AUGURI! al di là delle formalità

auguri
di don Giorgio De Capitani
In questi giorni, non riusciamo a dire altro che: AUGURI! Con una stretta di mano. E con un sorriso, talora un po’ forzato. E via!
È d’obbligo fare e farci gli auguri. Usando sempre la solita formula e i soliti gesti. Qualche parroco ha tentato di cambiare la formula: invece che “Buon Natale”, bisognerebbe dire: “Santo Natale”. Altri hanno proposto: “Natale buono”, oppure “Buone feste”.
In realtà, che cosa cambia? Una nuova formula cambia forse le formalità rituali? Il problema è che le parole hanno perso quel loro senso originario, quando bastava pronunciarle perché scattasse, dentro di noi, come una scintilla.
Mi piace sempre evidenziare la distinzione tra “parola parlata” e “parola parlante”. La distinzione la si deve al filosofo francese, Maurice Merleau-Ponty. Le parole parlate sono usate per non dire nulla. Parole vuote di contenuto. Sono parole disabitate perché sono solo suoni vuoti. Le parole parlanti, invece, sono quelle che hanno qualcosa da dire: sono parole abitate: nutrono lo spirito.
A prevalere sono le parole parlate: basti pensare ai vari talk-show, dove ognuno dice la sua, urlando e litigando. Il mondo divino è abitato da una sola Parola parlante: il Verbo o il Logos, come scrive Giovanni nel Prologo al quarto Vangelo. Ma il Verbo divino a chi parla? La Parola parlante non è di per sé sensibile, udibile fisicamente. È del tutto silenziosa, perché parla allo spirito più profondo, che è l’essere nella sua intimità più pura. Qualcuno parla di verginità dell’essere: un’espressione che mi piace.
Le parole parlanti per farsi ascoltare amano il silenzio più puro, l’esatto contrario di una società, dove le parole parlate o urlate immancabilmente vanno a sbattere contro muri di gomma. Le parole parlanti hanno un effetto straordinario e imprevedibile, se sono ascoltate nel silenzio profondo dell’essere, mentre le parole parlate sono del tutto inutili e odiose, servono a nulla di buono, creano solo steccati e feriscono l’umanità.
Invece che dire “Buon Natale”, “Santo Natale” o “Natale buono”, e, fra qualche giorno “Buon Anno!”, preferirei che si dicesse semplicemente “Auguri”, lasciando poi a ciascuno di interpretare nel migliore dei modi i propri desideri, le attese, le speranze in qualcosa di Nuovo. Come se dicessi: “Che tu possa avere qualcosa di ciò che c’è di più bello nella vita!”. Anche un po’ di salute, anche il lavoro, la casa, quel minimo indispensabile per una esistenza dignitosa, ma c’è qualcosa che solitamente manca nell’elenco dei nostri auguri, ed è l’Essenziale, ovvero quel credere oltre la cerchia di un vivere senz’anima, di un vivere senza il respiro profondo del nostro essere. Essenzialità, parola parlante che non è presente nei talk show quotidiani.
Uscire dalla cerchia di una esistenza talora infernale è scendere nel profondo di noi, là dove, appunto, le parole parlanti divine trovano spazio, e si fanno sentire.
Ci siamo ridotti a parlare solo con le cose, anche quando parliamo con le persone, coseificate a tal punto da non distinguerle dalle cose.
L’augurio è che il nostro spirito torni a riprendersi la sua libertà interiore, e faccia sentire la sua voce parlante. Solo così, potremo respirare aria nuova, e ci libereremo della paura del “male di vivere”, che ci ha quasi ridotti a esistere come zombie.

9 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Tanti Auguri a te caro don Giorgio.

  2. Giuseppe ha detto:

    Sono sostanzialmente d’accordo con queste riflessioni. Ultimamente sento dire sempre più spesso queste parole: “non farmi gli auguri che porta male”, specialmente se si è in anticipo riguardo alla data di compleanni ed altri eventi personali. Si tratta di una reazione che dà chiaramente l’idea di quanta superstizione e scaramanzia pervadano la nostra società. Se, infatti, si conoscesse meglio la nostra lingua, e il significato delle parole, tanti luoghi comuni cadrebbero rivelandosi per quello che sono: menzogne messe in giro da qualche burlone o da persone ignoranti e presuntuose che pretendono di poter condizionare il modo di pensare degli altri. La parola augùri non è altro che un modo di esprimere il desiderio che accada qualcosa di bene esternandolo all’interessato, quindi può naturalmente essere detta in anticipo. Del resto l’etimologia ha le sue radici negli àuguri, che presso la cultura romana erano i sacerdoti addetti a trarre buoni auspici attraverso l’osservazione del volo degli uccelli, che consentiva loro di interpretare la benevolenza degli dei. Si tratta perciò di una parola che racchiude in sé tutto il desiderio di far sentire agli altri la nostra empatia e che racchiude in sé la speranza che accadano loro cose buone e positive.

