Una diocesi, quella milanese,
in cui la fantasia non manca
di don Giorgio De Capitani
Sì, una diocesi, quella di don Mario Delpini vescovo, in cui la fantasia non manca, peccato che arrivi solo a qualche gesto più o meno liturgico diciamo fuori del comune o balzano.
In realtà, ci sono anche preti, pochi in effetti, almeno quelli che hanno qualche successo, che sembrano talmente affascinati dal mondo mediatico da fare della fede un contenuto fasciato di contenuti dogmatici o moralisti tanto da chiedermi se questi siano i nuovi preti aperti al Nuovo evangelico.
Nulla di male una Messa in mare, nulla di male un prete mezzo nudo (spero dalla cintola in su) che celebra un Mistero divino, che dicono sia quello del Figlio di Dio incarnatosi anche nella crosta più terrestre, ovvero terra terra. Ah!
Il problema è che questa diocesi milanese vive da anni di vescovi di un altro mondo, non si sa quale, di un clero castrato nel proprio spirito, di comunità tanto stanche quanto demoralizzate.
Che in una diocesi, che è la più grande del mondo, così dicono, ci sia solo qualche gesto stravagante, senza nemmeno qualche prete che alzi la voce per scuoterla dal coma profondo, questo mi fa veramente pensare e anche incazzare.
Durante la Messa celebrata all’aperto sabato scorso a Lomagna (Lc) per la suora Luisa Dell’Orto uccisa ad Haiti, ho visto con i miei occhi un concelebrante davanti a tutta l’assemblea prendersi una bottiglietta di acqua minerale e quasi scolarsela con tanto gusto. Nulla di male, si dirà! Il caldo permette questo e altro, magari celebrare la Messa a torso nudo, anche in chiesa.
Nulla di male! Nulla di male! Nulla di male!
Mi chiedo però dove sia il bene in una diocesi, dove si respira a fatica quello Spirito che è l’anima del mondo.
Anche don Mario vescovo sa essere fantasioso, più che fantasioso, tanto da dare ad ogni suo gesto, una infinità di gesti, quel decoro formale che fa dire: Anche io c’ero! E sì, lui è dappertutto, poi non si sa con quale spirito innovativo.
“Basta esserci”, si ripete ancora oggi, peccato che quell’”esserci” ha perso ogni valore ontologico finendo così su un materassino in mezzo al mare, chissà magari come voce cosmica che di cosmo (ordine) ha perso ogni traccia.
Ci aggrappiamo a materassini, l’unico salvagente della nostra disperazione!
Pietro, camminando sulle acque, e sul punto di affondare per la sua pochezza di fede, è rientrato sulla barca. Al sicuro. Là dove, anche se Cristo sembra dormire, vi è la nostra casa, nel fondo della nostra anima.
Ma scherziamo! Puntare tutto sulle stravaganze, sulla necessità di “esserci” anche in cima al campanile, da dove poter magari soddisfatti guardare l’agitarsi di un gregge, che come formiche corre dietro ad ogni briciola di pane, e a divertimenti con tanto di indulgenza plenaria per i vivi e per i morti.
Basta un po’ d’acqua benedetta, ed ecco le pecore saltellare di gioia, cantando al Signore: “Tu sei il nostro pastore che ci conduci alle mense oratoriane, dove gustose salamelle e buon vino rallegrano anche i defunti!”.
Già, chi sono e dove sono oggi i defunti?
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dal Corriere della Sera
Crotone,
il viceparroco di San Luigi Gonzaga
celebra messa in mare
di Alessio Di Sauro
Don Bernasconi e i suoi ragazzi si trovavano in Calabria per partecipare a un campus di Libera. L’idea dopo aver visto che la pineta era già occupata. L’altare? Un materassino
L’altare? Un materassino, in mezzo al mare. Le vie del Signore, si sa, sono infinite: la comunione per i fedeli è arrivata infatti direttamente in acqua. Don Mattia Bernasconi, viceparroco della pastorale per i giovani della parrocchia di San Luigi Gonzaga di Milano ha infatti ha celebrato messa in località Alfieri, una delle spiagge più suggestive del crotonese. A mollo. Don Bernasconi e i suoi ragazzi, che si trovavano a Crotone per partecipare a un campo della legalità di Libera, hanno deciso di omaggiare così la Calabria, decidendo per una sortita in spiaggia nell’ultimo giorno di permanenza.
Trattandosi di una domenica, bisognava anche occuparsi della liturgia. A quel punto, constatata l’impossibilità di utilizzare la pineta del campeggio, già occupata, è scattata l’idea: «Faceva molto caldo – spiega don Mattia, così ci siamo detti: perché non in acqua? Una famiglia ci ha sentiti e ci ha messo a disposizione il loro materassino, che abbiamo trasformato in altare. È stato bellissimo, anche se ci siamo scottati».
Il gruppo ha svolto un campo alla cooperativa Terre Joniche-Libera Terra che gestisce i terreni confiscati agli Arena a Isola Capo Rizzuto con escursioni e incontri con chi combatte in prima linea la ‘ndrangheta. Durante l’omelia, don Bernasconi ha commentato le letture domenicali del rito ambrosiano:«L’acqua del mare che prima era agitata ed ora è così limpida – ha detto – è come la nostra esperienza che, attraverso il lavoro con Libera e l’incontro con le persone ci ha permesso di vedere le cose più chiare. La riflessione è su quello che vogliamo fare ora che torniamo a casa: impegnarci di più per legalità e rispetto o lasciare le cose come sono?».
