Ripartire con più forza e coraggio…
di don Giorgio De Capitani
Non so se è per una più lucida coscienza che mi spinge a provocare istituzioni civili e religiose, o per il mio carattere allergico, al limite di una pericolosa anarchia, ad ogni struttura in quanto tale, sta di fatto che sento dentro di me una tale esigenza di contestare in quanto spirito libero che diversamente perderei ogni voglia di vivere.
Se la lotta è vita, se ogni dialettica è vita, allora è un dovere per me, se voglio continuare a vivere (non conta l’età), prendere di petto ogni ingiustizia, senza badare troppo a certe sottigliezze che si chiamano comunemente “decenze verbali” o ”decenze istituzionali”.
Ciò che è la molla del mio lottare è qualcosa di profondo, di non carnale.
Proprio perché la società civile e quella religiosa sono carnali, bisogna partire dal proprio essere interiore, altrimenti si lotta tra carnalità per eliminarsi reciprocamente, ma solo negli aspetti carnali.
Via una carnalità, rimane un’altra, e così via, e tutto resta sempre sul piano carnale.
A che serve combattere una struttura eliminandola, quando poi ne arriva un’altra, magari peggiore di quella eliminata?
Ciò che succede nella “migliore” Chiesa di oggi non è tanto di eliminare la struttura, quanto di sostituirla con un’altra, dando così l’impressione al popolo di Dio di un rinnovamento, che è in realtà non è altro che un cambio di facciata.
Certo, le strutture ci saranno sempre, ma che almeno ci siano alternative “possibili”, da proporre perché, all’interno o accanto alle stesse strutture, si realizzino spazi di libertà, con l’intento di dare più leggerezza alla stessa struttura.
Ma attenzione: oggi nella Chiesa vige la moda di creare gruppi o movimenti all’interno della stessa struttura ecclesiastica, come se questi gruppi o movimenti fossero spazi di libertà: al contrario, succede che questi gruppi o movimenti siano una radicalizzazione della fede per la paura che la grossa struttura possa sfaldarsi sotto i duri colpi degli spiriti liberi, ma soprattutto di una secolarizzazione sempre pronta a svuotare del Divino l’essere umano.
Lo spirito libero agisce nella Chiesa, ma senza far parte della struttura vincolante della Chiesa.
Si rimane nella Chiesa, ma per aprire porte e finestre così da permettere allo Spirito di occupare più spazio,
Dunque, oggi non mi sembra che la Chiesa sia più aperta alla libertà dello Spirito, e perciò il compito degli spiriti liberi è ancor più impegnativo e feroce, per non farsi prendere dalla paura delle minacce di una gerarchia istituzionale, che non ha mai perso il vizio di scomunicare, anche se i peli sembrano più lisci e anche profumati: l’inganno c’è sempre, ed è l’arte demoniaca.
Altro discorso, ma ugualmente impegnativo, bisognerebbe fare per la società civile.
Al di là dei partiti e dei gruppi o movimenti politici occorre creare spazi di libertà.
Come? C’è tutto da inventare.
“Ma attenzione: oggi nella Chiesa vige la moda di creare gruppi o movimenti all’interno della stessa struttura ecclesiastica, come se questi gruppi o movimenti fossero spazi di libertà: al contrario, succede che questi gruppi o movimenti siano una radicalizzazione della fede per la paura che la grossa struttura possa sfaldarsi sotto i duri colpi degli spiriti liberi, ma soprattutto di una secolarizzazione sempre pronta a svuotare del Divino l’essere umano.”
I gruppi che dovrebbero favorire il confronto, il dialogo, la capacità di scambio per trovare una “verità più vera”, più certa in realtà diventano strutture dove incatenare le persone, controllarle, ingabbiarle dentro schemi precostituiti e controllabili.
Purtroppo molti ci cascano, confondendo il “fare la volontà di Dio” col rispetto delle tante regole carnali imposte da uomini.
Oggi, a detta di tutti, chi è il cristiano? Una persona equilibrata, che va in Chiesa, partecipa alle attività della comunità, è amico di qualche prete.
Questa è l’immagine imposta e che nessuno cerca di scardinare.
Non è quello che vive come Cristo, illuminato dal Suo Spirito, pronto a far la rivoluzioni dove le consuetudini e tradizioni hanno completamente cancellato e rinchiuso la rivoluzionalità dello Spirito.
Basta adempiere a tanti comandi, rispettare le regole.
Credo che questa strada sia perfetta per sprecare la propria esistenza; per chiudere la porta in faccia a Dio che vuole entrare nella nostra vita superando sterili tradizioni per aprirci completamente all’altro.
Quanta ipocrisia, anni e anni di un regime capace solo di imporre ed alimentare sensi di colpa.
Scrive così fratel Enzo Bianchi, forse “incattivito” dai fatti recenti ma spero soprattutto illuminato da una voce profonda:
‘Guai invece a chi presiede e pensa che l’obbedienza gli sia dovuta; guai a chi presiede e instaura una relazione di asservimento nei confronti dei fratelli e delle sorelle a lui affidati; guai a chi comanda ma senza ascoltare, senza mai rispondere alle domande della comunità e senza riconoscere il fratello o la sorella più demuniti nella parola e spesso piccoli, semplici, fragili; guai a chi presiede minacciando sanzioni o aumentando leggi e osservanze.’
Mai abbassare la testa don!