  3. davide ha detto:

    Auguri

  4. carlos ha detto:

    oggi (25 dic.)sostanzialmente si festeggia un compleanno. curiosamente molti fanno festa e non invitano il festeggiato, anzi di Lui non si ricordano proprio. buon Santo natale a tutti

  5. zorro ha detto:

    Significato e significante studiati gia nel strutturalismo del linguaggio Lacan.Penso che le parole siano come le note prese singolarmente vivono di se stesse se inserite in un contesto o tema esprimono il pensiero e quindi lo stato dell’ arte di chi le pronuncia tu se cio che dici.Oggi va di moda essere parolai e buttare tutto sull’ovvieta e la banalita’.Insegnamento del metodo di analisi e’ poco propagandato si preferiscono ovvieta’ urlate o visibili strabismi poco convincenti.Altro sistema portato avanti dall’ eta’ digitale e’ discutere della tesi senza inserirla nel contesto generale.Come se il mondo non fosse analogico ma vivesse solo di si e no oppure se preferite acceso o spento.Tutto cio’ a discapito della crescita intellettuale sulla quale il sistema marcio prospera e conduce intere masse.Alla messa di natale ho ricevuto un messaggio chiaro Gesu’ nasce e parla ai pastori i piu umili non servono teorie intellettuali e speculazioni filosofiche o sovrastrutture per evanngelizzare serve onesta intellettuale Auguri

  6. GIANNI ha detto:

    Perché esiste una parola parlata, oltre ad una parola parlante?
    Probabilmente, perché esistono dimensioni umane che vanno oltre l’uso logico/razionale dei vocaboli, e che riconducono, per un verso alla dimensione artistica, per altro verso a quella magico/religiosa.
    Possiamo essere piacevolmente toccati da un testo musicale, una canzone, anche in una lingua che non conosciamo, in base al puro effetto artistico o sonoro di suoni e parole.
    Immagini e parole di opere d’arte spesso ci attirano, anche senza comprenderne un eventuale significato logico, basti penare all’astrattismo, o all’ermetismo in poesia.
    Gli auguri probabilmente riconducono, invece, alla tradizione magico/religiosa.
    Più risaliamo nel tempo, e più questa era presente nella vita anche dell’uomo comune, di tutti i giorni.
    Tale dimensione consiste nel credere che possiamo, tramite la parola o altri mezzi, dominare presenze ed entità metafisiche, per volgerle ai nostri voleri, o quanto meno condizionarne gli aspetti direttamente presenti sul piano fisico.
    Anche la religione, che come religione pura non ha bisogno di nulla, in quanto se Dio è onnipotente tutto sa e tutto può, a prescindere dall’operato umano, è invece ancora ancorata ad una dimensione magica.
    Tutti i rituali religiosi sono, in realtà, anche riti magici, per cercare di ingraziarsi la benevolenza della divinità e scacciare gli influssi malefici.
    La messa per far sì che Dio non si dimentichi di noi, le preghiere per comunicare con Dio o con i santi o con gli angeli, e via di questo passo.
    Anche perché è insita in tutto questo una concezione un po’ antropomorfa di Dio, come se Dio si dimenticasse come un uomo comune, come se Dio facesse qualcosa solo perché glielo domandiamo noi, e praticamente dimenticandosi, la religione di oggi, che Dio è totalmente altro.
    In questa tradizione, la parola valeva e vale tuttora in quanto tale, anche se non comprensibile per l’orecchio umano, una parola che dovrebbe avere effetti magici.
    Pensiamo alla messa in latino, cui partecipava anche chi non comprendeva il significato delle parole pronunciate, o tutt’oggi ai riti esorcistici, praticamente preghiere in latino.
    Ed in tale concezione probabilmente rientrano anche gli auguri, un piccolo rito scaramantico, a voler significare: con queste parole opero una piccola magia, perché tutto ti vada bene.
    Certo, con la secolarizzazione della società tutto questo non avrebbe più senso, quante sono le persone che ricevono auguri di tutti i tipi, ed a cui le cose vanno poi, comunque, male?
    Ma questi rituali sono ormai entrati nell’uso quotidiano, anche se se ne è perso l’originale senso.
    Ma per chi crede, vale sempre l’origine di tutto, secondo le parole di S: Giovanni: in principio era il verbo (o logos).

  7. diogene ha detto:

    AUGURI don Giorgio!

  8. don ha detto:

    Auguri a te don Giorgio! Mi preparo per la Messa “in nocte” e vorrei completare le significative proposte di riflessione che ci hai presentato con una frase di S. Francesco di Sales che viaggia nella stessa direzione degli spunti di meditazione che ci hai offerto: “Il rumore non fa bene, e il bene non fa rumore”

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