Le accuse di Report contro Daniela Santanchè diventano un caso politico. Le opposizioni: “Meloni riferisca, la ministra si dimetta”
da www.huffingtonpost.it
22 Giugno 2023
Le accuse di Report contro Daniela Santanchè
diventano un caso politico.
Le opposizioni:
“Meloni riferisca, la ministra si dimetta”
di Enrico D’Amo
La trasmissione di Sigfrido Ranucci ha acceso i riflettori sulla vita da imprenditrice dell’attuale ministra del Turismo: sotto accusa la gestione di Visibilia e Ki Group. Santanchè si difende: “Ricostruzione non veritiera. Ho dato mandato ai miei legali”
Dipendenti non pagati, tfr non erogati e cassa integrazione usata in modo fraudolento. Sono le accuse contenute in un’inchiesta televisiva di Report, a firma Giorgio Mottola, che ha acceso i riflettori sulle attività imprenditoriali di Daniela Santanchè e ha aperto un caso politico. Le opposizioni chiedono a Giorgia Meloni di riferire in Parlamento e alla ministra del Turismo di rassegnare le dimissioni. Santanchè, dopo alcuni giorni di silenzio, si difende e smentisce le accuse lanciatele dal programma di Rai3, derubricandole come “prive di corrispondenza con la verità storica” e annunciando querele. Report da parte sua, con un post su Facebook del conduttore Sigfrido Ranucci, conferma “la veridicità di tutti i contenuti trasmessi”.
L’inchiesta, andata in onda lunedì sera, è corredata di testimonanze di dipendenti e fornitori storici delle aziende di Santanchè, puntando il dito contro una serie di condotte societarie improprie. Alla ministra si contesta in particolare la gestione di Visibilia e Ki Group Spa: la prima è una società editoriale – che pubblica tra le altre cose il mensile cinematografico Ciak e il settimanale Novella 2000 – che l’imprenditrice piemontese ha guidato fino alla nomina ministeriale lo scorso ottobre, quando ha passato il testimone all’attuale compagno, il principe Dimitri Kunz d’Asburgo, a cui ha ceduto anche la propria quota del Twiga, il lussuoso stabilimento balneare di Forte dei Marmi; la seconda è un’azienda leader nel settore biologico, controllata dalla senatrice insieme all’ex compagno e socio Canio Mazzaro fino al giugno 2022. L’inchiesta di Mottola denuncia come le società guidate prima direttamente da Santanchè e poi affidate ad altri siano state condotte a vantaggio dei soci con trasferimenti di liquidità e a danno dei dipendenti, pagati in ritardo o non pagati affatto, con versamenti previdenziali non pervenuti, e poi licenziati. I dipendenti delle due società avrebbero lavorato a tempo pieno anche se formalmente risultavano in cassa integrazione a zero ore e, dopo il licenziamento, non sarebbero neppure stati liquidati, quando la ministra – nella stagione delle chiusure per Covid – rivendicava orgogliosa di anticipare la cassa integrazione per i suoi dipendenti. Anche i fornitori, sempre secondo le ricostruzioni del programma, sarebbero ancora in attesa dei pagamenti dovuti.
Sostiene Report che in meno di nove anni, solo come stipendi per le cariche sociali, Daniela Santanchè si sarebbe portata a casa due milioni e mezzo di euro e Canio Mazzaro sei. Non solo, per anni Ki Group avrebbe pagato a Mazzaro l’affitto di un’automobile di lusso e di una casa in centro a Milano, indicato in bilancio come “ufficio di rappresentanza”, nonostante nel 2018 l’azienda avesse accumulato debiti verso i fornitori per oltre 8 milioni di euro. La società, pur di non dichiarare fallimento, si trasforma in Ki Group Srl e, successivamente, in Verde Bio.
