Documento: “Per una nuova Comunità Cristiana di Base”

Una doverosa premessa. Nei giorni di lotta dei mesi scorsi per far valere la mia ostinazione a restare a Monte per portare avanti la mia piccola parrocchia, anche separandola dalla Comunità pastorale, come possibilità di realizzare un sogno, quello di incarnare il Vangelo localmente e in modo radicale, avevo steso un documento per una Comunità di Base che, successivamente, se fossi rimasto, avrei sottoposto ai miei parrocchiani.

La bozza non l’ho stracciata, ma rimasta nel computer, ed ora, dopo averla riveduta, la propongo ai miei lettori.
    

Documento: “Per una nuova Comunità Cristiana di Base”

di don Giorgio De Capitani

Questo non vorrebbe essere un “altro” documento da aggiungersi ai già esistenti di un passato che sembra oramai lontano, anche se sarebbe ingeneroso misconoscere coloro che hanno fatto la storia della profezia nella Chiesa, pur con tutte le riserve e i limiti, dovuti a un determinato contesto storico.

Se la Chiesa si è in parte risvegliata o, meglio, sta prendendo, benché faticosamente, coscienza della sua originaria identità, ciò lo dobbiamo a quanti hanno lottato, rischiando e subendo anche scomuniche ed emarginazioni.

Ma non si può vivere di nostalgia, e neppure di rendita. Con tutta l’umiltà richiesta dalla verità, sentiamo il dovere di fare di più, di cavalcare i giganti del passato, ma per vedere oltre.

Perché allora questo nuovo documento?

Certo, non è sufficiente stendere belle parole per convincere anzitutto noi stessi, e per stimolare altri preti e le comunità cristiane a rendersi conto di quanto sia necessario in questo momento storico prendersi a cuore (don Lorenzo Milani diceva: I care) le sorti della nostra società e della Chiesa, alla quale apparteniamo.

Tuttavia, serve anche aggrapparsi a qualche mezzo per far circolare le convinzioni, le proposte, e qualche sogno, consapevoli che oggi i mass media sono potenti canali di trasmissione. Ma siamo anche consapevoli che non ci basta trasmettere, se poi manca quel confronto schietto e costruttivo tra persone o tra gruppi: elemento indispensabile per ascoltare, capire e agire.

Sappiamo quanto la società moderna abbia contribuito a dissolvere le relazioni umano-sociali, dandoci l’impressione che la globalizzazione favorisse l’umanizzazione. Ma non è stato così. Oggi ci sentiamo più soli, terribilmente soli. Già la parola comunità è un alibi per nascondere la nostra solitudine. A tenerci occasionalmente uniti sono altri interessi, che esulano da quel “mi sta a cuore” dei migliori giovani americani che sognavano, lottando per una società diversa da quella imposta dall’impero. Dall’individuale: “ciò mi sta a cuore” è doveroso il passo al plurale: “ciò ci sta a cuore”. Sta a cuore a tutti. Ma “ciò” che cosa significa?

Sembra che la Chiesa sia viva, solo perché la religione ci fa sentire più partecipi di qualche rito o di qualche sacramento, anche se oggi assistiamo ad una separazione, nella stessa comunità, tra i regolari e gli irregolari, dal punto di vista canonico. Sembra che la Chiesa cerchi di riprendersi più consenso con quei Movimenti che svegliano senz’altro gli inconsci religiosi, ma che in realtà non sono altro che grumi di sale. E i grumi irritano: si sputano.    

Lungi da noi presentarci come un nuovo Movimento ecclesiale. Ma se per Movimento intendiamo circolazione delle idee, qualcosa di dinamico, allora potremmo anche definirci un Movimento. Ma preferiamo parlare di Comunità di base, anche se ciò può richiamare il ’68, ma non è nostra intenzione tornare al passato.

Siamo convinti, anche per merito delle contestazioni del passato e dei profeti di ieri e di oggi, in particolare del Concilio Vaticano II, che qualcosa si sia mosso nella Chiesa. Ma ad ogni passo si contrappone un riflusso, frutto anche di paura e di scriteriate o dissennate esperienze d’avanguardia. Se mancano una chiara idea di fondo e un forte convincimento, non si può andare molto avanti. E non si può andare molto avanti se si resta chiusi nel proprio piccolo mondo. Più che molteplici Comunità di base, forse sarebbe più opportuno parlare di comunità vivaci che si confrontano e allargano il cerchio. Ognuna con le proprie identità, con caratteristiche e con metodiche diverse. Ma identico è il fine: portare la Chiesa fuori dalle secche di una deriva allarmante.

