Too big to fail: le 7 vite di Marko Rupnik, difeso a oltranza dal papa

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Too big to fail: le 7 vite di Marko Rupnik,

difeso a oltranza dal papa

Ludovica Eugenio 23/09/2023
Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 30/09/2023
41583 ROMA-ADISTA. Una guerra sotterranea che lentamente sta svelando le sue trame, con ingerenze e difese a oltranza che assumono contorni via via più chiari ma anche sempre più preoccupanti. Sta diventando in questi giorni la cartina di tornasole dei rapporti di forza in Vaticano il caso dell’ex gesuita, teologo e mosaicista Marko Ivan Rupnik, accusato da una ventina di donne di abusi sessuali che coprono circa 30 anni (v. Adista Notizie nn. 43, 45/22; 7, 8, 23, 28/23), espulso lo scorso luglio dall’Ordine dei Gesuiti (misura originata non dagli abusi di cui il religioso è accusato, quanto dal «suo rifiuto ostinato di osservare il voto di obbedienza», come si legge nel decreto della Compagnia di Gesù) ma tuttora prete, il cui prestigio stellare sembra continuare grazie a potenti appoggi e le cui opere continuano a costellare chiese e centri, religiosi e non solo, di mezzo mondo.

“Il Centro Aletti, una comunità sana”

«Una vita comunitaria sana e priva di particolari criticità»: con questi termini il Vicariato di Roma, guidato dal card. Angelo De Donatis, ha sintetizzato, in un comunicato del 18 settembre (riportato integralmente sul numero allegato di Adista Segni nuovi, p. 11) che sembra aver messo in imbarazzo i vescovi della Diocesi, l’esito della visita canonica sul Centro Aletti, la comunità e scuola d’arte creata e guidata da Rupnik. Tutto bene, nessun problema, insomma, per il visitatore riguardo a questa comunità, che dipende giuridicamente dalla Diocesi di Roma e in quanto tale è stata posta sotto indagine canonica lo scorso gennaio. Il comunicato del Vicariato però – il cui registro non è certo quello tipico, formale di una “Nota” – non si ferma alle espressioni di (poco) velata soddisfazione per il giudizio positivo espresso dal visitatore incaricato, p. Giacomo Incitti, docente di Diritto canonico presso la Pontificia Università Urbaniana, sul Centro Aletti, su cui il cardinal vicario card. Angelo De Donatis (di cui Rupnik è stato mentore e guida) effettivamente esercita la sua giurisdizione.

La visita al Centro e l’accesso ai documenti vaticani

La nota riporta anche, infatti, con un tono piccato e di rivalsa, ben poco consono a un comunicato ufficiale, una sorprendente e inattesa valutazione riguardo alla scomunica che venne comminata nel 2020 a Rupnik dall’allora Congregazione (oggi Dicastero) per la Dottrina della Fede, per aver assolto in confessione una donna con cui aveva avuto un rapporto sessuale. Una scomunica latae sententiae – dunque automatica – poi rapidamente e misteriosamente revocata, si suppone dallo stesso dicastero o da papa Francesco: «il Visitatore – si legge nella Nota diocesana – ha potuto riscontrare e ha quindi segnalato procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica». «In considerazione della gravità di tali riscontri» si dichiara di aver «rimesso la relazione alle Autorità competenti». Su questo aspetto occorre soffermarsi e fare alcune osservazioni, prima di tutto riguardo alla giurisdizione di indagine del visitatore canonico.
La visita al Centro Aletti (che «dal giugno 2019 è un’Associazione pubblica dei fedeli, legata alla Diocesi di Roma», si legge sul sito), avviata il 16 gennaio scorso, aveva l’obiettivo di indagare sui rapporti interni all’associazione, sulla leadership, sui rapporti fra questa e Rupnik. Non è un mistero, peraltro, che il vertice attuale del Centro, capeggiato da Maria Campatelli, abbia sempre fatto quadrato intorno all’ex gesuita, difendendolo anche dopo la sua espulsione dall’Ordine dei gesuiti, e scagliandosi con violenza contro i media che hanno informato sul caso (come Domani con le inchieste e le interviste alle vittime degli abusi di Federica Tourn).
Ma il rapporto del visitatore Incitti va oltre il suo compito, rivelando di avere «studiato» il «copioso materiale documentario», ed esprimendo una pesantissima valutazione sulla procedura vaticana che ha portato alla scomunica di Rupnik. Come è noto, un dossier che ha a che fare con il grave reato di “assoluzione del complice”, è posto sotto il segreto pontificio (art. 27 delle Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede). Come ha ottenuto il visitatore l’accesso a tali documenti? Gli sono stati passati sottobanco da qualcuno (ma allora probabilmente il comunicato non ne parlerebbe in modo tanto esplicito) oppure si può arrivare a ipotizzare che il papa abbia eccezionalmente tolto il segreto perché il visitatore avesse il dossier a disposizione? Entrambe le ipotesi (ma altre analoghe se ne potrebbero fare) orientano verso una conduzione dei giochi da parte di Francesco anche per un altro motivo. Il 15 settembre scorso Francesco ha incontrato in udienza privata Maria Campatelli: un incontro che ha generato sorpresa e indignazione, se si pen sa che le vittime di Rupnik non hanno nemmeno mai ottenuto risposta a una lettera, consegnata a mano nel 2021, e men che mai hanno ottenuto un colloquio. Quale poteva essere il significato di quell’incontro se non quello di porre al centro la valutazione del visitatore e a concordare il testo del comunicato con un tono “partigiano”?
Se questa ipotesi di scenario è verosimile, dovremmo concludere che c’è stata una grave invasione di campo, un travalicare confini giurisdizionali, finalizzati alla difesa, se non alla riabilitazione di Rupnik e del suo entourage da parte della cupola vaticana.

