto: «La lettera della preside del liceo di Firenze Annalisa Savino è un esempio di sensibilità civile e di pedagogia repubblicana. L’attacco del ministro Valditara contro di lei è inaccettabile».
Critiche al ministro anche da Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde («da Valditara attacco alla Costituzione»), da Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, che presenta un’interrogazione e da Maurizio Acerbo, segretario del Partito della Rifondazione comunista («minacce inaccettabili»).
A difesa di Savino anche l’Associazione nazionale presidi: «Il suo messaggio è riconducibile nel perimetro del mandato educativo di un dirigente scolastico che non poteva restare in silenzio».
Anche il sindaco di Firenze Dario Nardella, interviene nel dibattito: «Gravissime, offensive, inaudite le parole di Valditara, indegno di rivestire il ruolo di ministro della scuola – poi aggiunge – Toni intimidatori lesivi dei principi costituzionali dell’autonomia scolastica e della libertà di pensiero».
Sulle dichiarazioni di Valditara interviene anche un altro sindaco, quello di Milano Giuseppe Sala: «Le polemiche mi paiono assolutamente giustificate – ha detto – La lettera della preside è nel rispetto di quelli che sono i nostri principi costituzionali, sta dicendo una cosa che è il suo pensiero , cioè stiamo attenti a sottovalutare il fascismo perché a volte certi movimenti nascono dal piccolo e poi si sviluppano».
«Il ministro Valditara, di fronte al gravissimo pestaggio ai danni di alcuni studenti di Firenze da parte di esponenti di Azione giovani, non ha speso una sola parola per giorni – dichiara il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini – Ha pensato bene di intervenire sull’episodio per intimidire, minacciando azioni disciplinari. Come se fosse una colpa da emendare l’aver messo in guardia dal diffondersi di idee e comportamenti fascisti».
Per sentire il commento del sindaco di Firenze Dario Nardella
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Cosa dice la destra
Ma non mancano reazioni anche dalla destra. Dalla parte di Valditara si schieran i partiti di governo con Lucio Malan (Fdi) che parla di «indegni attacchi e Alfredo Antoniozzi che prospetta «una futura candidatura politica» per la preside.
«Incomprensibili gli attacchi al Ministro Valditara che ha usato toni pacati nonostante il contenuto inopportuno della lettera inviata dalla dirigente scolastica agli studenti nella quale si paventa un ritorno al fascismo, nei fatti inesistente, che può produrre allarmismi e odio sociale – sostiene la senatrice di Fratelli d’Italia Ella Bucalo, membro della commissione Cultura del Senato e responsabile Scuola di FdI Bisogna – oggi più che mai, abbassare i toni e smettere di cedere alla tentazione di facili ed inutili strumentalizzazioni che nuocciono al Paese e ai nostri giovani».
Da Firenze arrivano invece le dichiarazioni del consigliere del gruppo Centro e vice presidente vicario del Consiglio comunale Emanuele Cocollini: «Riguardo alle dichiarazioni del ministro Valditara sulla lettera aperta da parte della preside del Liceo “Da Vinci” mi preme chiarire che so bene di cosa si stia parlando. Perché si dà il caso che il sottoscritto sia stato, ormai qualche anno fa, studente di quel liceo. E ricordo molto bene quanto fosse difficile, anche allora, fare politica all’interno dell’istituto scolastico, se non eri allineato con la maggioranza di sinistra. Direi che oggi nulla è cambiato. Nulla, se non il governo in carica».
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Il dovere di sostenere
una scuola libera e antifascista
di Chiara Valerio
Il ministro Valditara ha reagito in modo inappropriato di fronte alla lettera della preside fiorentina che condannava il fascismo dopo i pestaggi
Il fatto si racconta in breve. Il giorno 20 febbraio, davanti al liceo Michelangiolo a Firenze in via della Colonna, sei militanti di Azione studentesca, organizzazione vicina a Fratelli d’Italia, aggrediscono due studenti del collettivo di sinistra. L’eco, nelle dichiarazioni degli esponenti della maggioranza di governo, è “Solo una rissa, solo una rissa, solo una rissa. La domanda “Ha senso parlare di fascismo, con la destra al governo?” ammette, mi pare, un’unica risposta ed è “Sì, se destra e fascismo non sono sinonimi”.
