“Francia, Francia, quanto ti amo!”

“Francia, Francia, quanto ti amo!”

di don Giorgio De Capitani
Due doverose premesse.
1. Ogni Nazione, oltre a tanti pregi, ha anche numerosi difetti. Tutti conosciamo il forte nazionalismo del popolo francese o quello spiccato senso di esaltazione patriottica che lo rende particolarmente odioso. Comunque, da non biasimare del tutto, quando serve a tenere unito il proprio Paese. In Italia, ad esempio, c’è solo una frantumazione dell’ideale nazionale, certo rivendicato, ma come alibi per proteggere gli interessi di ciascuno. Per noi la patria è il nostro ego. Altro che sovranismo nazionale! L’ideologia leghista è puro egocentrismo. Certo, i francesi forse esagerano a vedere tutto in funzione della loro Patria, arrivando al punto di accentuare a modo loro, ovvero alla francese, anche le parole straniere. Ma che dire del brutto vezzo di inserire ovunque, anche nel nostro linguaggio (e che figure!) parole o espressioni inglesi? Tutti sappiamo anche l’espansione coloniale francese, sempre in nome di quel nazionalismo che vorrebbe imporre la propria cultura di occidentali prepotenti, per di più con forti intenti di sfruttare le risorse naturali di popoli già affamati e umiliati come sottosviluppati. La Francia è la Francia!, e tutto il resto è ai suoi piedi. Ma credo che, in fatto di colonialismo, nessuno batta l’Inghilterra, che si è arricchita sul sangue dei più disperati.
2. Tutto il mondo riconosce che l’Italia è il più “bel” paese sulla faccia della terra: una rara, rarissima bellezza, nel campo artistico e culturale. Non ci batte nessuno, anche per le nostre bellezze naturali. L’Italia è l’Italia!, anche i francesi dovrebbero inchinarsi.
***
Fatte queste due doverose premesse, la mia ammirazione per la Francia è grandissima, tanto da esclamare: “Francia, Francia, quanto ti amo!”.
Gli scrittori francesi mi hanno sempre affascinato. Non cito per ora alcuno, per evitare di offendere qualcuno che potrei dimenticare.
In questi ultimi tempi poi, quasi costretto a leggere e a pensare, è una quotidiana scoperta, secondo la legge della catena (un autore tira l’altro!”) di scrittori d’oltralpe, i cui testi  hanno il potere di sedurmi. Più autori del passato che del presente.
A differenza di quella inglese, fredda e irritante, la lingua francese ha una sonorità del tutto particolare: ha qualcosa di bello, di caldo, di suadente, di sensuale, di musicale, di mistico!
A differenza di un inglese che quando parla mi lascia indifferente, quando sento parlare un francese doc, anche se mi sfugge il significato delle parole, lo ascolto volentieri, e mi sembra di capire tutto.
Anche la religiosità dei francesi si esprime in canti e in riti liturgici che, non solo nelle sue cattedrali da favola, ma anche nelle cappelle più umili, piacciono già a fior di pelle.
A proposito della fede, la Francia, a differenza della nostra Italia che, volere o no, è sempre rimasta, anche tuttora, sotto il cappello paludoso del Vaticano, ha saputo esprimere anche in modo del tutto originale, forti spiritualità e uniche esperienze mistiche, che ancora risuonano nell’aria inquinata del nostro tempo.
Già dicendo Notre Dame (Signora!), in me scatta un’emozione forte. Dicendo Basilica San Pietro in V artica, sento freddo se non gelo.
Inoltre. Dire Francia è dire Movimento dei Preti Operai. Ed è anche dire dissenso cattolico che, proprio a partire dai Preti Operai, ha sempre fatto tremare la Chiesa di Roma, offrendo al mondo intero (Urbi et Orbi) quella libertà di Spirito che noi cattolici, ad esempio, riteniamo quasi un’offesa al volere di Dio, secondo il quale tutto è dogma, ordine, disciplina, obbedienza, e così via.
Certo, la Francia è imprevedibile. È capace di tutto: di salire in alto e di scendere in basso, di dissentire e di tornare nei ranghi di un’ortodossia insopportabile.
