Siamo italiani, europei, internazionali e cosmici

Siamo italiani, europei, internazionali e cosmici

Non siamo particelle a se stanti di un tutto. Dire tutto è già qualcosa, ma non basta. La sempre più sofisticata tecnologia moderna ci immerge, volere o no, in un qualcosa più grande di noi. Gli spazi sembrano accorciarsi: anche i tempi, anche le conoscenze, per non parlare poi di una maggiore facilità di relazioni, di tutti i tipi, da quelli sentimentali e culturali a quelli di carattere socio-politico ed economico.
A parte la tecnologia, che è un qualcosa di esterno, noi stessi in quanto esseri siamo una relazione, usando una parola difficile, di carattere ontologico. Ovvero, il nostro stesso essere partecipa del tutto. Attenzione: l’essere non è una parte, un frammento, un elemento, una particella che, assommandosi a tutte le altre, compone il tutto. Il tutto, in altre parole, non è una somma, ma una entità superiore alla somma. In ogni minima particella c’è già il tutto. Ed è nel tutto che il mio essere vive e si rinnova. Siamo come trascinati nella energia cosmica, anche se inconsciamente, e purtroppo talora con tale resistenza o apatia da esserne quasi esclusi.
Non voglio annoiare insistendo con considerazioni che qualcuno può prendere come strettamente filosofiche e astratte. Certo è che bisognerebbe educare la gente a uscire da un pragmatismo tale da portarla alla peggiore banalizzazione della propria vita e della stessa società in cui viviamo. L’egoismo blocca le interconnessioni del nostro essere: non solo ci isola, ma fa perdere l’energia migliore.
Arriviamo al dunque. Siamo italiani, ma lo siamo realmente? Quell’antico amor di patria che ha comportato il sacrificio di milioni di soldati e di civili, dove è andato a finire? Non voglio tessere l’elogio di un fanatico amor di patria. Ma questo non toglie che siamo figli di una terra: siamo nati in un paese, piccolo o grande che sia, facciamo parte di una nazione, che per noi è l’Italia. Abbiamo una nostra identità, in tutti i suoi vari aspetti. E questo non lo dobbiamo dimenticare. Ma, amare il proprio paese o la propria nazione non significa isolarci dal mondo. E, nello stesso tempo, sentirci parte del mondo non comporta il venir meno all’amore per il paese e per la nazione. Anzi, vorrei dire di più: più ci si sente europei, internazionali e cosmici, più si dà linfa anche al proprio sentirsi italiani, e più si è italiani nel senso migliore più si contribuisce alla realizzazione dei valori universali.
Quando diciamo che siamo cittadini del mondo, non significa di per sé che dobbiamo andare all’estero, dimenticando di essere italiani. A parte qualche spontanea battuta (“mi vergogno di essere italiano”), mi sento orgoglioso di essere italiano. E più mi sento italiano, più vorrei che il mondo cambiasse. Qui in Italia sono nato, e qui in Italia lotto perché qualcosa migliori nel mondo intero. A partire dal mio piccolo paese.
Non sono così cieco e presuntuoso da rifiutare il dialogo e il confronto con le altre culture; ho imparato molto e imparo tuttora molto leggendo filosofi e mistici di altri paesi; so che la verità non è prerogativa di una sola civiltà. Ma so anche che ogni particella di verità contribuisce al progresso del mondo. Ed io sono potenzialmente questa particella.
E se ho la fortuna di essere figlio di una nazione con un glorioso passato (parlo naturalmente di ciò che ha espresso il miglior genio italiano), non posso ora tradire questa eredità trasmessa col sacrificio di milioni di italiani.
Mi sento italiano, mi sento europeo e mi sento cosmico, contemporaneamente. È una interconnessione direi naturale. Ma se ciò riguarda anzitutto il mio pensiero, la mia forma mentis, il mio modo di essere, sono però convinto che l’agire s’incarna nel locale. Vale sempre il detto: pensare in grande, e agire localmente.
Secondo il mio modo di vedere, oggi manca l’attaccamento alla propria terra, ci sentiamo come sradicati, ma nello stesso tempo l’amore alla terra, quando c’è, è tale da ridurre nel piccolo il pensiero.
Questo vale nel campo socio-politico, e nel campo religioso. Ci piace evadere dal proprio locale, magari sognare ma con una tale disincarnazione dalla realtà da sentirci come figli di nessuno. 
25 maggio 2014

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