L’inchiesta di Rai3 è intitolata “Open to fallimento”: il riferimento è sì alle aziende di Santanchè – che tuttavia non sono fallite – ma anche alla controversa campagna di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano lanciata proprio dal Ministero di cui Santanchè è a capo, con una Venere del Botticelli in versione influencer come sponsor. “Open to meraviglia” – questo il titolo dello spot – era già costato a Santanchè attacchi e polemiche perchè parzialmente girato in Slovenia e assegnato senza gara all’agenzia pubblicitaria Armando Testa. Dall’inchiesta emergerebbero anche rapporti tra alcune società del gruppo che si è visto assegnare l’appalto e Visibilia, gestita dal compagno di Santanchè. Un conflitto d’interessi in piena regola, denuncia Report: negli ultimi anni infatti Visibilia ha venduto spazi pubblicitari per circa 120mila euro a Media Italia, società del Gruppo Armando Testa.
La vicenda non è stata commentata durante la trasmissione Zona Bianca su Rete4, che vedeva ospite proprio la ministra del Turismo. Le opposizioni si fanno sentire a gran voce. “Il Parlamento e l’opinione pubblica del Paese hanno il diritto di sapere come stanno le cose. All’estero Santanchè l’avrebbero già allontanata dal governo”, tuona Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana. Rincara la dose il dem Peppe Provenzano: “Quello che sta emergendo su Daniela Santanchè è incompatibile con un solo minuto in più nel ruolo di ministra della Repubblica. Non ci sono alternative: dimissioni”. Una richiesta di chiarimento in Aula è arrivata anche dal M5s, con il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri che scrive in una nota: “Santanchè è piombata in un silenzio tombale dopo l’eclatante inchiesta di Report. Un’imprenditrice a capo di aziende in cui c’è il dubbio che sia stato violato ogni tipo di diritto nei confronti dei lavoratori non può fare il ministro: ha il dovere di spiegare subito, tra cinque minuti. Altrimenti il passo indietro rispetto alla carica che ricopre diventa inevitabile. Ci aspettiamo che la premier Meloni intervenga in prima persona, perché le circostanze stanno diventando surreali”.
Un caso, quello che sta coinvolgendo la ministra, che rischia di trasformarsi nell’ennesimo polverone politico che agita il governo di Giorgia Meloni, già nel mirino delle opposizioni per la mancata (al momento) ratifica del Mes e per i ritardi nella nomina del commissario post-alluvione in Emilia Romagna.
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da www.rai.it
Open to fallimento
PUNTATA DEL 19/06/2023
di Giorgio Mottola
Collaborazione di Greta Orsi e Norma Ferrara
Immagini di Carlos Dias, Fabio Martinelli e Andrea Lilli
Ricerca immagini di Alessia Pelagaggi
Montaggio e grafiche di Giorgio Vallati
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Da oltre 20 anni Daniela Santanché è uno dei volti femminili più noti della destra italiana, simbolo televisivo per almeno un decennio del potere berlusconiano.
Prima di essere un politico, come rivendica in ogni intervento pubblico, l’attuale ministro del turismo è innanzitutto una imprenditrice. Le sue aziende però finora sono andate tutte molto male. Per la prima volta, Report manderà in onda le testimonianze dei dipendenti e dei fornitori storici delle aziende di Daniela Santanché. Il quadro che ne esce è disastroso: bilanci in rosso, lavoratori mandati a casa senza liquidazione e ditte del tanto celebrato Made In Italy messe in difficoltà, o addirittura strozzate, dal mancato saldo delle forniture. Mentre le sue imprese crollavano, Daniela Santanché e il suo socio, l’ex compagno Canio Mazzaro, si assegnavano compensi e benefit sproporzionati. Dall’inchiesta emergono anche rapporti tra alcune società del gruppo che si è visto assegnare, senza gara, l’appalto per la campagna promozionale del ministero del turismo “Open to Meraviglia” e una delle aziende di Daniela Santanché, Visibilia. L’impresa, attiva nel campo dell’editoria e della pubblicità, è stata a lungo gestita dal suo attuale compagno Dimitri Kunz Asburgo Lorena, un sedicente principe i cui titoli nobiliari sembrano avere origini oscure.
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da www.repubblica.it
23 GIUGNO 2023
“Sicura che sia tutto falso?”.