Il fascismo è un metodo. Il fascismo, che abbiamo processato solo sommariamente, è una attitudine mentale. Schernire è fascista. Minacciare è fascista. Confondere l’insegnamento o appiattirlo sull’indottrinamento è fascista. Come avrebbe detto Forrest Gump “Fascista è chi il fascista fa”, anche quando dice di essere altro.
La Repubblica Italiana, per chiarire cosa intendo con “processare sommariamente”, ha prosperato, in quanto post-fascista, su strutture amministrative e architettoniche pensate ed erette durante il fascismo. La riforma Gentile, definita da Mussolini “la più fascista delle riforme” (così, nella Circolare ai prefetti delle città sedi universitarie del 6 dicembre 1923), è una riforma scolastica rimasta sostanzialmente inalterata fino al 1962.
Con un balzo in avanti di trentacinque anni, arriviamo al 1997, anno in cui viene emanata la legge Bassanini (invero le leggi, ma così sia) con la quale si intende riformare la pubblica amministrazione. Per quanto riguarda le competenze dei dirigenti scolastici, la legge sancisce, tra altre, l’autonomia didattica declinata nella capacità di perseguire gli obiettivi generali e particolari del sistema nazionale d’istruzione nel rispetto della libertà d’insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto di apprendere da parte degli studenti. Un tentativo di defascistizzare la scuola. In tal senso — il senso dello Stato, come altro definirlo — la comunicazione con numero di protocollo 197 del Liceo Scientifico Statale Leonardo da Vinci del 21 Febbraio scorso, avente a oggetto “i fatti di Via Colonna” indirizzata agli studenti e, per conoscenza, a famiglie, docenti e personale scolastico altro, della dottoressa Annalisa Savino, dirigente scolastica, non va oltre ciò che compete ai dirigenti scolastici. Anzi, rappresenta esattamente ciò che ad essi compente. Di cui hanno diritto e dovere, responsabilità amministrativa e culturale, cose tutte che non riguardano loro in sé ma loro in quanto dirigenti della pubblica amministrazione di una repubblica democratica e antifascista. La lettera, nel metodo, è un appello all’attenzione, a valutare se quella rissa, possa essere anche altro. “Siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza”.
Stacco. Come nel cinema. Cut. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, commentando la comunicazione della dirigente scolastica, dichiara “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”. Tralasciando le polarizzazioni e gli arrocchi riscontrabili sia nella lettera della preside (tuttavia sta lì, conosce il territorio e i suoi umori) che nella dichiarazione del Ministro (nazismo?), lascia perplessa l’idea di scuola che traspare dalle parole di Valditara. Soprattutto, la lettera, nel metodo, compete alla preside. La scuola pubblica, la cui principale differenza rispetto a qualsiasi altro organismo o istituto formativo, mi è sempre parsa anteporre il discorso sul metodo al discorso sul merito, lancia messaggi (utilizzo le parole di Valditara) e contenuti che, in effetti — e questo sta scritto nella Costituzione e nelle leggi dello Stato di cui Valditara è Ministro — non hanno a che vedere solo con la realtà, ma si occupano dell’immaginazione, della prospettiva, dell’analisi, soprattutto, ribadisco, dell’immaginazione.
Immaginazione civile consistente, per esempio, nel non accontentarsi di definire rissa una aggressione, ma nel chiedersi se quel fatto non sia sintomo o avvisaglia di un altro. Si avanza per ipotesi, anche approssimate. E non ammettere l’approssimazione, il dubbio e i tremori che tutti ci abbracciano è, nel metodo, il modo per infragilire la democrazia. Compito del Ministro — ma finora non è riuscito a nessuno dei suoi predecessori — è realizzare una scuola pubblica libera, democratica e antifascista in grado di attuare il mandato costituzionale rendendo un grande servigio alla Repubblica.
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