«Devo esser Maria e da me far nascere Dio…»

L’EDITORIALE
di don Giorgio

«Devo esser Maria

e da me far nascere Dio…»

Non vorrei mai fare il solito poeta sentimentale, dalla rima facile e banale, e neppure farmi prendere da qualcuna di quelle emozioni che passano subito come fumo al vento.
Arriva Natale, e tutti gli anni si rimane vittime del solito cliché, diciamo delle solite usanze, che non saprei neppure come definire, dal momento che gli antichi idolatri (detti popolarmente pagani) avevano una concezione più sacra delle feste che, se rallegravano una massa di poveri soggetti alla schiavitù più disumana, servivano anche a dare una forza particolare per sopportare anche le sofferenze più dure.
Non penso che anticamente esistesse già la parola “consumismo”, di origine diciamo capitalistica e favorita da quella moderna folle tecnologia che spazza via ogni nobile sentimento, pur aggrappandosi per sfruttando al mondo emotivo.
Anni fa in un video avevo detto, scandalizzando qualcuno, che, già la sera del giorno di Natale, viene meno improvvisamente l’effetto emotivo del Natale, come quando si ha un orgasmo carnale. Ma l’orgasmo carnale non ha gli stessi preamboli e gli stessi esiti, quando cessa, di quella durata di attesa del Natale, sempre più anticipata mesi e mesi prima del 25 dicembre con una tale progressivo bombardamento mediatico che allargarsi fino a coinvolgere gli stessi credenti.
La cosa scandalosa e blasfema o dissacrante è appunto il fatto che le stesse comunità cristiane, anche per colpa di una gerarchia assente o succube, cadano nel vizio che si ripete ogni anno, con sempre maggiore virulenza, snaturando il Mistero natalizio, incartandolo di tante belle cose o iniziative che hanno ben poco a che fare con la sacralità della Incarnazione del Figlio di Dio.
Che pena assistere quasi a una gara tra le Amministrazioni comunali e le comunità parrocchiali nel programmare solo riti carnali. Che c’entrino i Comuni con il Natale cristiano me lo sto da anni chiedendo, ma che le parrocchie si adeguino all’andazzo generale, diciamo carnale, questo non solo me lo sto chiedendo, ma vorrei che cessasse una buona volta, in vista di quella conversione interiore, di cui l’Avvento dovrebbe stimolare.
Sì, ogni anno tutto si incarta, non solo i doni i natalizi per farli sembrare più belli e attraenti (la carta che si usa è così bella e anche costosa che la si ricupera e la si ricicla per altri doni), ma anche quel Mistero che andrebbe invece sempre più scartato, scoprendovi il segreto del nostro essere.
No, non vorrei fare il solito moralista, o il solito criticone, anche perché non servirebbe a nulla, vista l’ostinazione quasi intoccabile di una società che non vuole sapere sentir parlare di essere o di spirito.
Anche negli editoriali precedenti penso di essere stato positivo e costruttivo, invitando a riflettere sulla realtà di quella Mistica, quella di Meister Eckhart, che è la vera scoperta di ciò che siamo, a contatto con il mondo del Divino.
E allora insisto nel dire, rifacendomi ancora a uno dei distici più famosi di Angelus Silesius, (Il Pellegrino cherubico I,61) che «Mille volte nascesse Cristo a Betlemme, ma non in te: sei perduto in eterno».
Sì, parole diventate famose, citate talora anche a proposito.
La nuda realtà è questa: la nascita di Cristo non è come quella di un pur eccezionale personaggio storico. La Nascita del Logos va al di là del tempo e dello spazio: l’unico spazio è il grembo del nostro essere, quando è fecondato dallo Spirito santo.
Ogni Natale, che è pura commemorazione rituale o esteriore, non solo è inutile, quindi sterile, ma è una condanna del nostro essere gravido di quella rigenerazione divina, che abortisce quando il Mistero è puro folclore, per non dire ridotto a consumismo carnale.
Se di nuovo Cristo non nasce in te, è un’altra occasione di perdizione. Parole dure, ma veritiere, per chi fa sul serio, impegnando tutto se stesso nella ricerca della vera beatitudine.
Vorrei concludere citando un altro distico di Angelus Silesius: bellissimo, proprio perché il grande Mistico mette in scena la vera Donna, Maria.
«Devo esser Maria e da me far nascere Dio, perch’egli mi conceda beatitudine eterna». (da Il Pellegrino Cherubico, I,23).
“Devo esser Maria”: paradosso mistico che toglie ogni paragone, e parla di identità. Devo essere non “come” Maria: essere “Maria” va al di là del possibile umano, ma a Dio nulla è impossibile.
Maschio o femmina, che io sia anzitutto donna, ma quale donna? Essere Maria la Donna, genitrice di Dio, ieri, oggi e domani.
Il grembo di Maria è anche il mio grembo, quando in me il Logos si genera e si ri-genera.
Non è piacere di un corpo, non è felicità emotiva, ma beatitudine che tocca lo spirito. Non è un qualcosa di momentaneo, ma di misticamente Eterno.
La Mistica non è un confronto, un ”come” Dio o un ”come” Maria: è la stessa Realtà divina, che si fa ancora realmente presente nel grembo di ogni essere umano.
Che vogliamo di più per cogliere almeno un attimo dell’Eternità del Mistero natalizio?
24/12/2022
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