Meloni per ora difende Santanchè
ma la fiducia è a tempo
di Tommaso Ciriaco
La premier sente la ministra e studia un piano B: in caso di nuove rivelazioni la richiesta di dimissioni non sarebbe un tabù
Prima di proporla come ministro, Giorgia Meloni aveva chiesto informalmente alcune informazioni ai soggetti istituzionali sulla galassia delle società di Daniela Santanché, dopo che si era saputo che i revisori avevano bocciato il bilancio della società Visibilia. Voleva essere certa di poter sostenere anche nei mesi successivi l’ingresso al governo dell’attuale responsabile del Turismo, in rapporti strettissimi con il presidente del Senato Ignazio La Russa. Adesso che Report ha scatenato una bufera sulla ministra, la posizione della presidente del Consiglio non cambia: difesa, fino a prova contraria. Ma accompagnata da un senso di angoscia e profonda preoccupazione, che stenta a restare negli argini di Palazzo Chigi. Il timore è che a breve altro possa trapelare, per questo la presidente del Consiglio si appresta anche al piano B. Che potrebbe tradursi, nel caso in cui la posizione dovesse peggiorare nei prossimi giorni, nella richiesta di dimissioni.
È quello che al mattino la premier dice al telefono a Santanché, nelle ore in cui nel governo prevale un retrogusto di assedio. Le rinnova la fiducia, ma non la presenta come un sostegno incondizionato. Fiducia piena, ma a patto che nulla venga nascosto. E ripropone un quesito già avanzato in passato, che si può sintetizzare così: «Sei sicura che non ci sia nulla che possa metterti realmente in difficoltà?». La ministra prova a rassicurare la sua premier. E le anticipa che minaccerà querele.
Sono ore di imbarazzo e profonde tensioni, insomma. Il silenzio con cui la destra accoglie in Aula la richiesta di dimissioni di Santanché avanzata dalle opposizioni segnala un problema. Nel frattempo, Meloni studia la questione assieme ai fedelissimi di Palazzo Chigi, immaginando una reazione in tre step. Il primo è quello della difesa, come detto. Il secondo servirebbe a gestire l’eventuale ufficializzazione alle parti di un’indagine a carico di Santanché: la ministra verrebbe convocata a Palazzo Chigi dalla leader per un nuovo faccia a faccia risolutivo. Il terzo servirebbe a maneggiare nuove insostenibili rivelazioni. Meloni pretenderebbe un passo indietro.
Di insostenibile, in queste ore, c’è parecchio. C’è ad esempio il rapporto tra Meloni e Salvini. I due si parlano al telefono. E non finisce bene. La premier è furibonda perché la richiesta leghista di votare in commissione contro il Mes — suggerita dal segretario — ha provocato un pasticcio politico. Ma è su molti dossier che i due entrano in rotta di collisione, premessa di quanto accadrà nei prossimi mesi forse anche a causa della competizione per la guida del centrodestra che si è aperta dopo la morte di Silvio Berlusconi. Salvini e Meloni litigano anche sul nome del commissario alla ricostruzione in Emilia Romagna: la leader vuole un politico, il vicepremier preferirebbe un tecnico. Come se non bastasse, manca anche la copertura sulle norme per la ricostruzione.
Ma non è finita qui. Nel tritacarne del conflitto finisce anche il ruolo di Giorgetti. Che Meloni accusa di una pessima gestione della lettera della discordia sul Mes, ma a cui Salvini imputa un posizionamento troppo distante dalla linea della Lega. E certo, il fatto che nell’inchiesta di Forlì finisca Gianluca Pini non aiuta: nelle carte l’ex parlamentare vanta un rapporto con il titolare dell’Economia. E il segretario leghista non gradisce, visto che proprio Pini già nel 2020 ingaggiò una battaglia politica e sul simbolo contro Salvini.