Campi di lavoro o eremo? Dove è più facile l’uso dell’intelletto, quello che è mancato sia a don Mattia che al procuratore? Nei campi di lavoro si celebrano le liturgie anche in maniera bizzarra magari per esaltare il proprio ego, negli eremi le si vivono spogliandosi del proprio ego. Ho trovato cosa ha detto lo studioso Marco Vannini, che don Giorgio conosce, ad un prete suo amico sulla preghiera: “È assurdo essere in rapporto con Dio, in comunione spirituale con Lui, dunque nella pura luce, ed andare a cercare qualcosa di comunque inferiore. Sotto questo profilo, anzi, la preghiera come richiesta viene bollata da Meister Eckhart con parole di fuoco: chi si rivolge a Dio per chiedergli qualcosa lo ama come ama la vacca, che viene tenuta per avere il latte; lo segue come il cane segue la donna che porta la salsiccia, perché è interessato a quella; lo tratta come un servo, cui regala gli abiti vecchi e vili, i vestiti smessi, ecc. Chiedendo a Dio qualcosa di diverso da Lui si dimostra infatti che ciò che veramente amiamo, desideriamo, è quel qualcosa, non Dio, che diventa invece subordinato, strumentale – un servo, appunto, un idolo.”
Non ho avuto l’impressione che il sacerdote cercasse popolarità con questo gesto, penso che, come da lui ammesso, sia stato superficiale nella sua scelta, di cui poi si è detto pentito. In una successiva intervista ha affermato che non lo rifarebbe. Pare quindi che se ne sia pentito, come capitato a molti di noi uomini normali che spesso cadiamo in errore. Il suo intento era quello di proporre ai suoi ragazzi una importante esperienza: “Don Bernasconi e i suoi ragazzi, si trovavano a Crotone per partecipare a un campo della legalità di Libera”, non certo per celebrare una Santa Messa in un modo originale. Mi risulta invece che il sacerdote sia indagato dalla procura di Crotone per oltraggio alla religione. Voi che lo avete già condannato cosa ne pensate?
Quando uno compie qualcosa di così imbecille vuol dire che dietro c’è il nulla, ed è tutta apparenza quel voler partecipare a qualcosa di sociale, che è solo carnalità.
Tutto ha un decoro, a partire dalla sacralità, e tu, prete imbecille, vuoi insegnare ai ragazzi la legalità, quando poi cadi in qualcosa di dissacrante?
Lo dice uno che ha vissuto il ’68, e anche noi siamo caduti in simili cretinerie. E poi si son viste le conseguenze di una pastorale giovanile fallimentare.
Si pensa di attirare la gente con le coglionate esteriori, e la gente poi lascia la chiesa alla ricerca di qualcosa di essenziale.
Era proprio necessario celebrare l’Eucaristia? Non si poteva quella domenica entrare in una chiesa e partecipare alla Messa come ogni buon cristiano?
Invece che portare i ragazzi facendo fare loro un’esperienza come quella di Libera, io li avrei portati in un eremo, facendoli pregare e tenendoli a pane e acqua.
Vedere queste cose ci lascia sempre così: senza parole.
Alla fine credo anche io che sia lo specchio di questa società così superficiale e poco decorosa.
Si ha voglia di notorietà, di apparenza, di voler essere qualcuno.
Apparenza… apparenza… apparenza…
E poi si emarginano (da parte di tutti) quelli che invece possono aiutare a cambiare le cose.
Tanta banalità e poco decoro alla fine sono quelli che vanno per la maggiore, allora bisogna adeguarsi.
Ci vogliono quintalate di saggezza oggi, non poche manciate.
Chissà come sarà contento il celebrante di esser finito sul ‘Corriere della Sera’. E chissà come torneranno a casa felici e stupiti questi giovani ragazzi! Abbiamo celebrato la Messa in mare!!!!! In costume!!! Su un materassino!!!
Io non mi scandalizzo, non mi strappo le vesti ma a cosa servono questi gesti? Giusto a fare un pò di clamore; a far parlare la gente; ad attirarsi le lodi della gente.
Il nostro prete è bravo, dicono i soliti vecchietti che riempiono le sacrestie. Bravo perchè si inventa ogni volta una nuova castroneria?
Abbiamo perso completamente il sensus fidei visto come la capacità di riconoscere senza clamore la fede incarnata nella gente….e di stupirsi davanti ad essa.
Qui ci nutriamo solo di protagonismo, invenzioni, piccole gioie. Siamo lo specchio della società in cui viviamo…sempre alla ricerca di like e incapace di scendere in profondità nelle cose. Nelle località di villeggiatura di S. Messe in spiaggia all’alba, preghiere in spiaggia e processioni ne fanno parecchie ormai da anni: è consuetudine. E non finiscono sui giornali o sui social. Questa S.Messa è stata volontariamente fotografata e ‘casualmente’ finita sui giornali. Come dire, un pò di premeditazione c’è dietro. Mentre la fede fatica ad emergere. Altro evidente indizio sulla stoffa dei preti giovani ambrosiani.
A s’em cunscià de sbatt via!!!
Non a Maresso (fr.di Missaglia) ma a Lomagna.
Grazie, corretto.