Una rondine non fa primavera. Neppure Papa Francesco. È già tanto ed è bello che c’è, dono dello Spirito del Concilio Vaticano II. Ma non basta, se altre rondini non si uniscono per ridare alla Chiesa la sua rinascita. Ma toccherà a lui farsi circondare da persone “giuste”, intendendo gli spiriti profetici, con un occhio in più, quello appunto dello Spirito vivace e libero.

Certo, non spetta a noi dettare norme alla Chiesa, ma tocca a noi, preti e laici, stimolarla perché si rimetta sulla strada evangelica. L’ha fatto il laico Francesco d’Assisi, secondo le intenzioni del laico Cristo.

Il peggior difetto in cui è caduta la Chiesa è l’essersi creduta, fin dall’inizio, una piramide gerarchica, dimenticando che senza la base la cima non regge. Ma l’immagine della piramide è fuorviante, pericolosa, anti-evangelica. La Chiesa, si perdoni un’altra immagine, è come una spirale che, mentre sale, si allarga per comprendere l’universo intero.

Noi mettiamo in discussione l’idea che la Chiesa debba essere monarchica per volontà di Cristo. Che sia stata monarchica lungo i secoli, ciò è dovuto alla necessità di imporsi come struttura, nei molteplici organismi impostisi via via sotto il potere assoluto di un capo gerarchico, chiamato papa, rivestito di paramenti solenni da monarca e con titoli vergognosamente stridenti col Vangelo. Come si può chiamare “Sua santità” un essere umano? Cristo ha addirittura detto: “Nessuno è buono se non Dio solo” (Mc 10,18).

Noi chiediamo che si faccia un passo coraggioso: si dia più responsabilità ai vescovi, per arrivare poi ad un governo collegiale della Chiesa. Ai vescovi si deve dare potere non solo consultivo, ma decisionale. Il papa è una grande figura morale, non un gerarca assoluto. La Chiesa dovrà essere retta da tutti i vescovi del mondo, che si consultino insieme e decidano, senza dover chiedere l’imprimatur dal papa.

Ma ciò non basta ancora. Anche i vescovi non devono essere un circolo chiuso e dettare leggi senza consultare il popolo di Dio. La Chiesa non è solo il papa e i vescovi. La Chiesa è anzitutto il popolo di Dio. I laici oramai si sono svegliati, giustamente, forse troppo tardi, e spesso anche male. I laici non devono tanto rivendicare un potere, che poi è sempre in linea con quello ecclesiastico. Se i preti hanno sbagliato usando male il potere, i laici non devono ripetere gli stessi errori. Anche nella Chiesa occorre procedere verso una forma democratica, che è sui generis, ma non per questo meno democratica di quella politica.

La democrazia, anche quella ecclesiastica, esige il rispetto della singole coscienze, della libertà di pensiero, della libertà di espressione, della ricerca della verità. La religione tende a creare legami d’ogni tipo. Ecco perché non dobbiamo renderci schiavi di nessun sistema religioso, tanto più che il cristianesimo non è affatto una religione, secondo le intenzioni originarie del suo fondatore, Gesù Cristo. Per questo parliamo di Cristo radicale, quello delle origini, che non significa tornare indietro, casomai riscoprire quella Novità cristiana che, in quanto Novità, procede in avanti. Sono le stratificazioni della struttura religiosa che hanno rallentato il passo della Chiesa, che si è trovata come in un circolo vizioso: gira su se stessa, in un cerchio chiuso. In tal modo come può esserci speranza di progresso?

Come vediamo noi la Chiesa del Cristo radicale, oggi? Vedere sta per sognare. Già questo comporta un’attesa, ovvero la possibilità che il sogno si realizzi. Già da oggi. Nell’attesa che, come dice la stessa parola (ad-tendere) è già un tendere, nel presente, verso quella piena incarnazione del Cristo radicale, che avrà il suo compimento, quando l’Umanità sarà del tutto liberata. Liberata dal “peccato”, che non è tanto la violazione di quel codice morale che regola i nostri singoli comportamenti, che la Chiesa ha stabilito su misura della propria struttura religiosa. Il “peccato” è il disordine che dissocia l’essere umano dall’Umanità. L’Umanità è schiava, ancora oggi, del potere disumanizzante. Sì, Cristo ha liberato l’Umanità, ma non per questo il mondo è diventato come un paradiso. Cristo ci vuole partecipi, responsabilmente compartecipi della sua opera di liberazione, che continua nel tempo. Cristo non ha eliminato il Male, casomai ci ha dato la possibilità di eliminarlo. Nessuno deve dire: “Non si può far nulla!”. Invece si può fare: “Basta volerlo”. Inoltre Cristo non si è limitato a istituire i sacramenti, come mezzi di grazia e di santificazione personale. La Chiesa, invece, strutturandosi come religione, non ha fatto altro che diventare una macchina di distribuzione di consolazioni per la vita eterna. E, per ottenere questo, la Chiesa dice che ognuno si deve purificare in questa vita terrena. Ma non bastano già le sofferenze che la vita ogni giorno ci addossa, talora in modo anche drammatico? 