Tutto finisce nell’aspro confronto tra la premier e il suo vice. Forte dei sondaggi attuali, Meloni arriva a ventilare il ricorso alle urne, anche se soltanto come sfogo per reagire alla guerriglia leghista. Trascorrono un altro paio d’ore e la giornata si tinge pure di giallo. La presidente del Consiglio decide di sconvocare il consiglio dei ministri, in agenda per le 17. Fa trapelare ragioni “personali” dietro alla decisione. E fonti di palazzo Chigi offrono versioni discordati: c’è chi ipotizza una visita medica programmata, chi lega la scelta ad alcuni impegni presi da Meloni in quanto genitore.
Di certo c’è che la presidente del Consiglio lascia Palazzo Chigi alle 17.38, nell’auto di servizio, fumando una delle sigarette sottili che da tempo cerca di abbandonare. Il consiglio dei ministri si riunisce comunque, senza di lei. Ma salta l’avvio dell’esame della riforma del codice della strada. E su questo punto la questione si complica ulteriormente. A sera, infatti, tra i ministri prevale un’altra interpretazione: la premier avrebbe deciso di sconvocare la riunione del cdm dopo lo scontro con Salvini. Una ritorsione politica. Il leghista deve rinunciare alla conferenza stampa. Certo è che poco dopo fa inviare ai cronisti una lunghissima nota esplicativa sul provvedimento. E fa aggiungere, velenoso: «Salvini è pronto a tornare in tv. Doppio appuntamento questa sera, su Rete 4 e su Rai1». La promessa di una battaglia appena cominciata.
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23 GIUGNO 2023
Caso Santanchè,
compensi d’oro per i cda
con le società sul lastrico.
La procura indaga sui crac
di Antonio Fraschilla
Visibilia nel mirino dei pm di Milano: sotto la lente operazioni sospette che riguardano le aziende della ministra. Fornitori e dipendenti non pagati
Roma — Due procedimenti giudiziari in corso, in sede civile e della procura di Milano, mettono nel mirino Visibilia editore durante la gestione dell’imprenditrice “prestata” alla politica, Daniela Santanché, oggi ministra del Turismo. Ieri nel procedimento civile la procura guidata da Marcello Viola, che lo scorso novembre ha aperto un fascicolo per falso in bilancio coinvolgendo anche la ministra, ha consegnato nuove relazioni tecniche sulla gestione allegra della società, svuotata negli ultimi anni esattamente come un’altra spa gestita dalla Santanchè, il gioiellino del biologico Ki group. Due aziende floride finite sul lastrico, anche se non fallite e ancora sulla carta attive, decine di dipendenti licenziati e che attendono in alcuni casi anche il tfr e le azioni dei piccoli azionisti ridotte a carta straccia. Il tutto mentre come amministratrice Santanchè ha preso lauti compensi, come raccontato da Report in un ampio servizio andato in onda lunedì scorso.
Sia il fascicolo della procura di Milano sia il giudizio in corso in sede civile su Visibilia editore nascono da esposti di alcuni piccoli azioni. La società è attiva nel campo dei giornali e della pubblicità e fino alla fine del 2022 ha avuto tra i suoi soci Santanchè insieme al compagno attuale Dimitri Kurz. Il bilancio del 2021, chiuso con una perdita di oltre 3 milioni di euro, non è stato approvato dalla società di revisione Bdo «per l’impossibilità di esprimere un giudizio». Ma a dicembre del 2020 Visibilia editore spa, tra le strane operazioni portate avanti, ha speso 816 mila euro, il 50 per cento del valore in quel momento in borsa, per acquistare i domini internet delle testate collegate a Novella2000 e Visto. E da chi le ha comprate? Da Visibilia magazine srl, altra società della galassia che ruota attorno a Santanché. Nel 2017 Visibilia editore aveva comunque licenziato già tutti i giornalisti e nel 2019 per far fronte a una grave crisi di liquidità aveva chiesto un prestito a una misteriosa società di investimento di Dubai, Negma. E qui compare il nome del presidente del Senato, Ignazio la Russa, che si è presentato come legale del fondo in una diffida inviata al giornale Milanotoday: sito online che aveva ricevuto una diffida anche da Visibilia, firmata sempre dall’avvocato La Russa. Secondo i piccoli azionisti che hanno presentato denunce in procura, e avviato la causa civile, anche l’operazione Negma ha contribuito a diminuire il valore delle azioni: a fronte di un prestito da 3 milioni di euro, il fondo di Dubai ha ricevuto azioni di Visibilia che poi a rivenduto sul mercato contribuendo ad abbassarne il valore.