L’attacco al Dicastero per la Dottrina della Fede

In questo contesto c’è anche un “perdente”: il gesuita card. Luis Ladaria Ferrer, fino al primo luglio di quest’anno prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede e dunque responsabile della scomunica comminata a Rupnik nel 2020. L’attacco plateale benché implicito contro di lui contenuto nella Nota del Vicariato (l’individuazione di «procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica»), deve aver generato in Ladaria un senso di profonda frustrazione, visto che il 21 settembre è stata resa nota la sua decisione di chiedere al papa la dispensa dalla partecipazione al Sinodo sulla sinodalità: secondo quanto si legge in un lancio dell’AdnKronos, mons. Luis Marín de San Martín, sottosegretario della Segreteria Generale del Sinodo, si è limitato a riferire: «Il cardinale si è ritirato. Ha chiesto al papa di essere dispensato ma non conosco i motivi». La decisione, tuttavia, è stata generalmente interpretata come una reazione all’attacco subìto.

Le domande che restano e l’indignazione delle vittime

Anche se ruoli e responsabilità nella vicenda cominciano a uscire dalla nebbia, alcuni dubbi non si sciolgono se non presupponendo la chiara volontà di papa Francesco di salvare Rupnik, il suo lavoro, il suo impero economico. Da chi fu tolta effettivamente quella scomunica del 2020, con il motivo, a sentire il generale dei gesuiti p. Arturo Sosa, di un repentino pentimento di Rupnik (in realtà mai avvenuto, v. Adista Notizie n. 7/23)? Quale ruolo ha De Donatis in tutta questa vicenda, dal momento che il legame con Rupnik si è consolidato con la sua approvazione del Centro Aletti (avviato nei primi anni ’90, poi cresciuto sotto l’autorità della Compagnia di Gesù) come Associazione Pubblica di Fedeli della Diocesi di Roma nel 2019? Perché papa Francesco, in occasione del secondo processo contro Rupnik – riguardante abusi avvenuti negli anni ‘90 e avocato su sua iniziativa al Dicastero per la Dottrina della Fede anziché a quello per la vita consacrata cui sarebbe invece spettato, per una presunta continuità con il primo – non ha deciso di rinunciare ai termini di prescrizione, stante la gravità e la serialità dei fatti?
Il comunicato del Vicariato con il “verdetto” della visita canonica ha provocato enorme indignazione nelle vittime di Rupnik, che hanno rivolto a papa Francesco – e ad alcuni cardinali coinvolti: De Donatis, Zuppi come presidente Cei, Braz de Aviz, prefetto del Dicastero per i religiosi – una toccante lettera aperta, uscendo allo scoperto con nome e cognome (v. testo integrale della lettera nel numero allegato di Adista Segni nuovi, p. 10). I fatti degli ultimi giorni «ci lasciano senza parole, senza più voce per gridare il nostro sconcerto, il nostro scandalo»; «Alla Chiesa non interessa nulla delle vittime e di chi chiede giustizia; e che la “tolleranza zero sugli abusi nella Chiesa” è stata solo una campagna pubblicitaria, a cui hanno invece fatto seguito solo azioni spesso occulte, che hanno invece sostenuto e coperto gli autori di abusi», scrivono le firmatarie, Fabrizia Raguso, docente associata di Psicologia, Universidade Católica Portuguesa di Braga, Mira Stare, teologa alla Universität Innsbruck, Gloria Branciani, licenziata in Filosofia, Vida Bernard, in Teologia e Mirjam Kovac, un dottorato in Diritto canonico. «Alla fine non c’è posto in questa Chiesa per chi ricorda verità scomode», affermano, ricordando le parole del papa alla recente GMG di Lisbona («Tutti, tutti, tutti sono accolti nella Chiesa!», aveva detto). Le vittime sono perciò state «censurate per non essere state discre te, ma aver esposto qualcosa di ripugnante: il loro dolore, la manipolazione di chi le ha circuite in nome di Cristo, dell’amore spirituale, della Trinità. Hanno esposto il loro dolore perché la manipolazione e gli abusi ne hanno ferito per sempre la dignità». Il comunicato del Vicariato di Roma, osservano, «ridicolizza il dolore delle vittime, ma anche di tutta la Chiesa, mortalmente ferita da tanta tracotanza ostentata». E il colloquio concesso dal papa a Campatelli, «in un clima così familiare è stato sbattuto in faccia alle vittime (queste e tutte le vittime di abusi); un incontro che il papa ha negato loro». Le vittime, è l’amara conclusione, «sono lasciate nel grido afono di un nuovo abuso».
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da www.adista.it

