Recentemente ho conosciuto la signora Antonietta Cargnel, e ci siamo sentiti telefonicamente, confrontandoci sulle nostre esperienze nel campo ecclesiastico.
La signora Antonietta Cargnel è stata Primario di Malattie Infettive all’Ospedale Sacco, ora in pensione.
Qualche nota biografica
Già Professore a contratto presso l’Università di Milano. Fondatrice e già Presidente della Fondazione AIDS-Aiuto, AIDS-Aid; ha operato sia nell’ambito della ricerca scientifica che nel campo dell’assistenza psico-sociale. Sul versante ecclesiale, è stata vicepresidente dell’Azione Cattolica della Diocesi di Milano per il Settore giovanile e successivamente regionale per il Settore adulti e Consigliera nazionale. È stata presidente di Commissione a numerosi Convegni ecclesiali tra cui: il Convegno ecclesiale di Loreto, la Conferenza nazionale per la cultura della vita, il Convegno diocesano Farsi prossimo e ha partecipato all’ultimo Sinodo diocesano. È autore di numerose pubblicazioni sia in campo scientifico che ecclesiale. Con le Edizioni San Paolo ha pubblicato L’assistenza e la cura al malato terminale (2001) e Tutto è compiuto. Con Giovanni verso la Pasqua (2015).
Altre notizie
Antonietta Cargnel è una donna che con la sua esistenza ha fatto storia nella sanità italiana, in particolar modo nel vasto campo delle malattie infettive, nel lungo periodo in cui, dagli anni Settanta al Duemila, si pronunciavano con paura le parole epatite, droga, omosessualità, AIDS. Tempi drammatici che, dall’inizio degli anni Ottanta, hanno richiesto una mobilitazione mondiale, un grandioso impegno economico e umano per la ricerca, l’assistenza e la cura dell’AIDS. Queste situazioni erano vissute con amarezza e sgomento perché la scienza medica non riusciva a evitare la morte di milioni di giovani in tutto il mondo. Si parla degli anni fino al 1996, data in cui vi fu una svolta importante nella terapia dell’HIV con l’utilizzo degli inibitori delle proteasi. Antonietta Cargnel con la sua vita personale e professionale ha tracciato un solco profondo nella storia della lotta all’AIDS e, ripercorrendolo, si rivivono quegli anni dolorosi per l’umanità, anche se ricchi di persone che hanno assistito questi malati con grande professionalità e, con entusiasmo, tenacia e speranza hanno dato vita a una intensa attività di ricerca. La vita di questa donna medico svela una grande umanità, sorretta da una Fede profonda e da un costante impegno nel mondo ecclesiale italiano. La troviamo incisiva nell’Azione Cattolica milanese e lombarda durante il difficile ma entusiasmante rinnovamento degli anni Settanta e poi attiva nelle numerose iniziative della Chiesa ambrosiana e italiana dove, anche con una preparazione teologica, ha portato e porta la sua intelligente visione laica. In questo contesto, Antonietta Cargnel ha avuto occasione di collaborare con teologi e religiosi eccezionali quali il Cardinal Carlo Maria Martini; così è stata in grado di alimentare il dibattito sociale su argomenti che scuotono le coscienze di donne e uomini, credenti e non.
Qualche settimana fa avevo chiesto alla signora Antonietta se scriveva un articolo per il mio sito sul problema delle parrocchie oggi fortemente in crisi, ma su cui stanno girando anche tra i parroci idee di soluzioni poco condivisibili: volerle sopprimerle territorialmente in nome di chissà qualche idea di comunità, volatile e senza futuro. Certo, come scrive la signora Cargnel, bisogna pensare a una riforma della parrocchia, ma come? Senza perdere la sua territorialità, ma puntando sui carismi e sui ministeri. Qui bisogna riflettere seriamente, senza perdere più tempo in chiacchiere o in teorie strampalate. Pubblico volentieri l’articolo appena ricevuto, come contributo per una seria riflessione, soprattutto da parte di chi dovrebbe per primo sentire il dovere di fare serie proposte. Ma i nostri capi sembrano impegnati altrove, perdendo altro tempo prezioso.
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PARROCCHIA:
LUOGO DI VITA E TESTIMONIANZA
DELL’AMORE DI DIO PER CIASCUNA/O DI NOI
Antonietta Cargnel
Non ci vuole molto ad accorgersi che oggi la Parrocchia è in crisi. Sempre più un maggior numero, soprattutto di donne e di giovani, non la frequentano. In un libro, recentemente scritto da Paola Bignardi: “Dio, dove sei? Giovani in ricerca” e in vari articoli apparsi sul giornale Avvenire, si fa notare come ci sia un calo consistente di coloro che frequentano la Chiesa. I numeri parlano da soli: nel 2013 le donne che si dichiaravano cristiane erano il 62%, nel 2023 sono calate al 33%; i giovani che si dichiaravano cristiani sono scesi dal 62,5% del 2013 al 32,7 % del 2023. Concordemente, la percentuale di chi si definiva ateo nel 2013 è salita dal 15% del 2013 al 31% del 2023.
Sembrerebbe, per chi ha a cuore l’annuncio del Vangelo, che possa venir meno il ricambio generazionale. I motivi sono numerosi: l’ingiustizia di genere che tende a confondere motivi culturali con problemi teologici, il bisogno di trovare strutture nuove del credere, non di mettere in questione il rifiuto del credere in quanto tale. La necessità di saper leggere la Parola di Dio nella storia che produce cambiamenti strepitosi e continui. È evidente, quindi, che è necessario saper ascoltare l’inquietudine spesso dolorosa, vissuta in solitudine, specie tra i giovani.