Report ha messo nel mirino anche la gestione Ki gruop: azienda di commercializzazione di prodotti biologici rilevata da Santanché e dal suo ex compagno Canio Mazzaro intorno al 2011. «In meno di nove anni — dice Report — solo come stipendi per le cariche sociali, Daniela Santanché si è portata a casa due milioni e mezzo di euro e Canio Mazzaro sei». Ma c’è di più: dal 2018, quando Santanché e Mazzaro subentrano nella gestione diretta dell’azienda, la Ki Group ha enormi difficoltà nel saldare la merce ai propri fornitori e inizia a promettere pagamenti che non arrivano a decine di aziende. Nel 2018 i debiti di Ki Group verso i fornitori arrivano a oltre 8 milioni di euro, quasi un quarto del fatturato. A partire dal 2019 i numeri di Ki Group spa sono sempre più preoccupanti. I bilanci dell’azienda vengono sistematicamente bocciati dalla società che li revisiona e viene creata una seconda società con lo stesso nome (ma srl) che si prende i rami di azienda che fatturano e la Ki group spa diventa «una scatola vuota». Nel frattempo i dipendenti hanno perso il lavoro e alcuni attendono ancora il tfr e hanno presentato istanza di fallimento alla srl omonima per 500 mila euro. In nove anni il valore di Ki group in borsa è passato da 35 milioni a 465 mila euro, gli azionisti hanno versato 23 milioni e 9 milioni di euro sono andato solo a emolumenti di Santanchè e dell’ex compagno.
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23 Giugno 2023
La vendetta di Salvini.
Colpire Santanchè per far male a Meloni
di Pietro Salvatori
Al segretario leghista non è andata giù la gestione di Fratelli d’Italia del commissario alla ricostruzione delle zone alluvionate. E ora si vendica su Mes e ministro del Turismo. Grandi scintille anche fra Giorgetti e la premier. Voci di minacce di tornare alle urne. Governo in bambola
“Aspettiamo che il ministro Santanchè spieghi le sue ragioni in Parlamento”. Dopo due giorni di fuoco di fila delle opposizioni, è il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari a lanciare un macigno nello stagno del governo. L’intenzione della camicia verde è quella di respingere il tribunale di Report, perché “i processi non si fanno in televisione”, ma lo condisce di una stoccata che fa male. Se è il secondo partito di maggioranza a chiedere che il ministro del Turismo illustri la sua versione sulla gestione spregiudicata delle sue aziende e sui possibili conflitti d’interesse di fronte alle Aule che l’opposizione non aspetta altro di trasformare in un rodeo, significa che qualcosa non va.
Giorgia Meloni viene informata dopo pochissimo tempo, è l’ennesimo tassello di una spirale di incomprensioni e liti che sta pericolosamente risucchiando il governo. Da via della Scrofa viene dato l’ordine di stand-by: “Non rispondete o commentate”. A Palazzo Chigi si leggono in controluce le parole di Molinari, sono il segnale esplicito che per la Lega la misura è colma, che o si trova un punto di caduta gradito anche a Matteo Salvini o il Carroccio è pronto a far valere anche pubblicamente le sue ragioni.
Nelle ultime settantadue ore insieme al caso Santanché è deflagrato il caso Mes, la lettera del capo di gabinetto di Giancarlo Giorgetti che ha spiegato al Parlamento che approvare il Fondo salva stati non solo non è nocivo, ma anzi sarebbe una scelta per stabilizzare e rafforzare le prospettive economiche del paese.
C’è un terzo caso che si è mosso carsico in queste ore: il commissario alla ricostruzione delle zone alluvionate. Meloni sperava di essere in grado ieri di comunicare l’avvenuta approvazione del decreto in Consiglio dei ministri e l’indicazione di un commissario ad hoc. Una figura che per la premier deve essere un tecnico, per superare le polemiche dei giorni scorsi ma soprattutto per frenare gli appetiti leghisti, evitando che la ricostruzione diventi un volano elettorale per gli alleati. Uno schema che ha incontrato l’assoluta contrarietà del ministro, ritenendo il dossier prevalentemente incentrato sulle infrastrutture, e quindi di sua competenza.