Qui dobbiamo essere chiari. Rimettere in discussione la struttura della Chiesa non significa sgretolarla, lasciando poi solo macerie. Proporre alternative richiede una visione diversa di Dio, della fede e della vita. Ecco perché, prima di fare un elenco di eventuali critiche contro questo o contro quello, occorre partire da un grande progetto di Umanità, riscoprendolo in quel Dio che ha creato il mondo. Se tenessimo ancora l’immagine del dio della religione, come potremmo sognare un mondo diverso? Non si tratta neppure di ripulire il volto del dio religioso. Otterremmo ben poco. Saremmo sempre daccapo. Non usciremmo dalla prigione, o dal cerchio mortale. Ma, ecco la domanda: come avere una grande Idea di Dio, quella che possa squarciare i cieli chiusi della religione, quella che si apra all’Umanità nella sua pienezza di energie vitali, quella che allarghi l’Idea che finora ci si è fatti dell’Uomo?

Partire da Dio o dall’Umanità o, ancor meglio, dall’Universo? Sarebbe più ortodosso, si dice, partire da Dio. Si è sempre fatto così. Ogni religione si dice rivelata. Rivelata tramite lo stesso Dio, o tramite qualche suo profeta. Ma proprio per questo, non c’è il dubbio che la religione si sia fatto un suo dio, o per lo meno lo abbia imprigionato, su misura della stessa struttura religiosa? Più che un dubbio, è la realtà.

Noi cristiani diciamo che il Figlio di Dio si è incarnato per rivelarci il vero volto del Padre. Sarà anche vero. Ma i Vangeli, in realtà, che cosa ci dicono? Lo sappiamo: sono stati scritti decine e decine di anni dopo la Resurrezione, dopo che la Chiesa aveva predicato per anni il messaggio di Cristo. Non c’è stata una certa manipolazione della Chiesa primitiva che, man mano si organizzava, rileggeva ciò che ha detto o ha fatto Cristo interpretandolo secondo le esigenze dello sviluppo strutturale della Chiesa? Già l’apostolo Giovanni ha contestato la struttura gerarchica, in difesa della Parola profetica di Cristo. Certamente, con un po’ di attenzione e di libertà di spirito possiamo cogliere la radicalità del Vangelo, ed è questo che vorremmo fare.

In ogni caso, perché non partire dall’Universo e dall’Umanità per avvicinarci di più a quel Dio, che, proprio perché ha i suoi riflessi nel Cosmo, potrebbe indicarci la strada giusta per salire e salire in alto? Se è vero che, tanto più ho di Dio una grande Idea, più si eleva la mia idea d’Umanità, è altrettanto vero che, più scopro l’Umanità, più potrò avere una grande Idea di Dio.

E allora come posso accontentarmi, come finora si è fatto anche nella Chiesa cattolica, del dio della religione, quando, ancora oggi, essa pretende che l’Umanità sia al servizio di una struttura religiosa, mentre, viceversa, la Chiesa dovrebbe aprirsi all’Umanità, senza farne l’oggetto delle sue finalità religiose?

Non è forse vero che ancora oggi si parla di valori religiosi o cattolici, come se i Valori fossero etichettabili? I Valori in quanto tali non possono essere proprietà di nessuna religione, ma dell’Umanità. La Chiesa è al servizio dell’Umanità, e non viceversa. 

Come si può ancora oggi mettere in contrasto la coscienza con la legge, e condizionare la coscienza alla legge?

Come si può ancora oggi parlare di ubbidienza alla gerarchia, quando la gerarchia, pur necessaria entro i dovuti termini, dovrebbe rispettare la coscienza della persona? No,  invece, prima c’è la legge, l’ordine, la disciplina, la struttura, la religione, il dio della religione, e poi, in sudditanza, c’è la persona, la coscienza, la libertà.