Certo, noi sappiamo che lo Spirito veglia sulla Chiesa, ma chiede anche a noi di fare tutto ciò che riteniamo utile perché sia un luogo in cui nella comunione viviamo e annunciamo a tutti il messaggio che Dio ci ama e chiede di amarci gli uni con gli altri.
Ha senso ancora la Parrocchia?
Io penso di sì, purché la si veda e la si realizzi in un modo nuovo. Il suo carattere territoriale credo sia molto utile. La gente abita in luoghi vicini ed è più facile che possa vedersi e incontrarsi. La territorialità potrebbe anche delimitare caratteri economici, culturali ed organizzativi simili tra le persone che vivono vicine. Da questo punto di vista, l’organizzazione di ulteriori comunità pastorali nella nostra diocesi, io non la ritengo una scelta utile. È evidente che questo è un punto di vista; non tocca a me ora decidere. Io ritengo che una parrocchia dovrebbe qualificarsi per la presenza di ministeri che rispondano a precisi bisogni delle differenti comunità cristiane.
Carismi e ministeri
In esse vi sono molti carismi donati dallo Spirito, doni concessi ai credenti a vantaggio dell’intera comunità. Possono esistere anche molti ministeri, cioè compiti stabili, (se necessario, stipendiati) che a seconda delle varie situazioni, vengono riconosciuti come servizi importanti per la vita della comunità cristiana e per l’annuncio della buona notizia del Vangelo di Gesù.
I ministeri, devono avere e di fatto vederla riconosciuta, una stessa dignità e un riconoscimento. Non devono essere pensati come delle matriosche: la più grande contiene, cioè tutte quelle più piccole. Questo è assolutamente sbagliato; renderebbe necessario solo un ministero che contiene anche tutti gli altri.
Nella vita della chiesa, i ministeri sono stati molto differenti lungo i secoli; occorre, dunque, interrogarsi per capire quali oggi noi riconosciamo essere i più opportuni e le modalità per un ripensamento di quelli esistenti. La Parrocchia non andrebbe affidata al presbitero Parroco, ma sarebbe possibile riconoscere un ministero che abbia la responsabilità organizzativa della Parrocchia, chiedendo a colui che deve esercitarlo non solo la passione per la comunione, ma anche una reale capacità organizzativa. Potrebbe esserci un ministero responsabile degli aspetti economici e altri ministeri ritenuti importanti a seconda delle differenti comunità cristiane.
I ministeri, già presenti oggi, sono, almeno sulla carta: gli ordinati – vescovo, presbitero, diacono, quelli istituiti – accolito, lettore, catechista. Se ne potrebbero suggerire molti altri in un futuro anche prossimo.
Alcuni esempi di ministeri
• Un ministero che promuova dialogo e iniziative tra le chiese cristiane e anche con altre religioni non cristiane.
• Un ministero da affidare magari alle famiglie. Le bambine/i, dopo aver fatto la prima comunione e la cresima, tendono a sparire dai nostri orizzonti ecclesiali. Alcune famiglie potrebbero prendersi cura di 2-3 bambine/i, invitandoli spesso a casa loro, con la loro famiglia, mostrando di fatto come l’esperienza cristiana dia un senso alla vita e la renda felice.
• Un ministero che curi le relazioni perché sia sempre più visibile la comunione tra i cristiani che ci fa amare gli uni e gli altri come Gesù ci ha amato.
• Un ministero che accompagni la persona malata, non solo aiutandola, se possibile, nell’assistenza, ma anche cercando di vivere con lei il significato di questa esperienza. Gesù ci dice che innanzitutto il dolore va tolto, ma quando ciò non è possibile, quale è il suo senso?
• Un ministero che aiuti nella elaborazione del lutto. Quando un caro muore, spesso, dopo i primi tempi, la famiglia viene lasciata sola. Come aiutare a capire che la vita è cambiata, ma non è tolta?
Come comprendere che la presenza fisica dei nostri cari è una presenza nuova, differente e non è un’assenza dalla nostra vita?
Attivare nuovi ministeri richiede, oltre alla capacità di vederne l’importanza, anche la pazienza della preparazione di chi li deve esercitare.
Occorrerebbe anche fare una riflessione seria sul ministero del presbitero. Tale ministero è cambiato nel tempo; occorre interrogarsi quale debba essere la sua figura oggi. Normalmente si dice che suo è il compito del riconoscimento dell’autenticità dei carismi, quello della presidenza della celebrazione Eucaristica e la Confessione. Nel tempo, però, non è stato sempre così. Ci fu un’epoca, ad esempio, in cui le badesse, confessavano le loro Suore. Oggi, dunque, bisogna ripensare al problema.
I carismi nelle nostre comunità ci sono; affidare un ministero è chiamare ciascuno alla responsabilità. Chi ha capito che il vangelo è la risposta al senso della propria vita, non può, come la chiesa di Antiochia ci ha mostrato, non annunciare agli altri, a tutti questa buona notizia.
Gli Atti degli Apostoli ci dicono che, in seguito alla dispersione a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano, era nata la comunità di Antiochia. Lì, inizialmente ai Giudei, poi anche ai Greci, venne fatto l’annuncio che Gesù è il Signore. Successivamente, quando la notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, fu mandato là Barnaba che poi partì alla volta di Tarso per cercare Paolo e condurlo ad Antiochia.
Naturalmente, questa mia è solo un’ipotesi. Bisogna cambiare qualcosa. Il cardinale Carlo Maria Martini aveva detto che “la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall’aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l’amore vince la stanchezza. Dio è Amore”.
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