Abusi.

Rupnik “scagionato”, le vittime ridicolizzate

Redazione 23/09/2023
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 30/09/2023
Un “semaforo verde” è giunto dal Vicariato di Roma al Centro Aletti, la comunità facente capo all’ex gesuita Marko Rupnik, accusato di più di 15 abusi sessuali e “dimesso” dall’Ordine dei gesuiti (v. articolo relativo su Adista Notizie 32 allegato). Il Centro Aletti da gennaio era stato posto sotto una visita canonica il cui verdetto, presentato 18 settembre in un comunicato del Vicariato, sancisce che, nella sostanza, “è tutto a posto”, senza menzionare trent’anni di abusi e l’esperienza dolorosa delle vittime di p. Rupnik (che è tuttora prete). L’amarezza e l’indignazione di queste ultime è espressa in una lettera aperta che hanno inviato, con nome e cognome, al papa e ad alcuni cardinali, diffusa dal sito del Coordinamento #Italychurchtoo, che riproduciamo qui sotto, seguita dal comunicato del Vicariato di Roma. Per aderire alla lettera scrivere a postmaster@italychurchtoo.org.
Al Santo Padre papa Francesco; al cardinal vicario De Donatis; al cardinal Matteo Zuppi, presidente della CEI; al Cardinal João Braz de Aviz.
I fatti e i comunicati che si sono susseguiti in questi ultimi giorni – l’udienza privata, resa poi pubblica attraverso immagini apparse in rete, concessa dal papa a Maria Campatelli, ex religiosa della Comunità Loyola e attuale presidente del Centro Aletti; e il comunicato diffuso oggi con il report conclusivo della visita canonica realizzata alla comunità del Centro Aletti – ci lasciano senza parole, senza più voce per gridare il nostro sconcerto, il nostro scandalo.
In questi due avvenimenti non casuali, anche nella loro successione nel tempo, riconosciamo che alla Chiesa non interessa nulla delle vittime e di chi chiede giustizia; e che la “tolleranza zero sugli abusi nella Chiesa” è stata solo una campagna pubblicitaria, a cui hanno invece fatto seguito solo azioni spesso occulte, che hanno sostenuto e coperto gli autori di abusi.
Ci fanno pensare che la retorica che abbiamo visto in scena a Lisbona durante luglio e agosto scorsi è una parola vuota («Tutti, tutti, tutti sono accolti nella Chiesa!»), perché alla fine non c’è posto in questa Chiesa per chi ricorda verità scomode.
Non abbiamo altre parole, perché tutta la sofferenza delle vittime l’abbiamo esposta come una ferita aperta, e certo disgustosa… E le vittime sono perciò state censurate per non essere state discrete, ma aver esposto qualcosa di ripugnante: il loro dolore, la manipolazione di chi le ha circuite in nome di Cristo, dell’amore spirituale, della Trinità. Hanno esposto il loro dolore perché la manipolazione e gli abusi ne hanno ferito per sempre la dignità.
Tutto quello che hanno ricevuto e continuano a ricevere è solo silenzio. Soprattutto le vittime dell’abuso di potere da parte di Ivanka Hosta (che per trent’anni ha coperto le nefandezze di Rupnik, e ha ridotto in schiavitù spirituale coloro che si opponevano ai suoi disegni di rivincita) aspettano una risposta definitiva, chiara, materna da più di un anno. Ma hanno solo ricevuto silenzio. E con questa relazione oggi pubblicata, che scagiona da ogni responsabilità Rupnik, ridicolizza il dolore delle vittime, ma anche di tutta la Chiesa, mortalmente ferita da tanta tracotanza ostentata. Quel colloquio concesso dal papa a Campatelli, in un clima così familiare è stato sbattuto in faccia alle vittime (queste e tutte le vittime di abusi); un incontro che il papa ha negato loro. Non ha mai neppure dato risposta a quattro lettere di altrettante religiose ed ex religiose della Comunità Loyola che gliele avevano fatte recapitare nel luglio del 2021.
Le vittime sono lasciate nel grido afono di un nuovo abuso.
Fabrizia Raguso, docente associata di Psicologia, Universidade Católica Portuguesa di Braga
Mira Stare, Dr. Theol. Universität Innsbruck
Gloria Branciani, Licenza in Filosofia
Vida Bernard, Licenza in Teologia
Mirjam Kovac, dottorato in Diritto canonico
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da Rete L’ABUSO