Ma i tesori francesi sono sempre lì, incontaminati e indistruttibili, a parlarci di una religiosità, ancora da scoprire nella sua verginità materna. E, all’interno della stessa ortodossia, rivendicata da altrettanti geni sensibili all’autentico amore di Dio, si sente vibrare quell’equilibrio tra scienza e religione, tra novità e fedeltà alla tradizione, che stimola ancor più sia la dissidenza che la tradizione a cercare nelle differenti ricchezze spirituali il Giusto e il Bello, nella stessa direzione del vero credente, innamorato di una Verità da scoprire con intelligenza e libertà interiore, in vista di quel Meglio, a cui innovatori e tradizionalisti vorrebbero tendere nella più sincera disponibilità al mondo del Divino.
Non certo come la Grecia antica, anche la Francia è filosofia, mistica, essere. Il migliore pensiero francese (basterebbe richiamare Simone Weil) affonda le radici nella cultura greca, ma con una sua originalità, che è l’arte di innestare sul passato il presente, tanto più se si ha fede nell’Eterno presente. La Grecia, culla del grande eterno Pensiero, sembra quasi sparita nell’oblio più infame. Ma c’è sempre un testimone, che riattiva la scintilla del mondo greco, a maggior ragione se oggi tutto o quasi è segnato dalla barbarie.
La Francia mi dà uno stimolo in più, anche per la sua storia, remota e prossima. Dalla Francia è uscita la rivoluzione per antonomasia: per intenderci, quella del 1789/1799; e così dalla Francia, uscirà la rivoluzione politica, non più sullo slogan: “Liberté, Égalité, Fraternité”, ”ma al grido di: “Potere al popolo pensante”, che non è “Ora mi prendo io il comando”, ma: “mi offro per il bene comune”. Dalla Francia è partita la contestazione del ’68, così dalla Francia partirà la contestazione culturale, in nome del grande Pensiero greco.
“Viva la Francia!”, lo dice un cittadino italiano doc, innamorato pazzo del proprio Paese.
Francesi e italiani, non siamo forse anime gemelle?
Ma noi italiani stiamo soffrendo le pene dell’inferno, per una barbarie mai vista da quando l’Italia è stata liberata dal nazismo e dal fascismo. Siamo in affanno, in agonia, anche per colpa di un popolo che ha perso del tutto le sue radici, non  solo cristiane, ma di quel genio italico che ci ha sempre contraddistinto come italiani.
Dobbiamo guardare non solo al nostro migliore passato, ma in Alto, implorando pietà per i giusti e chiedendo quella Grazia che possa rompere il muro di atrocità e di bestialità che separa l’Umano dal dis-Umano.
Nel 1989 il muro di Berlino è crollato, ma in Italia è stato recentemente costruito, per separare gli italiani dai non italiani, non in nome di chissà quale nazionalismo (parola che in Italia non ha senso), ma in nome di quell’Ego che si è fatto Idolo, davanti a cui gli italiani sono genuflessi, frantumando ogni valore di Umanità.
Parlare oggi di Civiltà in un popolo, quello italiano, imbarbarito e alienato, è semplicemente scandaloso!

 

1 Commento

  1. Giuseppe ha detto:

    C’è una differenza sostanziale tra la storia e la tradizione della Francia, che affonda le radici come stato nazionale nel medio evo e anche quando ha traballato non ha mai rinunciato alla sua unità, e quella del nostro bel paese che ha saputo perdere rapidamente, dopo la caduta dell’impero romano, la sua identità di nazione, ammesso e non concesso che anche allora non fosse altro che il risultato di una conquista militare. Per questo motivo mentre si andava affermando il nazionalismo incrollabile dei francesi, che sebbene abbia il vizio di precipitare fastidiosamente nello sciovinismo della “grandeur”, è stato comunque garanzia di libertà e di uguaglianza, qui da noi il campanilismo esasperato e l’individualismo egocentrico la facevano da padroni, rendendoci costantemente succubi politicamente di potenze straniere (anche con la collaborazione del papato) e, a volte, purtroppo, perfino di bulli nostrani.

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