L’EDITORIALE
di don Giorgio
Premetto che questo articolo l’avevo scritto mesi fa, rimasto finora nel cassetto. Quindi, non l’ho scritto nei giorni scorsi, in riferimento ai funerali di Silvio Berlusconi. Forse, in tal caso, il tono sarebbe stato ben diverso.
Le cerimonie funebri
di noti personaggi politici
vanno abolite almeno in chiesa,
o ridotte alla essenzialità…
Sì, sono cerimonie ipocrite, false, esaltazioni allucinanti, insopportabili, qualcosa di irritante personalismo, in un luogo, come la Casa di Dio, dove tutto andrebbe rimesso in quel contesto di umiltà (parola che richiama la terra), che costringe al giusto posto ogni gerarchia anche di potere, che come bestemmia vorrebbe offuscare quel Bene Assoluto, da cui necessariamente tutto il Creato emana, anche l’essere umano nella sua realtà semplicemente spirituale.
RIFLETTIAMO.
Il rito religioso si celebra attorno a una bara, in cui c’è un cadavere già in decomposizione, perché privo di quello spirito che è volato chissà dove.
Un cadavere che viene incensato e benedetto con acqua santa dal celebrante…
Un cadavere che si onora talora con un fragoroso battito di mani, con eccessive parole di elogio… che servono solo a rincuorare i viventi, amici e parenti più stretti, come se quei gesti o quelle parole fossero quel conforto che per un vero credente attinge invece le sue origini altrove.
Un cadavere che non sente, che non gode più nessuna soddisfazione o riscatto.
Un cadavere, il cui onore tutto a un tratto emotivamente si ricostruisce, appena la morte interrompe una esistenza magari sull’orlo del declino mediatico, favorito da anni di malattia che isola ed emargina anche per quel dovuto rispetto di una privacy che non vuole pubblicità.
La Liturgia offre brani magari provocatori di quella Parola di Dio che si rivolge ai vivi e non ai morti, su cui è calato definitivamente il sipario con un velo pietoso per tutti, personaggi famosi o semplici creature, che davanti a Dio tutti sono uguali senza distinzioni o privilegi.
E neppure vorrei parlare di quella messinscena coreografica di potenti che assistono al rito funebre come se fossero loro da incensare, benedire ed elogiare. Almeno questi miseri fantocci, già ridicoli per il loro artificioso dolore dipinto su volti come maschere, imparassero la lezione: “sic transit gloria mundi!”.
Rispettare un morto non significa esaltarlo o addirittura santificarlo.
Noi italiani siamo sempre portati agli eccessi, e gli eccessi sono sempre fuori posto, perfino nei riguardi dei santi canonizzati dalla Chiesa, e a maggior ragione nei riguardi di politici appartenenti a ideologie ben lontane da quell’ideale di Politica, che sembra quasi impossibile anche nelle migliori intenzioni.
Ma quando muoiono, santi e politici (di politici santi ce ne sono ben pochi!) vengono esaltati oltre i loro meriti. Tanto non potranno più arrossire!
Non basta la buona fede, e neppure una certa umanità di personaggi, a cui non si potrà mai togliere la loro ottusa fede in una visuale politica di corto respiro.
Certo, in ognuno di noi c’è anche del buono, ma la mia interiore esigenza va ben oltre, alla ricerca di quell’Ideale che per realizzarsi richiede una infinita apertura di quel mondo dello spirito, che sembra sparito in una spaventosa esaltazione collettiva di gente “veramente piccola”.
Più che esaltare o condannare le persone, ciò che conta è quel Pensiero, che risale ai tempi antichi, ma che solo gli spiriti liberi tutti i tempi potranno riconoscere, valutandolo e rivalutandolo in tutta la sua potenza vitale.
Ci sono “anime piccole” e “anime grandi”: le “piccole” trovano sempre un modo per salire in cattedra, mentre le “grandi” saranno sempre carnalmente invisibili, anche per la loro umiltà che esigerebbe che subito, appena morti, il loro cadavere sparisse in polvere nella terra.
24 giugno 2023
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