Qui si gioca il futuro della Chiesa, e dell’Umanità. Ed è per questo che noi, come Comunità di base, intendiamo riporre sul tappeto – non siamo gli unici, per fortuna – la questione vitale, stimolando di nuovo la Chiesa a uscire dal tunnel in cui da secoli si è volutamente messa. Non pretendiamo un miracolo pieno, ma che si apra qualche finestra e qualche porta, perché entri la luce dello Spirito che rinnova o ricrea la faccia della terra. Nonostante papa Francesco, i vescovi rimangono nel loro cerchio chiuso, i preti non sono disposti a cambiare, se ne fregano e continuano imperterriti sulla loro strada a senso unico, e i laici borbottano ma poi obbediscono, a loro sta bene così, purché il loro orticello sia salvo.

Parlare solo di diritti umani non ci sta bene, se ciò favorisse pigrizia e sonnolenza, egoismo e menefreghismo. Parliamo invece di diritti, di doveri e di responsabilità. Ed è sulla responsabilità che dovremmo riflettere. Non ci sembra che nei due millenni della sua storia, la Chiesa abbia parlato di responsabilità, al di fuori di quella ristrettezza di norme morali, specie riguardanti la sessualità, dove tuttavia parlare di responsabilità morale era difficile, dal momento che tutto era un obbligo.

Parlare di responsabilità è parlare anzitutto di coscienza. Ma la Chiesa che concetto ha sempre avuto di coscienza? Possiamo riassumere: adèguati più che puoi alla legge morale che io t’impongo, lasciandoci convincere che ciò è giusto. 

Legge e coscienza, libertà e verità, responsabilità e autoritarismo: sono questi i temi che affronteremo nelle nostre discussioni. Naturalmente coinvolgendo la realtà esistenziale, in tutti i suoi aspetti, senza dimenticare quella interconnessione “olistica”, per cui tutta la realtà va vista nel suo insieme.

 

 

9 Commenti

  1. Maurizio ha detto:

    Questa mattina ho voluto provocare, e don Giorgio avrebbe dovuto fare il pugile da come ha incassato senza battere ciglio.

    Chiaramente capisco i motivi di un Sacerdote, e capisco le difficoltà di dedicare la propria esistenza ad “altro” che se stessi, ed in questo aspetto Matrimonio e Sacerdozio offrono un comune punto di osservazione.

    Questo non toglie che pur trovando un gruppo entusiasta di questa sua iniziativa (ed io mi associo nell’entusiasmo e nelle finalità), la vita stessa del gruppo e la legittimità dello stesso resterebbe nelle mani del Vescovo e del Papa in ultima istanza, senza possibilità di appello.

    E allora di quale Legge e di quale coscienza, di quale libertà e di quale Verità stiamo parlando, se la sola responsabilità che conta è ancora oggi nelle mani del Clero?

    Grazie
    Maurizio

  2. GIANNI ha detto:

    Un manifesto su una concezione sicuramente alternativa all’attuale realtà della chiesa cattolica.
    Alla realtà della chiesa, di come voglia organizzarsi e prospettare, da tempo sono interessato più come storia del pensiero, che come manifestazione di qualcosa di cui sia intimamente convinto, vista la prevalenza agnostica del mio pensiero.
    Certo, come ho detto altre volte, ho anche avuto esperienze che mi convincono dell’esistenza del metafisico in modo anche molto tangibile, ma sul resto credo che non si possa che giungere ad una dimensione agnostica della metafisica con riflessi anche sulle diverse concezioni ecclesiali.
    Come dicevano alcuni teologi, di Dio poco o nulla possiamo dire…
    Invece molto si dice su come debba essere organizzata la sua chiesa.
    E proprio a tal riguardo, ho sempre notato, proprio nell’ottica di storia del pensiero umano, una pluralità di visioni ed idee, che ne fanno un tema decisamente articolato e dialettico.
    Non a caso si parla di chiesa gerarchica, chiesa democratica, chiesa monarchica piuttosto che episcopale, e via dicendo.
    Fa parte della ricchezza del pensiero umano, avere così tante concezioni teologiche ed ecclesiali.
    Modelli di chiesa come quelli prospettati in questa sorta di manifesto, per la verità, ce ne sono già stati, ad esempio a partire dai Valdesi.
    Anche come organista ho avuto, diciamo la fortuna di confrontarmi con ambienti diversi, non solo cattolici, e quindi credo di poter dire che chi desidera una chiesa impostata diversamente, rispetto alla realtà attuale di quella cattolica, può sicuramente essere soddisfatto in questa sua esigenza.
    Sicuramente posso anch’io dire, tra le diverse realtà conosciute, che molto vicina a queste istanze mi è parsa la chiesa valdese.
    Quindi, credo di poter confermre che per molti valga la seguente domanda: perché aspettare che qualcosa si trasformi, quando già altrove è possibile trovarlo?
    E questo, naturalmente, vale sia per i laici che per i sacerdoti.
    Anche perché nel cristianesimo esiste un unico, vero elemento in comune alle diverse tradizioni storico-culturali: i corali di Bach nella liturgia, il cui valore universale è talmente riconosciuto, da trascendere le divisioni tra le diverse chiese.