Gli sherpa del Carroccio hanno sondato gli umori di Palazzo Chigi su Jacopo Morrone, ex sottosegretario e coordinatore delle camicie verdi in Emilia Romagna, ricevendo un secco diniego. È circolata anche l’ipotesi di far traslocare il neo commissario alla siccità Nicola Dall’Acqua, o, meglio, far sommare all’uomo scelto da Salvini un secondo incarico. E se è vero che questa seconda opzione tecnicamente riguarda un tecnico, una fonte di governo di Fdi la liquida come “una provocazione”.
I due leader si sono sentiti più volte, senza arrivare a una conclusione, al punto che da Palazzo Chigi hanno iniziato a rinculare, capendo che la questione era ancora in alto mare, e al momento di diffondere l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri hanno aggiunto la dicitura “esame preliminare”, mettendo in conto una possibile non approvazione. Il punto è che la stessa etichetta è comparsa anche sul decreto annunciato da Salvini sul codice della strada, facendo infuriare il leader della Lega.
Nelle ore non solo non si è trovata una soluzione, ma le parti si sono fatte ancora più distanti. A condire il tutto l’indagine sull’ex deputato del Carroccio Gianluca Pini, con un sotterraneo rimpallo di sospetti e accuse che lo ha messo a paragone con Santanché, e il punto più basso toccato nei rapporti tra la premier e Giorgetti. Il ministro si è sentito scavalcato una volta di troppo sulla nomina del nuovo comandante generale della Guardia di Finanza, e nella sostanza esautorato dalle sue competenze anche sul Mes. Meloni è andata su tutte le furie per i tempi e le modalità della lettera recapitata dal Tesoro in Parlamento, che ha costretto la maggioranza a uno spettacolare auto-Aventino, disertando i lavori della Commissione per non dover approvare un testo che rischiava di sconfessare o la linea Meloni o quella del Tesoro.
Voci impazzite raccontano che la presidente del Consiglio, forte dei numeri dei sondaggi, abbia sibilato all’alleato che per lei non c’è nessun problema a tornare alle urne, e che Giorgetti amareggiato abbia ventilato l’ipotesi di farsi da parte se non considerato più necessario. Il disgregamento dell’asse tra Palazzo Chigi e il Tesoro, che aveva reso sicura la navigazione nei primi mesi, se non ricomposto in tempi brevi è destinato a cambiare sensibilmente le dinamiche di governo.
Così ieri, a poco più di un’ora dall’inizio, il Cdm è stato sconvocato. Una babele di voci hanno accreditato indisposizioni della premier, motivi personali, visite mediche, necessità improvvise di essere presente in famiglia. All’annullamento del Cdm hanno robustamente contribuito le liti e i rinfacci delle ore precedenti. Dice una fonte di Fdi: “Ma vi immaginate Salvini che dopo scende in conferenza stampa, perché uno dei due decreti era il suo, a far filtrare la sua versione? E se gli facevano la domanda sul commissario alla ricostruzione?”. Scene da fine legislatura dopo soli otto mesi dalla nascita del governo.
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Cara Ministra, non ci ripensi!
Vediamoci in Tribunale sul caso Report
Giuseppe Giulietti
23 Giugno 2023
Siamo in trepida attesa della querela annunciata dalla ministra Santanché contro Report.
Ci auguriamo che non ci ripensi, così sarà costretta a rispondere alle stesse domande alle quali non ha voluto rispondere durante la trasmissione.
L’inchiesta curata da Giorgio Mottola corrisponde in modo esemplare alle sentenze della Corte Europea e anche al cosiddetto “decalogo” della Cassazione.
Sfidiamo chiunque a dimostrare che le notizie riportate non fossero di “pubblico interesse e di rilevanza sociale”.