Caso Rupnik,

sull’ex gesuita denunciato per abusidalle suore

è scontro con la Diocesi del Papa

Il fondatore del Centro Aletti, tra gli artisti cristiani più celebrati al mondo, era stato scomunicato, ma la Diocesi del Papa mette tutto in dubbio: «Procedure gravemente anomale»»
by REDAZIONE WEB 19 Settembre 2023 in Città del Vaticano
CITTÀ DEL VATICANO — Le denunce di diverse suore, le accuse di «violenza psicologica, abuso di coscienza, abuso nell’ambito sessuale e affettivo, abuso spirituale»: l’ex Sant’Uffizio lo aveva scomunicato, i gesuiti lo hanno cacciato, ed ora la Diocesi del Papa gesuita mette tutto in dubbio e parla di «procedure gravemente anomale», in aperto contrasto con la Compagnia di Gesù e lo stesso dicastero per la Dottrina della fede.
C’è uno scontro imbarazzante dietro la vicenda dell’ormai ex gesuita sloveno Marko Ivan Rupnik, 68 anni, personaggio carismatico che ha fondato a Roma il Centro Aletti ed era tra gli artisti cristiani più celebrati al mondo, almeno finché scoppiò lo scandalo degli abusi, autore tra l’altro dei mosaici della Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano.
Il Vicariato di Roma, guidato dal cardinale Angelo De Donatis, ha diffuso una nota nella quale informa che il 16 gennaio 2023 il Vicario aveva disposto una «visita canonica» nel Centro Aletti per indagare «sulle dinamiche associative e sulla reale consistenza degli interrogativi sollevati da alcune istanze». Proprio nel centro sarebbero avvenuti alcuni degli abusi denunciati dalle religiose. Nella nota del Vicariato non se ne parla mai: si accenna solo alle non meglio precisate «istanze».
Si legge invece che dall’indagine affidata al «Visitatore» don Giacomo Incitti, Ordinario di Diritto Canonico alla pontificia Università Urbaniana, «emerge con chiarezza che in seno al Centro Aletti è presente una vita comunitaria sana e priva di particolari criticità».
Il tono è elogiativo: «Il Visitatore ha potuto appurare che i membri del Centro Aletti, benché amareggiati dalle accuse pervenute e dalle modalità con cui sono state gestite, hanno scelto di mantenere il silenzio – nonostante la veemenza dei media – per custodire il cuore e non rivendicare una qualche irreprensibilità con cui ergersi a giudici degli altri. Tutta la vicenda, a giudizio del Visitatore, ha aiutato le persone che vivono l’esperienza del Centro Aletti a rafforzare la fiducia nel Signore, nella consapevolezza che il dono della vita di Dio si fa spazio anche attraverso la prova».
Ma non basta: «Il Visitatore ha doverosamente esaminato anche le principali accuse che sono state mosse a Rupnik, soprattutto quella che ha portato alla richiesta di scomunica. In base al copioso materiale documentario studiato, il Visitatore ha potuto riscontrare e ha quindi segnalato procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica». E così, «in considerazione della gravità di tali riscontri, il Cardinale Vicario ha rimesso la relazione alle Autorità competenti», cioè al Sant’Uffizio.
Il riferimento è decreto di scomunica emesso nel maggio 2020 dalla Congregazione per la dottrina della Fede per «assoluzione di un complice in un peccato contro il Sesto comandamento», il che significa che Rupnik aveva confessato e assolto una suora di cui aveva abusato sessualmente, vincolandola al silenzio: uno dei delitti canonici più gravi, punito con la scomunica latae sententiae, cioè automatica.
La scomunica è per la Chiesa una «pena medicinale», è previsto possa essere tolta a chi si pente, ma nel caso di Rupnik era avvenuto molto rapidamente ed era stata revocata dall’ex Sant’Uffizio «nello stesso mese». È possibile che il dicastero, allora guidato da un altro gesuita, il cardinale spagnolo Luis Ladaria, avesse preso la decisione senza aver consultato il Papa gesuita? «Posso immaginare che il prefetto abbia parlato col Santo Padre, ma non posso dire né sì né no», aveva risposto il padre generale dei gesuiti, Arturo Sosa.
