
Un interessante e stimolante intervento giornalistico su cui riflettere, senza dover subito polemizzare.
I primi a riflettere dovrebbero essere certi giornalisti immersi nella imbecillità.
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da Repubblica
23 LUGLIO 2023
Sul treno per Foggia
con i giovani “lanzichenecchi”
di Alain Elkann
Un gruppo di ragazzi poco educati e un signore con i capelli bianchi che usa carta e penna, legge Proust e i giornali in inglese protagonisti di questo racconto d’estate di Alain Elkann
Non pensavo che si potesse ancora adoperare la parola “lanzichenecchi” eppure mi sbagliavo. Qualche giorno fa, dovendo andare da Roma a Foggia, sono salito su una carrozza di prima classe di un treno Italo. Il mio posto assegnato era accanto al finestrino e vicino a me sedeva un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni.
T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde. E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. Intorno a noi, nelle file dietro e in quelle davanti, sedevano altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo: tutti con un iPhone in mano. Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio.
Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica.
Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno. Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni.
Intanto il treno, era arrivato a Caserta. Non sapevo che per andare da Roma a Foggia si dovesse passare da Caserta e poi da Benevento. Pensavo di aver sbagliato treno, ma invece è così. Non ho mai rivolto la parola al mio vicino che o taceva ascoltando musica o si intrometteva con il medesimo linguaggio nella conversazione degli altri ragazzi.
A un certo punto, poco dopo Benevento, mentre erano sempre seduti o quasi sdraiati ai loro posti, ammassando nei vari cestini per la carta straccia lattine di Coca Cola o tè freddo, uno di loro ha detto: «Non è che dobbiamo stare soli di sera: andiamo a cercare ragazze nei night».
Un altro ragazzo più piccolo di statura e con il viso leggermente coperto di acne giovanile ha detto: «Macché night! Credetemi, ho esperienza. Bisogna beccare le ragazze in spiaggia e poi la sera portarle fuori e provarci. La spiaggia è il posto più figo e sicuro per beccare».
Quella conversazione sulle donne da trovare era andata avanti mentre io avevo finito di scrivere sul mio quaderno ed ero immerso nella lettura di Proust. Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo.
Io mi sono domandato se era il caso di iniziare a parlare col mio vicino, ma non l’ho fatto. Lui era la maggioranza, uno nessuno centomila, io ero inesistente: qualcuno che usava carta e penna, che leggeva giornali in inglese e poi un libro in francese con la giacca e i pantaloni lunghi.
Per loro chi era costui?
Un signore con i capelli bianchi, una sorta di marziano che veniva da un altro mondo e che non li interessava. Pensavano ai fatti loro, parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla.
Avevano paura di quei ragazzi tatuati che venivano dal nord, lo si capiva dall’accento, o erano abituati a quel genere di comportamento?
Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome.
Ma perché formalizzarsi su aspetti puramente di secondo ordine? Bisogna andare oltre le apparenze e aspetti puramente accidentali.
L’articolo racchiude e denuncia tanti aspetti e si possono leggere molti risvolti. Bisognerebbe concentrarsi su questi e non su altro.
C’è una realtà che accomuna a quanto pare la prima classe di un treno Italo con invece i più comuni treni di Trenord.
Non c’è più decoro, eleganza, educazione fuori e, ancor peggio, dentro di noi. La Nobiltà non è quella di sangue, assolutamente no, ma quella che ci arriva dagli antichi Filosofi greci.
C’è molto su cui riflettere in questo articolo. Tantissimi spunti e anche stimoli.
Il commento è una conferma della realtà in cui viviamo.
Il difetto di questo articolo (che ha dato àdito alle tante reazioni scandalizzate) è solo un certo atteggiamento snobistico, da raffinato nobilone infastidito dal volgo. Intendo dire che poteva magari risparmiarsi di dire che leggeva la Recherche… che scriveva con la stilografica… eccetera: si sarebbe attirate meno antipatie.
Detto ciò, il contenuto però è rigorosamente esatto. Il sottoscritto è pendolare Trenord da 40 anni tondi, posso certificare l’esattezza di ciò che Elkann descrive. Sui treni Trenord è ormai NORMALE che gli adolescenti (con look come da lui descritto, le femmine con look da baby prostituta di strada) salgano senza biglietto, e nemmeno abbiano più timore di essere “beccati” dal capotreno. Normale che mettano le scarpe sui sedili. Normale che mangino cose varie lasciando cartacce sui sedili anzichè metterle nei portarifiuti. Normale che bestemmino ad alta voce o si insultino o parlino di sesso in forme volgari senza vergogna. Eventuali ragazze presenti sono anche peggio: trucco pesante e grossolano, abiti volgari, enormi ciglia finte, linguaggio sboccatissimo, eccetera. Questo atteggiamento strafottente è in aggravamento costante con il tempo, in caduta libera negli ultimissimi anni. Il personale (ovvero il capotreno… attualmente unico personale a bordo a parte il macchinista) è spesso una goivanissima donna, che si guarda bene dall’intervenire (all’ordine del giorno atti violenti contro i capotreni) ma gira al largo. Io stesso, che sono un uomo adulto, in certi casi mi alzo e cambio carrozza per il fastidio se non per la paura; e parlo di treni in pieno giorno. Direi quindi che Elkann è stato preciso e anche troppo tenero, anzi se viene una settimana su Trenord avrà materiale per un intero libro.