25 aprile: quanta ipocrisia!

L’EDITORIALE
di don Giorgio

25 aprile: quanta ipocrisia!

Non è paradossale voler celebrare il 25 aprile da una finestra di casa, perché prigionieri in casa propria a causa di un virus che da settimane sta minacciando non solo la nostra esistenza fisica, ma anche la nostra libertà di agire?
E vogliamo così, ovvero da prigionieri, celebrare quel 25 aprile del 1945, quando siamo stati liberati finalmente dal nazismo/fascismo?
Ma la vera domanda è un’altra: che significa “liberazione”?
Quando penso a questa parola, mi chiedo se un popolo sia veramente libero solo perché non è occupato da un esercito straniero.
Quante guerre di liberazione! Innumerevoli! Incalcolabili! Eppure, ancora oggi non conosciamo il vero significato della parola “democrazia” (già di per sé un inganno di parola!), o, meglio, non conosciamo quella libertà di spirito, che nessuna dominazione straniera potrebbe minacciare.
Liberi, ma schiavi; schiavi, ma liberi!
Crediamo di essere liberi perché siamo un popolo non soggetto a una nazione straniera, e poi siamo schiavi di una alienazione che è di casa, che è nostra, un sistema costruito nella democrazia, ma intesa come quel gestire in proprio un bene comune, che è in realtà un insieme di legami che fanno del proprio io l’idolo fasciato da pregiudizi, privilegi, pretese che, se potessero, dividerebbero ancora Dio in numerose divinità, ognuna a protezione del proprio orticello.
No, non siamo tornati idolatri, perché lo siamo da sempre, e sempre più avidi di qualcosa o di qualcuno che protegga i nostri interessi.
Siamo così stupidi da non accorgerci che siamo costretti a celebrare il giorno della liberazione, stando chiusi in casa, per paura di un virus che ci fa paura, ancor più potente di una bomba atomica, un invisibile nemico lì pronto, sull’uscio di casa, a colpirci a morte.
Ma quanti altri virus hanno colpito gli italiani senza che se ne accorgessero, virus che hanno tolto loro la testa, lasciandoli però contenti di dire: Ora siamo un popolo finalmente libero!
Liberi forse da schiavitù straniere, ma schiavi di un complesso di schiavitù interiori, là dove il pensiero sembra morto, la coscienza sembra svanita, la divinità sembra seppellita.
25 aprile 2020
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
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