  3. davide ha detto:

    Don Giorgio, questa sarebbe una Chiesa vera

  4. Maurizio ha detto:

    Prima di entrare nel merito del suo scritto, vorrei far notare un dettaglio che ho colto in una delle ultime frasi:

    “i vescovi rimangono nel loro cerchio chiuso, i preti non sono disposti a cambiare, se ne fregano e continuano imperterriti sulla loro strada a senso unico, e i laici borbottano ma poi obbediscono, a loro sta bene così, purché il loro orticello sia salvo.”

    Ma non è questo lo specchio della situazione politica Italiana? Sostituendo a “Vescovi” la parola “partiti”, e a “preti”, “politici”, si noterà che i laici elettori in fin dei conti borbottano ma poi obbediscono un po per loro natura, ma soprattutto per una radicata abitudine storica a cui la Chiesa ha ampiamente contribuito. (scusate la parentesi).

    Per quanto riguarda gli argomenti del post, avrei una domanda di logica per don Giorgio, che purtroppo è quanto mai lecita all’interno della struttura “Chiesa”, ancor più per chi come lei è diventato Sacerdote prima del Concilio ed ha abbracciato una Chiesa molto più rigida ed obbediente di quella attuale.

    Ecco, la domanda è questa: cosa è successo? O meglio, non aveva compreso don Giorgio le regole e le convinzioni dell’Istituzione di cui ha deciso di fare parte? Non è che forse si sente come il marito tradito dalla moglie che invece di lasciarla tenta disperatamente di cambiarla, affermando a destra e a manca che intimamente non è la prostituta che tutti conoscono?

    Perdoni il mio essere schietto, ma il sogno di una comunità di base non è sviluppabile nel contesto centralista e assolutista della Chiesa Cattolica. Non lo è perché i fedeli associano al termine “indipendenza” il sentimento di peccato, che si quieta solo nell’obbedienza e nel perdono ricevuto dal clero… Cavoli don Giorgio, ci hanno lavorato per secoli a questa cosa, oggi è un meccanismo oliato e chissà per quanto ancora…!

    Dunque con il suo sogno che fare? Io penserei alla comunità Valdese, o ai Cristiani Copti. I Valdesi sono la prima comunità protestante della storia, quasi 500 anni prima di Lutero e per motivi molto simili… I secondi sono una piccola comunità cristiana tra le più antiche esistenti. Personalmente, per quanto Cattolico di famiglia, l’essere Piemontese mi ha facilitato nel conoscere i Valdesi… e non può immaginare lo spirito di libertà che circola in una comunità così piccola, ma così combattiva e indipendente…

    Questi due ambienti, queste due comunità già vivono lo spirito e le intenzioni che lei propone in questo post… O lei è davvero convinto che questa sua sposa possa cambiare?

    • Don Giorgio ha detto:

      Invece credo che, restando all’interno della Chiesa cattolica,  si possa cambiare qualcosa. Troppo comodo e facile uscire, per fare altre chiese o conventicole.

      • Maurizio ha detto:

        Le si potrebbe rispondere che senso abbia fare all’interno della Chiesa Cattolica altre chiese o conventicole differenti dalla Chiesa madre nello spirito, per fingere infine di esserne comunque parte? Non è il solito escamotage all’italiana? O meglio, tipicamente Cattolico?

  5. linda ha detto:

    ora mi copio il documento, lo stampo e lo rileggo con calma così mi faccio tutte le sottolineature, le frecce, i punti di domanda che caratterizzano tutti gli scritti che più mi affascinano… poi ci sentiamo!!!

  6. linda ha detto:

    Ok don, quando si comincia??
    Finalmente sono riuscita a leggere il documento a cui si riferiva quella fatidica domenica di agosto…. molto bello, ha già qualche idea concreta per le discussioni o pensa di fare tutto via web?

    • Don Giorgio ha detto:

      Diamo tempo al tempo. Anche lo Spirito santo ha i suoi tempi. Ora poi che di tempo ne ho a disposzione nel senso che non sono più pressato dall’urgenza delle cose. Sono contento che ti sia piaciuto. Le cose da dire ce ne sarebbero altre, o meglio da approfondire, vedi la finale.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*