Omelie 2019 di don Giorgio: TERZA DI QUARESIMA
24 marzo 2019: TERZA DI QUARESIMA
Dt 6,4a; 18,9-22; Rm 3,21-26; Gv 8,31-59
Primo brano: parola e parole
Nel primo brano della Messa si parla di parola e di parole: della Parola di Dio (la Parola) che i suoi profeti annunciano, e di parole (frammentarie e vuote) dei falsi profeti.
Mi piace ricordare la bellissima distinzione fatta dal filosofo francese Merleau-Ponty tra “parole parlate” e “parole parlanti”. Le prime sono vuote di contenuto e usate per non dire nulla; le seconde, invece, sono quelle che trasmettono qualcosa, le sole autentiche e costruttive. L’unica vera parola parlante è quella divina. Le nostre parole sono dispersive, confusionarie, anche menzognere: allontanano dalla Verità eterna.
Il mio esame di coscienza di prete consiste in una domanda che mi perseguita ogni giorno: quante parole vuote dico alla gente che mi ascolta? Pensate poi ai documenti, quanti!, della Chiesa: un fiume di parole talora inutili, sterili, noiose, senza mordente!
Perché Carlo Maria Martini affascinava, quando parlava? Le sue erano parole “parlanti”! Quanta nostalgia di un vescovo che non parlava a vuoto! E oggi? Come non soffrire per il vuoto di parole di un pastore che parla come un motore senza benzina?
La gente di oggi, che ha svuotato la testa per riempirsi la pancia, ha bisogno della Parola che nutre lo spirito dell’essere umano.
Secondo brano: la Legge e la Giustizia di Dio in Cristo
Nel secondo brano si parla della Legge e della Giustizia di Dio. La Legge per gli ebrei era la Torah, che indicava normalmente i primi cinque libri dell’Antico Testamento (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio); perciò, un insieme di numerose norme da rispettare. Norme che al tempo di Cristo erano diventate così disumane da dar prevalere la legge sulla persona. Cristo dirà: “Il sabato è per l’uomo, e non l’uomo per il sabato”. Parole che verranno subito dimenticate anche dalla Chiesa, in nome di quel dogmatismo che uccide lo spirito della legge divina.
San Paolo parla di Giustizia divina, intendendo quel disegno di Dio che è stato in parte disatteso dalla cattiveria umana, e che Cristo è venuto per ripristinare nella sua originalità.
Terzo brano: verità e libertà
Nel terzo brano si parla di libertà e di verità e, di conseguenza, di salvezza e di schiavitù. Il confronto tra Gesù e quegli ebrei (tra parentesi, erano suoi simpatizzanti!) è drammatico, anche violento. Più che un dialogo, è uno durissimo scontro. Volano parole grosse, come “tu sei indemoniato, omicida, menzognero, ecc.”.
I temi in gioco sono caldi e vitali. Come non litigare sulla verità e sulla libertà? Se dovessimo sintetizzare tutta la storia bimillenaria della Chiesa potremmo dire che si è svolta attorno alla verità e alla libertà, ma senza mai riuscire a decollare.
Vorrei ora allargare il discorso sul piano del rapporto tra il bene e il male.
Il Bene e il male
Non so se riuscirò a chiarire il mio pensiero, che, tra l’altro, non è un mio pensiero.
Parlare di bene e di male si finisce sempre in un certa posizione manichea, per cui ci sarebbero come due entità distinte tra loro e in netta opposizione: appunto, il bene da una parte, e il male dall’altra.
Vorrei fare alcune riflessioni che potrebbero anche sconvolgere certe convinzioni o, meglio, ciò che abbiamo sempre sentito a proposito del bene e del male.
Prima ho parlato di parola parlante e di parole parlate, di verità e di falsità, di giustizia e di legge, di libertà e di schiavitù. Tutto questo sembra un groviglio inestricabile e anche drammatico, che è la conseguenza della lotta tra il bene e il male. Non basterà a salvarci la buona fede, ma il primato che daremo a quel Bene Sommo, che è la Verità assoluta, e solo questa ci renderà veramente liberi.
La parola “assoluto” (dal latino “ab-solutus”) significa “sciolto da”. Da che cosa? Da ogni vincolo o legame, da ogni determinazione o condizionamento, ovvero da ogni forma di schiavitù.
Il Bene divino è il Bene sciolto da ogni legame. Ecco perché è Assoluto. Il Bene assoluto è libertà. Qualcuno dirà che questi concetti sono strettamente filosofici. Tutto dipende da che cosa s’intende per filosofia.
Procediamo. Che cosa è il bene? È tutto ciò che è una emanazione del Bene Sommo, che è Dio. Più ci avviciniamo al Bene Sommo, più ci avviciniamo alla libertà. E per avvicinarci alla libertà occorre eliminare tutto ciò che ci condiziona.
E allora il male che cos’è? Basta dire che è tutto ciò che ci condiziona, impedendoci di avvicinarci al Sommo Bene, che è Dio?
Vorrei dire qualcosa di più. Il male è un bene mancato, un aborto di bene, o semplicemente è un bene mancante di qualcosa di bene. In altre parole, il male è un bene a cui manca tutto o manca qualcosa di bene. Possiamo anche dire che il male è un bene meno bene. Se esiste il Bene sommo, non esiste in contrapposizione il Male sommo. Non esistono due entità, quella del Bene e quella del Male. In altre parole, non esiste il male come entità a se stante. Il male esiste perché esiste il bene. Se non ci fosse il bene, non esisterebbe neppure il male. In parole più semplici: il male è un bene che non ha ancora raggiunto la pienezza del Bene Sommo.
Di conseguenza, possiamo dire che tutto in un certo senso è male, nel senso che, finché viviamo su questa terra, nessuno è perfetto, siamo in ricerca del Bene Sommo.
Ma attenzione: non è questa una visione pessimistica della realtà; anzi, definendo il male un bene non ancora del tutto realizzato, togliamo al male ogni sua sussistenza. Il male in sé non esiste, esiste solo il bene che deve essere realizzato.
E allora, più che combattere il male, bisogna realizzare il bene mancante.
Sta qui il segreto della lotta per vincere il male. E allora non è sbagliato di dire che si vince il male con il bene.
Noi, credenti, abbiamo sbagliato tutto nella nostra opera educativa. Abbiamo troppo insistito nel presentare il male in tutte le sue forme più diaboliche, dimenticando di dire che bisogna puntare al meglio, e più agisco per il meglio, più tolgo al bene la sua parte mancante, che è il male.
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