Intanto non era successo nulla e anzi proprio il cardinale De Donatis aveva affidato nel 2021 a padre Rupnik il rinnovamento della cappella del Seminario Romano. La storia era poi diventata pubblica il 5 dicembre dell’anno scorso, con una nota nella quale la Compagnia informava che «nel 2021» il Dicastero per la dottrina della Fede aveva ricevuto contro Rupnik una denuncia di abusi ai danni di suore della Comunità di Loyola a Lubiana, fondata alla fine degli anni Ottanta e della quale il gesuita sloveno era «padre spirituale».
I fatti, si diceva, risalivano agli anni Novanta, c’era stata una «indagine previa» ma l’ex Sant’Uffizio aveva chiuso il caso perché erano «prescritti», anche se per Rupnik sono rimaste alcune «restrizioni», come il divieto di confessare o accompagnare esercizi spirituali. Sono poi saltate fuori numerose altre denunce.
E mentre il cardinale De Donatis parlava di «accuse mediatiche», la Compagnia di Gesù ha proseguito le sue indagini, ha raccolto testimonianze. Il 14 luglio 2023 Rupnik ha ricevuto il «decreto di dimissione dalla Compagnia di Gesù» firmato dal padre generale, Arturo Sosa. Rupnik è stato cacciato «a causa del suo rifiuto ostinato a osservare il voto di obbedienza».
La Compagnia di Gesù ha spiegato: «Il Team Referente in casi di denunce nei confronti di gesuiti ci ha consegnato nel febbraio 2023 il dossier relativo alle numerose denunce di ogni tipo che ci sono giunte, provenienti da fonti molto diverse e per fatti avvenuti in un arco temporale di oltre 30 anni a riguardo di padre Rupnik. Come Superiori abbiamo ritenuto il grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato come molto alto e ci siamo attenuti alle indicazioni e alle raccomandazioni forniteci dal Team Referente nelle sue considerazioni finali».
La Compagnia aveva offerto a Rupnik di «cambiare di comunità e di accettare una nuova missione» come «un’ultima possibilità come gesuita di fare i conti con il proprio passato e di dare un segnale chiaro alle numerose persone lese che testimoniavano contro di lui, per poter entrare in un percorso di verità». Ma «di fronte al reiterato rifiuto di Marko Rupnik di obbedire a questo mandato» non è rimasta che l’espulsione.
Padre Johan Verschueren, che si è occupato del caso, aveva scritto: «Come rappresentante della Compagnia di Gesù e ex-Superiore Maggiore di Marko Rupnik, non posso che rammaricarmi grandemente di questa insistente e pervicace incapacità di confrontarsi con la voce di tante persone che si sono sentite ferite, offese e umiliate dai suoi comportamenti e dal suo modo di agire e comportarsi nei loro confronti». A questo punto si tratta di vedere cosa farà Francesco, che in questa vicenda ha sempre cercato di tenersi defilato e aveva già detto di non essere intervenuto nelle decisioni della Congregazione per la Dottrina della Fede. È impossibile che non gli sia stata sottoposta la nota del Vicariato di Roma prima della pubblicazione, ma lo stesso si potrebbe dire per le decisioni della Compagnia di Gesù. Bergoglio conosce padre Rupnik come artista e teologo, nel 2016 gli affidò le meditazioni di Quaresima alla Curia romana.
A giugno, in un videomessaggio al Santuario di Aparecida, in Brasile, si vedeva un mosaico di padre Rupnik nel suo appartamento. Venerdì scorso, Bergoglio ha ricevuto in udienza Maria Campitelli, principale collaboratrice di Rupnik e presidente del Centro Aletti.
https://www.corriere.it/cronache/23_settembre_18/caso-rupnik-sull-ex-gesuita-denunciato-abusi-suore-scontro-gesuiti-diocesi-papa-15e859f4-563b-11ee-bd71-44df81c38f7b.shtml

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