Un governo che ha appena tagliato il fondo destinato ai familiari del vittime sul lavoro può permettersi comportamenti come quelli denunciati da Report?
Il giornalista Giorgio Mottola e la redazione hanno rispettato quei criteri di continenza e di rispondenza ai fatti indicati dalla Cassazione, concedendo ampia facoltà di replica alla ministra, che ha liberamente scelto di non rispondere, anzi ha persino negato di sapere alcunché.
Una bella querela bavaglio consentirebbe alle cittadine ed ai cittadini di essere informati su questa e altre vicende.
Tutte le associazioni dei giornalisti, e non solo quelle italiane, a cominciare da Articolo 21, starebbero in aula per rappresentare la parte civile accanto a chi, da sempre, ha onorato e onora il diritto di cronaca.
Signora ministra non ci ripensi, spari la sua querela e consenta un nel dibattito, almeno nelle aule dei tribunali!
Nel frattempo l’Italia, insieme alla Grecia, è diventato il primo Paese nella graduatoria delle querele bavaglio scagliate da ministri in carica contro scrittori, disegnatori, cronisti. Ed ora pensano anche ad una “stretta” sulle intercettazioni e la loro pubblicazione, nonostante, anche in questo caso, le sentenze della Corte europea vadano in direzione opposta.
Noi, ovviamente, continueremo a rispettare le sentenze della Cedu, la Costituzione, le norme deontologiche e a dare qualsiasi notizia di pubblico interesse.
Se ne facciano una ragione, non tutte e non tutti si piegheranno ai loro voleri e smorzeranno i toni della protesta.
Tanto per cominciare siete invitate e invitati all’iniziativa “No ai bavagli alla Costituzione e ai diritti” del 12 luglio, promossa da Articolo 21, nella sede della Casa Internazionale delle donne a Roma.
Tanto per cominciare.
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Caso Santanchè,
dalla parte di Report
Alekos Prete
23 Giugno 2023
Quella della ministra Daniela Santanchè è l’ennesima querela – annunciata – di esponenti del governo contro una trasmissione d’inchiesta del servizio pubblico. L’Italia è il primo paese in Europa per querele bavaglio (SLAPP) scagliate dal governo contro gli organi d’informazione. Un’onta per la democrazia.
“Dopo quattro giorni dalla messa in onda dell’ inchiesta di Report a firma di Giorgio Mottola, la ministra Santanchè ha ritenuto opportuno smentire i fatti denunciati, senza però entrare nei particolari. La ministra ha anche annunciato querela. Nell’ inchiesta alcuni dipendenti avevano testimoniato di essere rimasti senza stipendi, senza tfr. Un’ altra dipendente invece ha denunciato di aver lavorato durante il periodo di cassa integrazione, pagata dallo stato, per le aziende che facevano riferimento alla Santanchè. Report da parte sua conferma la veridicità di tutti i contenuti trasmessi. Si tratta di fatti documentati, riscontrati e oggetto di indagine della magistratura. Per il mancato pagamento del tfr ai dipendenti della Ki Group è in corso un procedimento davanti al Tribunale fallimentare di Milano. Un altro procedimento riguarda la dipendente di Visibilia costretta a lavorare nel periodo di cassa integrazione a zero ore in carico allo Stato, ed è in corso preso il Tribunale di Roma. La stessa dipendente è stata audita dalla Consob. Un ulteriore procedimento penale su Visibilia è in corso invece presso la Procura di Milano. Su questi aspetti è stata inviata una richiesta ufficiale di intervista alla ministra, alla quale non abbiamo ricevuto risposta. Un’altra richiesta è stata inviata agli attuali amministratori di Ki Group, completa di un elenco specifico e dettagliato di domande. Ma anche ki Group ha preferito non rilasciare la sua versione dei fatti. La puntata di Report andrà in replica sabato alle 17.20 su Rai3“ la risposta del conduttore della trasmissione, Sigfrido Ranucci, in un post pubblicato sulla sia pagina Facebook.
Il lascito dell’uomo di Arcore comincia a farsi sentire… chi va con lo zoppo impara a zoppicare!